Tutto quello che serve agli appassionati delle due ruote, punti vendita, assistenza, riparazioni e abbigliamento.
UNA CERTEZZA.
Se una certezza emerge non appena la serata muove i suoi primi passi (il percorso curato da Sanvito si snoda tra foto e video d'epoca appoggiandosi a spezzoni della recente fiction andata in onda sulla Rai in occasione del 50° della foto in cui sul Galibier i due si scambiano l'altrettanto celebre bottiglia d'acqua Vichy, ndr) è che tra Coppi e Bartali quello "con la testa sulle spalle" era Gino. Che sarà per Fausto, più giovane di cinque anni, il punto saldo e di conforto cui appoggiarsi lungo tutti i momenti difficili che il Campionissimo ha dovuto attraversare, dalle prime fatiche sui pedali, alla difficile situazione familiare vissuta tra la separazione dalla moglie Bruna e il rapporto con Giulia Occhini, la "Dama Bianca", madre del figlio Faustino, fino al brutto incidente che mise prematuramente fine alla sua carriera. Fu proprio Bartali, infatti, che, dopo aver terminato la carriera e aver assunto il ruolo di direttore sportivo della squadra San Pellegrino da lui fondata, offrì l'ultima chance a Coppi, che poi, a seguito di un viaggio in Africa, si ammalò di malaria e morì, non potendo di fatto mai correre per il rivale di un tempo. Da notare inoltre la segnalazione di Sanvito sulla manifestata volontà da parte di Fausto Coppi, prima di morire, di voler incontrare il vescovo di Milano per chiedere consiglio sulla sua situazione familiare e sulla soluzione migliore per evitare sofferenze ai suoi cari.
UOMINI VERI.
Non mancano gli episodi che fanno capire la stoffa umana dei due campioni. Uno su tutti è il racconto delle gesta di Gino Bartali nel periodo in cui le competizioni vennero sospese per la guerra. Scampato alla leva per una malformazione al cuore (né lui né Coppi, quest'ultimo per un problema ai polmoni, avrebbero mai potuto correre se ci fosse stata l'obbligatorietà dell'idoneità medico-sportiva!), con il permesso di potersi allenare, Bartali percorse tra il 1943 e il 1944 la tratta dalla stazione di Cortona al monastero di Assisi per portare documenti, nascosti all'interno della canna della bici, che contribuirono a salvare la vita di migliaia di ebrei, adulti e bambini.
Un altro episodio da ricordare è il festeggiamento per il primo Giro d'Italia vinto, in cui Bartali si rifiutò di ringraziare pubblicamente il Duce, spiegando che lui di tessera aveva già quella dell'Azione Cattolica e di quella della Gioventù Fascista non sapeva che farsene. Ma le pagine più belle sono quelle della rivalità sportiva tra Coppi e Bartali, una rivalità fatta al tempo stesso di un'infinità di colpi bassi ma anche di grandissimi gesti di lealtà e rispetto, sia sulle strade del Tour de France sia su quelle del Giro. E il racconto di Sanvito ha il pregio di non essere una versione edulcorata o di parte, né per l'uno né per l'altro, ma il racconto obiettivo di come si sono svolte le due carriere, dalle prime vittorie di Bartali, a quelle di Coppi, passando per la rivalità nata alla Legnano quando emerse il giovane talento di Fausto, allora gregario di Bartali, poi suo capitano e dopo in squadre diverse: Bianchi e Legnano prima, Bianchi e Bartali poi.
UN CICLISMO A MISURA D'UOMO.
Il quadro che emerge alla fine è quello di un ciclismo a misura d'uomo, in cui già c'erano polemiche a non finire su doping e durata della stagione sportiva, con gli organizzatori che stressavano gli atleti esagerando già allora il numero di competizioni e impegni. Proprio come oggi, insomma. E proprio oggi come allora, a uomini veri come Gino e Fausto – che di certo non mancano né in gruppo né tra gli organizzatori – il ciclismo deve sapersi affidare se vuole ripartire ed uscire dalla nuvola di fango in cui si è infilato negli ultimi anni, tra affari di doping e combine, vere o presunte che siano.
