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Per cambiare profondamente il volto di una città basta un numero magico (il numero 30). E non ci vogliono nemmeno troppi soldi. A Parigi, per esempio, con soli 2,6 milioni di euro di stanziamenti, l’amministrazione di Bertrand Delanoe ha messo a punto un piano rivoluzionario. Un format esportabile in qualunque città europea (Italia compresa): dal prossimo settembre su 560 km di rete stradale il limite massimo di velocità consentito alle automobili sarà di 30 Km/h (il 37% delle strade cittadine). Il nuovo piano “La rue en partage” (“la strada in condivisione”, ndr ) non dovrebbe essere un dramma, eppure le questioni della mobilità urbana provocano sempre accesi dibattiti politici e sociologici. Anche a Parigi. Per semplificare, da una parte ciclisti che rischiano la vita e dall’altra adepti del culto motorista sempre più rancorosi e su di giri. E dire che in nessuna metropoli europea la media di chilometri percorsi da un’auto ingolfata nel traffico si avvicina al numero magico: ovunque la bicicletta è il mezzo più veloce per spostarsi nelle aree urbane. A Parigi questo limite verrà fissato in una trentina di quartieri, che vanno ad aggiungersi ad altre 74 zone della città dove la velocità è già regolata in questo modo. Ma non c’è limite al meglio: nella capitale francese sono già attive 23 “zone di incontro” dove le auto non possono superare i 20 Km/h; qui pedoni e ciclisti sono padroni della strada, e le automobili sono “avvisate” da strisce bianche perpendicolari alla carreggiata formate da piccoli rettangoli tipo pixel, una via di mezzo tra segnaletica e arte di strada, un modo poco invasivo per invitare gli automobilisti a rallentare.

L’obiettivo di questo programma che per noi sembra lunare è piuttosto semplice, invitare gli automobilisti a scegliere il mezzo di trasporto più semplice e moderno del mondo: la bicicletta. E a rispettare le due ruote: i ciclisti, nelle zone 30, potranno anche “bruciare” il semaforo rosso per svoltare a destra. Di questo passo, le automobili a Parigi diventeranno un mezzo di trasporto in via d’estinzione, e del resto lo confermano le statistiche: già ora il 60% degli spostamenti si fa a piedi, il 27% con i trasporti pubblici, il 7% in automobile e il 4% in bicicletta. Percentuali impensabili per l’Italia, il paese europeo più in ritardo rispetto allo sviluppo della ciclabilità e alla cultura della mobilità alternativa. Londra, per esempio, giusto per non restare indietro rispetto a Parigi, sta pensando di estendere l’attuale percentuale di zone 30 (oggi circa il 19% delle strade urbane) a quasi tutta la città – rimarrebbero escluse solo le arterie ad alto scorrimento. Possibile? Per Isabel Dedring, responsabile dei trasporti londinesi, non ci sarebbero problemi: «Andrà a finire come capitò con il divieto di fumo nei locali, nessuno lo riteneva possibile fino a quando non è successo».

Bisognerà solo convincere i distretti, ma già alcuni hanno imposto i 20 miglia all’ora in tutte le strade, con risultati molto soddisfacenti e dunque contagiosi. A Monaco, altra città virtuosa, sono così visionari che entro il 2025 puntano ad avere la quota di spostamenti in automobile al di sotto del 20% nelle zone centrali (taxi compresi). Lo ha annunciato Hep Monatzeder, vicesindaco della città dove ha sede la Bmw – provate adesso ad immaginare il sindaco di Torino Piero Fassino e la Fiat di Marchionne. Monaco, per raggiungere l’obiettivo, solo nell’ultimo anno ha già stanziato 10 milioni di euro per la ciclabilità. In Italia (2.556 ciclisti morti negli ultimi dieci anni), sull’onda di un’evidenza che ha trasformato la bicicletta nello strumento più efficace per praticare più che sognare un mondo diverso, soprattutto nelle città, anche la politica si è dovuta accorgere che qualcosa si sta muovendo. Con ritardo e inconcludenza imbarazzanti. A parte i sindaci volonterosi che ci deliziano con improbabili pedalate propagandistiche, diverse associazioni hanno presentato una proposta di legge proprio per introdurre il limite dei 30 Km/h nei centri urbani (già sottoscritta da circa sessanta deputati di tutti gli schieramenti).