Fonte: tempi.it
Campioni delle due ruote di ieri e di oggi insieme a tecnici, politici, esperti, docenti e appassionati della bicicletta domani si danno appuntamento al Centro Affari di Arezzo per parlare di "Bici e salute". L'appuntamento (ore 14.30 di domani, venerdì 23 novembre), inserito nel programma del "Forum Risk Management in Sanità" vedrà la partecipazione di Vincenzo Ceccarelli, presidente commissione territoriale e ambiente della Toscana, "padre" della legge toscana sulla mobilità ciclabile, di Giovanni Cardinali, presidente Fiab Amici della Bicicletta, di Walter Bernardi, preside facoltà lettere e filosofia dell'Università di Siena e membro della fondazione Gino Bartali, di Alfredo Martini, commissario tecnico della nazionale per 23 anni, ora presidente onorario della Fci, e campioni del calibro di Francesco Moser, Franco Bitossi, Aldo Moser, Roberto Poggiali, Marcello Mugnaini. E ancora: Gianluca Pin di Bicincittà, Roberto Romizi di Isde, Giacomo Cerulli, direttore scientifico Ioti, Giacomo Placella.
Nel convegno si parlerà del rapporto tra la buona salute e l'attività ciclistica, sportiva ed amatoriale, uno dei temi portanti della recente legge approvata dalla Regione Toscana, che prevede finanziamenti e misure concrete per sostenere e diffondere la mobilità sulle due ruote.
«Che la Toscana sia terra di ciclisti e bici amatori non è il solito luogo comune – spiega Vincenzo Ceccarelli – Ne abbiamo avuto conferma anche con la prima indagine condotta recentemente dalla Regione, condotta su un campione di circa 5.000 cittadini toscani tra i 14 e i 70 anni, rappresentativi di una popolazione che in Toscana conta circa 2 milioni e 700 mila persone. La ricerca (vedi scheda sotto) ci dice che l'uso della bicicletta, sia in ambito sportivo che come mezzo di trasporto, è in forte crescita e mette in risalto alcune criticità a cui abbiamo provato a dare risposta con la legge approvata pochi mesi fa. Non si tratta – prosegue Ceccarelli – di una legge che contiene "buone intenzioni e principi" ma di uno strumento reale, finanziato con ben 9 milioni di euro per i prossimi tre anni, per accrescere opportunità di fruizione del mezzo, in sicurezza e interagendo con le altre modalità di trasporto, costruendo itinerari ciclabili-turistici * su scala regionale, offrendo nuove opportunità a chi, sempre di più, sceglie le due ruote per muoversi dentro e fuori la città. Certamente – conclude Ceccarelli – tutta questa attenzione è destinata a crescere, quando proprio sulle nostre strade toscane ci saranno i prossimi mondiali di ciclismo».
SCHEDA.
Indagine Regione. Sintesi.
Chi va in bici. Il 50% dei cittadini toscani in questa fascia di età va in bici (il 17% circa soltanto in città, il 15% fuori e il 18% sia in città che fuori), percentuale che cresce all'aumentare della dimensione dei centri abitati. I maschi, occupati e con elevato titolo di studio, sono coloro che utilizzano maggiormente la bici. Donne, giovani e ultrasessantenni lo fanno di più in città mentre fuori prevalgono gli uomini, nella fascia 14-60 anni.
In città. I ciclisti cittadini sono oltre un terzo del totale e usano la bici soprattutto per svago, nel tempo libero e per sport (il 53.2%). Il 38% pedala per recarsi nei luoghi di studio e lavoro o per accompagnare i figli a scuola. Nei comuni di grosse dimensioni sono soprattutto le donne a usare la bici come vero mezzo di trasporto (spostamenti occasionali e sistematici). In quelli medio-piccoli prevalgono i maschi che la utilizzano per motivi ludico-sportivi. 4 ciclisti cittadini su 10 ne fanno un uso assiduo, almeno 5 volte a settimana. Ostacoli maggiori all'utilizzo in città: traffico e assenza o inadeguatezza delle piste ciclabili. Il trend di utilizzo urbano è segnalato costante (55%) o in aumento (25%). Tra gli interventi indicati per aumentarne l'uso: aumento delle zone a traffico limitato, pedonali e dedicate alle bici.
Fuori città. Ci va un terzo esatto del totale, soprattutto per svago, gite fuori porta o allenamento. Anche se nella maggioranza dei casi l'utilizzo non urbano della bici è rimasto costante nell'ultimo anno, tra chi ha cambiato abitudine è prevalsa la tendenza a diminuirne l'uso, soprattutto tra i giovani. Seppur con un peso inferiore rispetto al ciclista urbano, gli ostacoli maggiori all'uso restano traffico e assenza o cattive condizioni delle piste ciclabili.
Niente bici. Riguardo alla metà del totale che non usa (o lo fa raramente) la bici, motivo principale per non farlo in città è considerarla un mezzo non adatto ai propri spostamenti. Percorsi disagevoli e mezzo faticoso le altre motivazioni. Circa due terzi dei non utilizzatori appare totalmente indisponibile all'uso della bicicletta, anche per il futuro, sia in ambito urbano che non urbano. Chi invece si dimostra più propenso chiede più piste ciclabili o corsie riservate.
Piste ciclabili. Soltanto meno di un terzo dei ciclisti toscani le usa almeno qualche volta e considerano come elementi più soddisfacenti la chiarezza della segnaletica e l'ampiezza. Riscuotono invece meno consensi comodità di ingresso e di uscita, illuminazione, sicurezza negli attraversamenti, lunghezza e capillarità sul territorio. L'aspetto più critico resta la continuità-interconnessione.
Sicurezza. Il 57% dei toscani giudica poco o per nulla sicuro l'utilizzo della bici, sia in città che fuori. In città la percentuale di chi la considera per nulla sicura è del 10%; si sale al 16% fuori città. Eccesso di traffico e assenza di piste ciclabili sono i fattori che influiscono maggiormente su queste risposte.
La Toscana e le biciclette:
In Toscana esistono oltre 300 km di piste ciclabili, 100 di percorsi cicloturistici, altri 50 di piste in corso di realizzazione e ulteriori 500 che saranno realizzate in tempi brevi.
La recente indagine campionaria 'La mobilità ciclabile in Toscana' conferma che la bicicletta è uno dei mezzi di trasporto più apprezzati dai cittadini toscani, un dato in linea con le azioni e la programmazione della Regione. Oltre il 50% dei toscani tra i 14 e i 70 anni usa la bicicletta.
La Regione Toscana è stata tra le prime regioni italiane a dare attuazione alle leggi nazionali che finanziavano interventi nel settore della mobilità ciclabile. Ben 35 progetti dedicati alla mobilità ciclabile sono stati cofinanziati dalla Regione per un importo complessivo di oltre 14 milioni di euro (di cui 7 milioni e mezzo di risorse regionali). Altri progetti sono stati realizzati in attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, attraverso iniziative a sostegno del turismo sostenibile o tramite azioni per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane (es. bike sharing).
Le nuove ciclopiste
Le cinque grandi vie ciclabili previste nel nuovo Priim, il Piano regionale integrato delle infrastrutture e della mobilità, saranno:
Ciclopista dell'Arno, dal monte Falterona alla foce attraverso 48 Comuni e 4 Province per un totale di 270 km (380 se si considerano i percosi locali di connessioni) in parte già realizzati. Progetto in collaborazione con Fiab;
Ciclopista Tirrenica, lungo tutto il litorale toscano dalla provincia di Grosseto a quella di Massa Carrara;
Ciclopista della Via Francigena, lungo l'antico tracciato della strada dei pellegrini;
Itinerario ciclabile dei 'Due Mari, una sorta di 'Coast to coast' in versione italiana da progettare lungo un percorso che partirà dal litorale tirrenico, toccherà Grosseto-Siena-Arezzo e poi dovrebbe proseguire sull'altro versante dell'Appennino fino al mare Adriatico;
Rete regionale delle ciclostazioni, una rete di 'stazioni' per biciclette poste vicino alle stazioni ferroviarie, nata dall'idea di favorire lo scambio tra i mezzi di trasporto più sostenibile dal punto di vista ambientali, cioè bicicletta e treno. Progetto in collaborazione con Fiab.
Fonte: informArezzo
Ore 10:30 presso il Teatro Monteverdi in via Dante, 149 (Attenzione il luogo è cambiato e non è il teatro dei Filodrammatici)
La Conferenza annuale dei Presidenti rappresenta una importante e democratica occasione di confronto tra le associazioni e gli organi dirigenti della FIAB su questioni strategiche per la vita e lo sviluppo del nostro movimento cicloambientalista.
Il giorno successivo, Domenica 25 novembre a Cremona si terrà la riunione del Consiglio Nazionale della FIAB a cui tutti i presidenti e dirigenti delle associazioni FIAB possono partecipare.
PROGRAMMA
sabato 24 novembre 2012
Conferenza Nazionale dei Presidenti delle associazioni FIAB
presso il Teatro Monteverdi in via Dante, 149 (Attenzione il luogo è cambiato e non è il teatro dei Filodrammatici)
La Crescita Efficace. La crescita associativa e l'efficacia delle nostre azioni per una politica pro-bici
Inizio Conferenza ore 10:30
• Saluti del Presidente di FIAB Biciclettando Cremona Piercarlo Bertolotti
• Saluti Presidente della FIAB Antonio Dalla Venezia.