L’obiettivo della Rete della Mobilità Nuova, seppure meritevole, dice a che punto siamo rispetto alle esperienze europee: obbligare i sindaci, entro due anni, a far scendere gli spostamenti motorizzati con mezzi privati almeno sotto al 50%. Un’impresa disperata visto che la quasi totalità delle risorse per la mobilità vengono destinate all’alta velocità e alla rete autostradale, anche se le lunghe distanze assorbono meno del 3% degli spostamenti di persone e merci. Eppure, nonostante l’ottusità del sistema, in Italia le campagne di sensibilizzazione per sostenere il limite di velocità di 30 km/h si stanno moltiplicando con diverse iniziative dal basso. Il rischio però è che per un difetto di comunicazione non si riesca a far comprendere la portata di un semplice provvedimento che nelle nostre città sarebbe a dir poco storico, se non irrinunciabile: qui non ci sono in gioco solo i diritti (o le pretese) di qualche scanzonato cittadino che vuole liberarsi dalle automobili per pedalare in santa pace. C’è ben altro.

Proviamo a mettere tra parentesi – anche se è impossibile – lo studio approfondito appena realizzato dall’Istituto dei Tumori di Milano che ha dimostrato una stretta relazione tra l’inquinamento e il rischio di tumori al polmone (300 mila le persone testate, 36 i centri europei coinvolti). È stato misurato l’inquinamento dovuto alle polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) causato in gran parte all’emissione dei motori a scoppio e agli impianti di riscaldamento. La conclusione è drammatica: per ogni incremento di 10 microgrammi di Pm10 per metro cubo presenti nell’aria, aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22%. Sono cifre da ecatombe, questo tipo di tumore rappresenta la prima causa di morte nei paesi industrializzati, e solo in Italia nel 2010 si sono registrati 31.051 nuovi casi. Non bisognerebbe aggiungere altro per imporsi l’obiettivo di rottamare il mezzo di trasporto più mortifero, ma torniamo al limite dei 30 Km/h per entrare nello specifico dei tanti benefici per tutti. Automobilisti compresi. Prima di tutto si abbasserebbe la mortalità. In Europa, tumori a parte, ogni anno muoiono 35.000 persone a causa di incidenti stradali (un milione e mezzo rimangono ferite). L’Italia contribuisce alla statistica con 5 mila morti all’anno (e 300 mila feriti): quasi un quarto delle vittime sono pedoni e ciclisti. Tutta colpa della velocità? Sì.

Come dimostra uno studio londinese, quasi tutti gli incidenti che hanno ucciso ciclisti sono avvenuti in strade con un limite fissato a un minimo di 48 Km/h. I dati sui pedoni sono inconfutabili: se un’automobile investe una persona a 65 Km/h la uccide nel 90% dei casi, a 50 Km/h nel 20% dei casi, a 30 Km/h nel 3% dei casi. Data per scontata la maggior vivibilità delle strade con l’istituzione delle “zone 30″ – cosa di per sé gradevole ma che per alcuni potrebbe non essere prioritaria – va sottolineata anche la considerevole riduzione dei costi sanitari a fronte di una diminuzione dei sinistri (il Pil annuale perso a causa degli incidenti viene valutato attorno al 2%). Inoltre, la riduzione della velocità, come dimostrano alcuni studi effettuati ad Amburgo, farebbe diminuire dal 10 al 30% l’emissione di gas inquinanti. Sul banco degli imputati ci sono gli automobilisti che si ostinano a guidare in città, eppure il numero magico funzionerebbe anche per loro: consumerebbero meno carburante (12% secondo una ricerca tedesca) e anche loro morirebbero con minor frequenza.