• Saluti del Sindaco di Cremona Prof Oreste Perri
• Francesco Bordi - Assessore Politiche ambientali comune di Cremona e Agenda 21
CTC e ADFC, due storie di successo dell'associazionismo ciclistico europeo
• Prof. David Cox, Presidente dell'associazione inglese CTC
• Horst Hahn-Kloeckner ex Direttore dell'associazione ADFC e ex presidente ECF
• Wolfgang Dvorak Direttore Velo-city 2013 Vienna
13:00 buffet
14:30 comunicazioni della FIAB
14:45 esperienze di crescita delle associazioni FIAB e buone pratiche da parte delle amministrazioni italiane.
- Raccontami come usi la bici. L'indagine e i risultati (Scagni)
15:00 esempi di crescita associativa
- Firenze – Facciamoci conoscere. Basta poco!
- Verona – Non è un caso: strategia per la crescita
15:30 esempi di successo
- L'esperienza replicabile di Lombardiainbici (Coord. Lombardia)
- Bicibus scolastico. (Malaguti)
- A scuola in bicicletta (Cremona)
- ASMARTBIKE (Parma)
- Carnet di Sicurezza in bicicletta (Brescia)
- Tutti in bici alla Fiera del Levante (Sforza)
16:45 dibattito
17:30 conclusioni del Presidente.
18:30 Sistemazione all'Albergabici hotel "Visconti", (Albergo esaurito) o all'ostello di Cremona "L'Archetto" in via Brescia, 9 in cui la camera doppia uso singola costa 40 euro; la camera doppia per due persone costa 50 euro; la camera tripla costa 75 euro (ovviamente 25 a testa)
sito: www.ostellocremona.it ; mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; tel. 0372.080281; fax 0372.080282; cell. 388.8598492
20:30 Cena di gala
Domenica 25 Novembre 2012
preso la sede dell'associazione FIAB Biciclettando Cremona in via C. Speciano, 2
9:00 Consiglio Nazionale, aperto ai presidenti e ai soci FIAB che vorranno partecipare
13:00 pranzo
Nel pomeriggio chi lo vorrà potrà aggregarsi ad una visita della città a piedi o in bicicletta.
Per chi arriva il venerdì sera è prevista una cena in compagnia e una breve visita serale della città.
maggiori info: fiab-onlus.it
Andare da Lecce a Venezia e ritorno. Sarà possibile se Ve.Le, la ciclovia ideata dall'Università di Teramo, verrà realizzata. Per farlo servirà la cooperazione di istituzioni, enti, privati e singoli cittadini. Un'opportunità da non perdere per valorizzare il territorio e rilanciare il turismo "slow" in Italia.
1.100 chilometri in bicicletta: da Lecce a Venezia. È questo un nuovo progetto, noto con la sigla Ve.Le, che è nato all'interno del dottorato internazionale in Sociology of regional and local development dell'Università di Teramo.
L'ideatore è l'architetto Raffaele Di Marcello che, al momento, sta completando uno studio di fattibilità, che comprende anche una stima dell'investimento economico necessario per realizzare il progetto. Il ricercatore si sta anche occupando di creare un network tra istituzioni, enti, associazioni, imprese e cittadini in modo da attivare politiche di sviluppo sociale.
L'idea prende spunto da VenTo, il percorso ciclabile che dovrebbe collegare Venezia a Torino passando per Milano e che si vorrebbe realizzare in occasione di Expo2015. Un progetto che, nonostante i bassi costi di realizzazione (80 milioni di euro da dividere tra investimenti pubblici e privati) fa ancora fatica a vedere la luce.
La ciclovia che collegherà la Puglia al Veneto è stata disegnata sulla base di percorsi tracciati da Fiab – Federazione italiana amici della bicicletta per la rete cicloturistica BicItalia. Alcuni di questi tracciati sono già realizzati, mentre altri sono in fase di progettazione.
Il percorso preventivo corre, per la maggior parte, accanto alla strada statale n. 16 "Adriatica" e coincide con il ramo n. 6 di BicItalia che collega Santa Maria di Leuca (Le) a Ravenna. Incluse nell'itinerario ci sono diverse aree naturali e il parco nazionale del Gargano, oltre a decine di città storiche e artistiche.