Fonte: comune info; il manifesto (articolo pubblicato anche su eddyburg.it).

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Le soluzioni migliori non sono necessariamente le più moderne. Infatti, a volte rispolverare soluzioni antiche e già collaudate può servire. Questo vale specialmente parlando di mobilità: ancor prima di aspettare il veicolo a motore del futuro che ci libererà dal giogo dell'inquinamento, se mai questo esisterà, l'uso della bicicletta potrebbe consentire già da oggi di risolvere numerosi problemi ambientali, di salute e di traffico. Soprattutto considerando che gli spostamenti in automobile di lunghezza compresa tra 3 e 5 km costituiscono il 50 % degli spostamenti totali, mentre quelli di lunghezza inferiore a 2 km sono il 30%, ambito di distanze per le quali la bicicletta è assolutamente competitiva. La bicicletta permette di aumentare l'efficienza del trasporto: con l'energia contenuta in 100 grammi di zucchero (circa 500 calorie), un ciclista può pedalare per 37 km, mentre un pedone solo 14 km e un fondista 7 km. Con 55 grammi di benzina, che contengono circa la stessa quantità di energia, un'automobile percorre al massimo 1 km.
Inoltre la bicicletta consente notevoli risparmi di tempo sui tragitti di lunghezza inferiore a 5 km: sulla maggior parte dei percorsi urbani, la bicicletta costituisce il mezzo di trasporto più rapido ed efficace, permettendo la agilità di un pedone (non subisce o subisce poco il traffico) e frequentemente una velocità di spostamento maggiore di quella delle automobili
L'utilizzo combinato della bicicletta e mezzi pubblici apre possibilità di utilizzo della bicicletta ancora maggiori: secondo statistiche europee, considerando che la maggior parte dei clienti di mezzi pubblici è quella che vive o lavora in un raggio di 10 minuti (0.8 km a piedi) dalla fermata del mezzo pubblico (bus, metropolitana o treno), l'utilizzo della bicicletta per raggiungere la fermata consente di aumentare il raggio a 3.2 km, che consiste in un aumento del bacino di potenziali utenti di ben 16 volte. Inoltre la bicicletta consente di ridurre enormemente gli spazi destinati agli spostamenti e allo stoccaggio dei mezzi non utilizzati: in un parcheggio per una automobile possono essere posizionate circa 10 biciclette. Se si considera che una persona mediamente lavora in 30 mq, e vive in 50 mq, per circolare in automobile necessita di almeno 140 mq. Sostituendo l'auto alla bicicletta, gli spazi per gli spostamenti potrebbero essere ridotti drasticamente a circa una decima parte.
Fonte: www.malnatesostenibile.it

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Martedì, 11 Giugno 2013 17:29

Londra. Una citta’ a misura di bicicletta

Muoversi in bicicletta a Londra è economico, salutare, ecologico e nelle ore di punta è anche più veloce per muoversi nel traffico cittadino ma, in una città come Londra, è anche pericoloso e forse è la percezione stessa del pericolo a scoraggiare la maggior parte delle persone all'uso delle due ruote lasciando questo tipo di mobilità ad una minoranza di temerari bardati di tutto punto con caschi, segnalatori visivi e protezioni da motociclista.

Ovviamente ci sono tantissime zone dove poter pedalare in tutta sicurezza e tranquillità: è ad esempio una bella esperienza alla portata di tutti pedalare nei parchi e lungo i percorsi sul Tamigi ed altri corsi d'acqua ma anche altre aree si prestano ad una guida relativamente sicura.

Gli sforzi per incrementare l'uso della bicicletta comunque non mancano e le condizioni dei biker vanno progressivamente migliorando.