Un'occasione importante per valorizzazione il territorio e fare business. Basta guardarsi in giro per rendersi conto che investire nelle due ruote conviene. Vienna ha guadagnato 71,8 milioni di euro nel 2010 grazie all'indotto derivante dalla ciclovia del Danubio. E anche in Italia, solo grazie alla ciclabile del Garda, si sono avute ricadute economiche per oltre 75 milioni di euro nel 2009.
Un'opportunità da non perdere, dunque, per rilanciare il turismo leggero e "slow" in Italia.
fonte: Virgilio
L'invenzione della coppia di San Francisco sfrutta invece un paio di anelli per l'interno e l'esterno di ogni ruota. Ciascuno dei cerchi è equipaggiato con una serie di 12 Led: quando tutto è pronto, la bici disporrà di 48 luci pronte a splendere. Sfornando effetti a dir poco spaziali.
Ovviamente, non tutte le luci si accendono in contemporanea: una combinazione di magneti e accelerometri tiene sotto controllo il movimento e la pedalata in modo da metterne in funzione solo otto per ruota, a seconda della posizione. Il tutto per creare l'effetto visibile nelle foto, vale a dire una simmetria fra la ruota anteriore bianca e quella posteriore rossa.
Anche l'avventura di Revolights, come ormai moltissime piccole-grandi idee che stanno rivoluzionando design e progettazione, è scattata grazie a una campagna su Kickstarter: "Il calcio d'inizio è stato battuto da una vittoriosa campagna sul portale di crowdfunding, che ha coinvolto oltre 1.400 generosi sostenitori, per un totale di 215mila dollari", racconta la coppia di designer, che lavora all'ida da un paio d'anni.
Alla fine, il sistema – che si perfezionerà in futuro: Frankovich e Pettler stanno già pensando di aggiungere una dinamo per eliminare la batteria e rendere Revolights autonomo – è acquistabile negli Stati Uniti e in Canada e presto sbarcherà, mano a mano che si adeguerà alle normative locali, anche in Europa. Questo non toglie, ovviamente, che lo si possa acquistare online. E iniziare bearsi della propria pedalata notturna.
fonte: wired
Ma ci sono dei consigli per ridurre al massimo i rischi.
Le luci non sono un optional, meglio i fanali con la dinamo, luce bianca davanti, luce rossa dietro, che non si scaricano.
Altre soluzioni ecologiche: le pettorine o bretelle rifrangenti.
Sembra una banalità, ma uno degli errori più frequenti è seguire gli stessi itinerari che si percorrono in auto, per avere la mappa delle piste ciclabili in tutta Italia, potete consultare il sito internet: piste-ciclabili.com.
Dai sensi vietati ai semafori: riguardano anche i ciclisti, trasgredirle mette a repentaglio la sicurezza, non violate, quindi, il codice della strada.
Guardate sempre dentro le auto vicine per rendervi conto se chi guida vi ha individuato o è distratto.
Non state troppo a destra: non è un controsenso, perchè se la via ha molte traverse chi si mette nella vostra corsia tende a guardare al centro, per controllare se arrivano auto, e potrebbe non vedervi.
Attenti ai veicoli parcheggiati: osservate se nell'auto ferma c'è qualcuno per anticipare aperture improvvise della portiera.
Ai semafori fermatevi nei punti visibili: piazzatevi davanti e a destra dell'auto o dei camion e segnalate i cambi di direzione.
Attenti agli angoli ciechi, i blind corner: sono gli spazi attorno ai veicoli che non sono visibili dal posto di guida.
Se vi trovate in queste zone il conducente non si accorge della vostra presenza.
Fonte: cervelliamo.blog
La bici elettrica promette di rivoluzionare il modo di vivere la città e sono all'ordine del giorno politiche che la favoriscono e iniziative e finanziamenti che ne agevolano l'uso e l'acquisto.
La bicicletta elettrica funziona come una bici normale, ma ha incorporato un motore elettrico che consente la pedalata assistita. Questo permette di spostarsi con più facilità e di affrontare anche tragitti più impervi. Una bicicletta elettrica Donauer Solar, ad esempio, è disponibile in diversi modelli, dai più semplici ai più tecnologicamente evoluti, che potranno soddisfare le esigenze delle diverse pedalate.
In che modo la bicicletta elettrica cambia lo stile di vita dei cittadini? Con l'agevolazione della pedalata assistita la bicicletta elettrica può diventare un modo per sostituire l'auto o i mezzi pubblici, che sono sempre più costosi. La bicicletta non produce nessun inquinante o gas serra e si propone quindi come mezzo ecologico per eccellenza.
Sono molte le città che, oltre a promuoverne l'utilizzo con incentivi per l'acquisto, stanno anche procedendo in due direzioni.
La prima riguarda la creazione di una rete di bike sharing: un numero di biciclette a disposizione dei cittadini che possono prenderle in un luogo della città e lasciarle in un altro, pagando con una tessera magnetica a scalare o con abbonamenti. Per questo sono in fase di progettazione e installazione delle apposite pensiline per ricaricare le batterie delle bici.
La seconda strategia riguarda la percorribilità delle città in bicicletta. Se pensiamo a Roma, per esempio, non ci viene certamente in mente una città a misura di bicicletta. Ma questo problema non riguarda solo le grandi metropoli: a volte anche le piccole cittadine sono prive di piste ciclabili. Eppure negli ultimi mesi si assiste ad una maggiore cura di questo aspetto da parte delle amministrazioni con la creazione di zone di rispetto, zone pedonali, zone a traffico limitato, e piste ciclabili ben strutturate che aiutino i cittadini a fare della bicicletta non più solo un modo per rilassarsi o fare sport, ma un vero e proprio mezzo per la mobilità cittadina.
Un esempio è quello di Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, che ha proposto un piano per la realizzazione di 1650 chilometri di pista ciclabile in alcune zone della città. A Roma infatti c'è ancora molto da fare: solo 4 persone su 1000 si muovono in bicicletta. A Berlino invece, sono 10 su 100.
Fonte: Gaia News
La tratta13, l´Iron Curtain Trail è la più entusiasmante: tutto nasce dal progetto dell'eurodeputato tedesco dei Verdi Michael Cramer, che impegnato in campagne per ridurre le emissioni di Co2, dal 1979 vive senza automobile. La cortina di ferro che ha diviso negli ultimi cinquant'anni l'Europa dell'Est e dell'Ovest dà oggi il nome ad un percorso ciclabile che una volta completato si estenderà per oltre 10 mila km dal Mare di Barents al Mar Nero, attraversando 20 paesi, 14 dei quali dell'Unione europea. L'Iron Curtain Trail offre una varietà incredibile di paesaggi e la possibilità di incrementare un turismo sostenibile in aree particolari, come nella European Green belt. Un corridoio che si snoda per più di 12 mila km collegando 24 paesi lungo l'ex cortina di ferro. Si tratta di una zona in cui non essendoci stata attività umana per molti anni, hanno trovato rifugio specie animali e vegetali minacciate di estinzione. L'Iron Curtain Trail garantisce quindi uno sviluppo regionale sostenibile, promuove la tutela del patrimonio naturale europeo, e stimola un turismo "verde" che non incide negativamente su ecosistemi e habitat importanti per la biodiversità. Il progetto è ambizioso: non solo esempio di soft mobility, ma anche simbolo della riunificazione e dell'identità europea. Una volta completato l'Iron Curtain Trail dovrebbe portare un milione di vacanze in bici e 5.3 milioni di daytrips, per un totale di 521 milioni di euro.
Con uno sviluppo non omogeneo in Europa, il ciclo turismo cresce in Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Svizzera e Paesi Bassi. Ad aumentare non sono soltanto i percorsi, ma anche il numero di agenzie che offrono questo tipo di vacanze: si calcola che ogni anno sono circa 20 milioni le vacanze in bici, per un costo totale di 9 milioni di euro. Un turismo più che sostenibile sì, ma costoso. In media un cicloturista genera il 66% di Co2 in meno rispetto al turista classico, ma ci si sta muovendo affinché un numero maggiore di Paesi europei permetta il trasporto di bicilette nei treni, autobus e traghetti. L'obiettivo è quello di incoraggiare ad utilizzare trasporti pubblici per raggiungere le ciclo destinazioni, con un impatto ambientale minore rispetto a quello che si avrebbe usando automobili private o il trasporto aereo. Proprio grazie alle conseguenze estremamente positive a livello ambientale ma anche sociale ed economico l'EuroVelo può portare, nel 2011 il Parlamento Europeo e la Commissione Trasporti e Turismio ha votato affinché venisse inserito nel TEN Trans-European transport network.
di Benedetta Michelangeli - blog.rinnovabili
Una mattina d'autunno gli allievi della terza R Costruzioni Ambiente e Territorio dell'Istituto Erasmo da Rotterdam di Nichelino, accompagnati da tre impavidi professori (Isabella Alessi, Anna Maria Romeo e Roberto Belli), si sono ritrovati nel cortili della scuola tutti muniti di bicicletta.