Dal luglio 2010 è operativo il Barclays Cycle Hire, il piano di noleggio a breve termine voluto dall'ex sindaco Ken Livingstone ma realizzato dal suo successore Boris Johnson con l'auspicio che la bicicletta possa diventare comune ai londinesi quanto i taxi neri e gli autobus rossi. Inizialmente il sistema era fruibile solo agli utenti registrati per essere poi esteso anche a quelli occasionali (quindi anche turisti e visitatori) utilizzando la propria carta di credito o di debito. Il bike sharing londinese utilizza attualmente oltre 6000 biciclette distribuite nelle oltre 400 docking stations (stazioni di ancoraggio) sparse in tutta la zona 1 di Londra (quella più centrale).

Le docking stations sono stazioni di ancoraggio dove prendere e lasciare le bici (possono essere lasciate anche in una stazione diversa). Se non si è in possesso della chiavetta, l'identificazione ed il pagamento si possono fare direttamente al terminale presente in ogni stazione e sempre da terminale si possono stampare il record del viaggio, trovare docking stations nelle vicinanze, visualizzare mappe ecc.

Dicevamo del noleggio a breve termine: il piano tariffario è coerente con lo spirito con cui è stato concepito questo bike sharing, pensato per brevi percorsi e brevi periodi (ad esempio per raggiungere il posto di lavoro dalla stazione metropolitana). Oltre le due ore il sistema non è più economico e conviene affittare una bicicletta ad un normale noleggio. Le società che noleggiano biciclette e mountain bike sono numerose: solitamente richiedono il pagamento di un deposito di 100/200 sterline a prescindere dal tempo di noleggio

Dopo il varo del bike sharing anche la situazione su strada va migliorando. Alle bus lanes ed alle piste ciclabili esistenti (cycleways) si vanno progressivamente aggiungendo le Cicle Superhighways: queste "superstrade" riservate alle bici sono più larghe (1,5m) e più visibili (la sede ciclabile è verniciata in blu) e connetteranno direttamente il centro di Londra alle zone più periferiche. Al momento sono operative due sole Cicle Superhighways - da Merton alla City e da Barking a Tower Gateway - altre due sono quasi completate - da Wandsworth a Westminster e da Ildford ad Aldgate - ed altre sono in progetto

La sfida per avere una città davvero a misura di bicicletta sarà vinta solo con la diffusione di piste ed itinerari ciclabili dove la sicurezza, che fino ad ora è mancata, sia finalmente percepibile: c'è ancora molto da fare ma la strada intrapresa sembra comunque quella giusta.

Fonte: www.quilondra.com

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Il clima decisamente estivo che - nonostante le previsioni del tempo sfavorevoli - aveva accolto i delegati delle organizzazioni aderenti all'European Cyclists' Federation (ECF) arrivati a Bratislava per l'Annual General Meeting dell'8 e del 9 giugno, non ha poi accompagnato gli stessi delegati e tutti gli altri partecipanti convenuti da tutti i continenti alla conferenza internazionale "Velo-City" che ha aperto i battenti a Vienna per iniziativa della Municipalità e dell'ECF per tutta la settimana.
La giornata di lunedì 10, tuttavia, è stata pienamente "lavorativa" per gli addetti ai lavori convocati a vario titolo dall'ECF: "Scientists for Cycling Network (Scienziati per la ciclabilità) che raggruppa docenti universitari e ricercatori riuniti tutta la giornata presso il Politecnico di Vienna; "Cities for Cyclists" workshop, che ha riunito sindaci e assessori di città europee che hanno analizzato gli aspetti politici della mobilità ciclistica in altra sala del Politecnico di Vienna; infine i rappresentanti nazionali dei coordinamenti della rete EuroVelo che hanno lavorato più a lungo, per confrontarsi sullo stato organizzativo che l'ECF si è data per realizzare, entro in 2020, 70.000 Km di ciclovie di lunga percorrenza di qualità, integrate con stazioni, porti e aeroporti, per connettere in bicicletta da nord a sud e da est ad ovest tutto il continente europeo e assolvere alle seguenti funzioni: sviluppo del cicloturismo che rappresenta un attività in attivo anche in un periodo di crisi come l'attuale; collegamenti ciclabili extraurbani e intercomunali; attraversamenti ciclabili dei centri cittadini.
Ma la sorpresa maggiore l'hanno avuta gli italiani presenti alla riunione dei rappresentanti dei coordinamenti nazionali di EuroVelo.
Nel presentare le proposte di modifiche e di integrazioni degli itinerari transeuropei in fase di analisi e verifica, Ed Lancaster, assistente del direttore di EuroVelo Adam Bodor, ha illustrato anche due iniziative da tempo avanzate dal coordinatore nazionale di EuroVelo in Italia, Claudio Pedroni: la Ciclovia Adriatica che da Trieste a Santa Maria di Leuca diventerebbe nuovo itinerario europeo di EuroVelo con il n. 9 e l'attraversamento di una ciclovia EuroVelo in Sicilia lungo la costa meridionale e lungo entrambe le coste della Sardegna, come tra l'altro l'associazione FIAB "Città Ciclabile" di Cagliari ha più volte richiesto e che arriverebbe anche in Corsica.
"Questo nuovo itinerario - ha specificato Ed Lancaster interpellato specificatamente sull'argomento - potrebbe diventare una nuova ciclovia, assumendo un'altra numerazione, piuttosto che essere un prolungamento dell'itinerario EV 7 che da Capo Nord si ferma a Malta, come erroneamente riportato nella presentazione".
"Affinchè la proposta sia presa in esame e valutata positivamente - ha precisato tuttavia Ed Lancaster - occorre che sia rispettata la procedura prevista dal protocollo e che la richiesta avanzata dalla FIAB sia supportata formalmente dalle istituzioni locali e territoriali interessate".
"E' una notizia assolutamente positiva così come veramente inaspettata che ci ripaga da tante fatiche - hanno dichiarato Claudio Pedroni, instancabile coordinatore italiano di EuroVelo e Antonio Dalla Venezia, responsabile FIAB dell'Area "cicloturismo e mobilità extraurbana".
"Questa apertura dell'ECF - hanno commentato Pedroni e Dalla Venezia - nonostante le procedure sempre più restrittive ci lascia ben sperare. Interpelleremo quanto prima le Regioni interessate dai nuovi percorsi EuroVelo per chiedere la disponibilità a supportare l'iniziativa FIAB con un'adesione formale e per invitare loro a prevedere nella nuova programmazione 2014-2020 adeguate risorse finanziarie affinché anche i tratti italiani delle ciclovie EuroVelo siano concepiti con gli stessi standard europei".
I ritorni economici degli investimenti nelle ciclovie e nei servizi agli utenti della strada in bicicletta, sia negli spostamenti quotidiani che nel tempo libero, sono ampiamente dimostrati. Ma di questo si parlerà diffusamente nella conferenza Velo-City che fino al 14 giugno attirerà come una calamita
rappresentanti della politica, delle istituzioni, della salute da tutto il mondo.
Fonte: Fiab

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"Prendiamo atto con soddisfazione del comunicato del 29 maggio 2013 in cui l’Assessore ai Trasporti rassicura i pendolari pugliesi e i turisti, che dovessero decidere di portare la propria bicicletta in treno, circa la volontà della Regione di rinnovare il protocollo con le Ferrovie regionali. Secondo quanto affermato dallo stesso Assessore, così come riportato sul sito della Regione Puglia, le condizioni del "precedente protocollo" resteranno valide fino alla sottoscrizione del "nuovo protocollo". Questa posizione solleva degli interrogativi sui contenuti del nuovo protocollo, del quale non si conosce ancora nulla. Auspichiamo che il nuovo protocollo preservi i contenuti del precedente, rappresentandone un miglioramento e non, giammai, un depotenziamento e che la direzione intrapresa - quella volta ad incrementare e a migliorare costantemente i sistemi di trasporto intermodale - venga mantenuta. Non siamo certo noi a dover ricordare a entrambe le parti che il trasporto gratuito delle biciclette debba essere visto come un’opportunità e non come una penalizzazione: incentivare il trasporto treno+bici può rappresentare per le Aziende di trasporto ferroviario l’acquisizione di sempre nuovi segmenti di mercato legati al pendolarismo, al tempo libero e al turismo; e per la Regione uno strumento indispensabile per la promozione di un modello di mobilità “sostenibile” che - ricordiamolo - rientra nelle priorità della stessa Regione e dell’Assesorato. Al contrario, scoraggiare il trasporto della bici sui treni regionali può significare perdere segmenti di clientela che potrebbero trovare più conveniente l’utilizzo di altri mezzi di spostamento tra cui, principalmente, l’auto privata. Riteniamo importante anche sottolineare che Regione e aziende di trasporto dovrebbero farsi carico di una puntuale e corretta informazione nei confronti degli utilizzatori. Non è infatti più accettabile che i passeggeri debbano sapere della proroga di un protocollo di intesa a soli due giorni dalla scadenza dello stesso.