Il tempo ci ha assistiti e la legge per il momento ci ha risparmiato l'utilizzo dei caschi protettivi, ma non quello dei giubbotti catarifrangenti, ormai indispensabili. Il viaggio è stato effettuato in tutta sicurezza, preceduto da un apposito corso sulle norme stradali, tenuto in classe dal prof. Belli.
Il percorso era interamente su pista ciclabile, in mezzo alla natura, attraverso i parchi del Boschetto di Nichelino, delle Vallere e del Valentino dove si è concluso il viaggio di andata.
La visita al borgo medioevale di Torino è stata interessante perché la nostra guida aveva una grande capacità di coinvolgere noi ragazzi, grazie alle notizie curiose ed interessanti, diverse da quelle studiate abitualmente a scuola. A fine mattinata, sempre in bici, siamo rientrati a scuola un po' delusi dopo aver scoperto che quel bellissimo borgo è in realtà una ricostruzione. Per il resto l'uscita è stata molto suggestiva, divertente ed istruttiva. Speriamo che questa bella esperienza si possa ripetere.
Mattia D'Agnielli
Justina Sarà
Luca Sgambelluri
Dejanira Trotta
Fonte: Comune di Nichelino
In Italia ci sono voluti dieci anni, ma sul finire degli anni '00, intorno al 2008, 2009 i primi fissati con le bici hanno iniziato ad impugnare una mazza, inforcare la bici e darci dentro. Milano, Torino, Vicenza, Mantova, Bergamo, Padova, Roma, Catania le prime città in cui piccoli nuclei di giocatori hanno iniziato, la sera, in campi di fortuna. Il nord è sicuramente la zona d'Italia dove si gioca di più e al nord il triveneto è il centro della scena. Scendendo al centro insieme a Roma, si gioca a Fano (in provincia di Pesaro Urbino) e a Chianciano (Siena). Il sud è indietro: oltre Catania, solo Taranto.
Tra le squadre più importanti i Tigers di Vicenza, Bike Pollo di Catania, Malaforca (che si è sciolta da poco) di Fano, i Reparto Pista di Torino, a Milano ci sono gli Alfa e Beta e a Roma - dove abbiamo realizzato questo servizio - ci sono Li Carbonari, ma tutti si riuniscono sotto l'associazione Roma Bike Polo.
Nel 2009, anno del primo, grande, campionato europeo-nordamericano, un gruppo di amici appassionati di Hardcourt si riunì e inventò il RomaBikePolo, punto di riferimento dei polisti della capitale. Dopo quattro anni insieme e migliaia di partite giocate, il gruppo RomaBikePolo può vantare al suo interno la presenza di giocatori che, seppur in squadre diverse, hanno dominato la scena dei tornei più importanti d'Italia e non solo.
I campi da polo in Italia
All'inizio è di fortuna, pian piano però trova una forma stabile: un luogo deputato dove le squadre possono giocare senza grandi problemi. Questo è un tratto comune nelle varie città dove si gioca a polo (sì, non serve dire ogni volta Hardcourt Bike Polo). "A Milano il Bike Polo è nato nel giro delle bici a scatto fisso, intorno a Piazza San Fedele", ci racconta Matteo Airoldi del team Milano Beta . "Adesso giochiamo al Leoncavallo, al chiuso, da circa un anno e mezzo". A Catania invece, Marco Campisano dei Bike Pollo spiega che "si gioca all'aperto e il campo si chiama Jail Court perché adiacente e con vista sul carcere cittadino di Piazza Lanza".
"A Torino giochiamo in una pista di pattinaggio in via Lanzo", risponde Giovanni Perrone di Reparto Pista. "Ogni volta montiamo e smontiamo le porte: ci contendiamo lo spazio con chi pattina o con chi gioca a cricket". A Roma invece dopo aver cambiato vari campi, le squadre capitoline hanno trovato dimora in una struttura del comune, Il Quadrato, vicino alla ciclofficina del Centro Social Ex Snia Viscosa. Vicenza è invece in attesa di una risposta dal Comune per la realizzazione di un campo specifico: nel frattempo giocano al centro polisportivo di Olmo nel comune Creazzo a pochi passi da Vincenza.
La bici da polo
Agli albori, anche in Italia, si giocava con la ruota a scatto fisso, senza pedalata libera: gira la ruota, girano i pedali. Lo scatto fisso è ormai stato quasi del tutto abbandonato per passare alle single speed: un solo rapporto, spesso corto, che permette maggiore agilità. La bici da Polo è in continuo mutamento ed è soprattutto una bici su misura che il polista cerca di personalizzarsi. "La composizione della bici si evolve a seconda dei trick che si scoprono giocando", afferma Federico Amore dei Bike Pollo di Catania. È uno sport dove ancora si può inventare molto e dove molto altro ancora deve essere scritto. Per questo la personalizzazione della bici è uno dei passaggi fondamentali. Le ruote: normalmente sono piccole, 26 di raggio, così da avere una bici più compatta e agile. Per frenare c'è chi usa sia il freno davanti che quello dietro, in ogni caso la leva sul manubrio è unica: nell'altra mano si impugna la mazza. Lo sterzo è piccolo: maggiore agilità in corsa. Il movimento centrale (che permette il movimento dei pedali) è alto: la pedivella non tocca terra e la bici può inclinarsi in maniera maggiore rispetto al normale. Altro punto fondamentale è il polo guard ovvero la copertura della ruota che serve ad evitare che si spacchino i raggi con la mazza o che la pallina passi attraverso i raggi. La mazza è composta dalla stecca e dalla testa che viene chiamata mallet e serve a tirare la palla.
Le regole
Il goal è valido solo quando si colpisce la palla dalla parte rotonda e non dal lato lungo della testa o dalla stecca. La pallina è una normale pallina da street hockey da circa 70gr. Le misure ormai standard o comunque più utilizzate del campo sono di 40 metri in lunghezza e di 20 in larghezza, le partite durano 10 minuti o fino al cappotto, ovvero al quinto goal. Il contatto bici-bici non è consentito, ma viene tollerato fino al punto in cui è fortuito e non altera l'azione. Non sono ben visti i tagli di strada e le spinte, al limite spalla a spalla. La regola però più ferrea è quella dei piedi. Non è possibile appoggiare i piedi a terra. Se succede, quando succede, si commette fallo: il giocatore diventa quindi invisibile, non deve disturbare l'azione e deve recarsi a centro campo, sul bordo, e fare un tap, sbattendo la mazza sulla sponda. A quel punto può rientrare. L'inizio del gioco è come la pallanuoto. Palla al centro, start e corsa a chi la prende prima. Caschi, ginocchiere e paragomiti sono parte dell'abbigliamento protettivo indispensabile.
In Italia
La storia italiana del bike polo è una storia di community e di amicizia. Community perché il Bike Polo viaggia in Rete. Il sito di riferimento è hardcourtitalia (quello internazionale è leagueofbikepolo): lì si discute, si decide dove fare i tornei, ci si aggiorna, si scambiano esperienze, si resta in contatto, si eliminano le distanze. In Italia esiste l'IHbpc il campionato italiano che si gioca una volta l'anno e il Mazza D'oro, un torneo con una frequenza maggiore e che viene ospitato dalla squadra che vince. Non girano soldi, non ci sono sponsor, se non qualche piccola presenza: tutto indipendente e organizzato in Rete. Queste sono le occasioni dove le varie community e le squadre si incontrano, passano dei giorni insieme, vivono esperienze sportive collettive, un terzo tempo rugbistico lungo spesso un weekend. A livello mondiale la situazione è molto simile, anche se negli Stati Uniti sono nati primi tentativi di organizzazione. Anche in Italia la direzione è quella. L'esempio è la crew vicentina dei Riding in Circle che è anche una associazione sportiva o la Bike Polo Fano Associazione. Marco Flore, romano, è uno dei veterani del Bike Polo in italia: 41 anni, gioca da quando ne aveva 37. "In Italia la comunità è unita, ma non è cresciuta come sono cresciute quelle europee che hanno iniziato più o meno nello stesso periodo. Con gli Stati Uniti e Canada c'è anche una differenza di età, lì sono più giovani, noi siamo sui 30-40 anni". Le motivazioni sono molteplici: dalla poca visibilità, alla scarsa cultura italica per sport minori. Tuttavia chi gioca ha ormai una certa esperienza e la mette a disposizione dei nuovi arrivati che, magari a differenza di altri sport, fanno più fatica agli inizi. Gianluca Peloso di Vicenza si sta muovendo in questa direzione: "L'ultimo mio team sono stati i Seagulls. In questo momento sto vivendo un periodo di pausa dai tornei, mi piacerebbe dare una mano ai ragazzi alle prime armi e penso spesso a una figura ad oggi ancora assente nel polo, l'allenatore" .
Foto: Jacopo Pergameno: classe 1986 , è un fotografo freelance romano. Divide il suo lavoro tra servizi editoriali e progetti personali in Italia e all'estero.
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