Un pendolare che utilizza il “treno+bici” deve poter decidere per tempo, senza dover aspettare l'ultimo giorno utile, se gli convenga acquistare un abbonamento ferroviario o debba invece organizzare i propri viaggi diversamente.

Fonte: Comunicato stampa Fiab

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Al via dal 15 giugno in tutte le provincie dell’Emilia-Romagna la campagna regionale sulla sicurezza stradale in difesa di pedoni e ciclisti. È stata presentata nei giorni scorsi la campagna regionale sulla sicurezza stradale “A ciascuno il suo", promossa dalla Regione Emilia-Romagna e gestita dalla cooperativa Voli Group di Bologna. La campagna ha l’obiettivo di sensibilizzare tutti i cittadini sull’osservanza delle regole e promuovere una maggiore attenzione e considerazione reciproca nel momento in cui ci si muove per le strade cittadine e non. La Fiab, Federazione italiana amici della bicicletta, è da sempre impegnata nella diffusione di un modo di vita più sostenibile, promuovendo l’uso della bici come mezzo di trasporto sicuro ed ecologico, facendo pressione sui pubblici poteri ai fini di un miglioramento della vivibilità urbana con la creazione di piste ciclabili, la moderazione del traffico, l'uso combinato di bicicletta e mezzi di trasporto pubblico. Per questo motivo la Fiab ha deciso di aderire con convinzione e col massimo impegno alla campagna della Regione “A ciascuno il suo” attivandosi su tutto il territorio regionale nelle città in cui è presente con i suoi 11 circoli e organizzando per il 15 giugno ciclo-pedalate che diffondano i temi dell’iniziativainsieme alle altre associazioni aderenti, tra le quali Legambiente, WWF, Touring Club, Trekking Italia, UISP, SPI. Anziché atteggiamenti individualistici ed esasperazione occorre che ognuno in strada abbia “cura” dell’altro, che incentri i propri comportamenti sul rispetto delle regole e sul buon senso, ricordando che quando si usufruisce di un bene comune, come sono le strade cittadine, si hanno diritti e doveri. Non per niente la mascotte scelta per la campagna "A Ciascuno il suo" è un cuscino, un oggetto semplice e immediatamente riconoscibile, che vuole ribadire un concetto chiave: la premura e la “morbidezza” sono necessarie tra gli utenti della strada per una convivenza civile, una convivenza migliore. E soprattutto: “Che il più forte si prenda cura del più debole!". Lo ha sottolineato lo stesso assessore alla Mobilità e Trasporti della Regione Emilia-Romagna Alfredo Peri, durante la conferenza stampa del 3 maggio ospitata dal Green Social Festival 2013, “Chi ha più potere, deve rispettare chi è più debole. Ognuno di noi, spesso e volentieri nell’arco della stessa giornata, è automobilista, pedone e anche ciclista: non dobbiamo mai dimenticarci, cambiando modalità di trasporto o movimento, del ruolo svolto in precedenza sulla strada”. Per ogni utente della strada è stato così pensato uno slogan diretto e immediatamente percepibile che richiami ad un atteggiamento responsabile: “Scegli le strisce”per invitare il pedone ad attraversare correttamente, “Fatti notare”, che suggerisce al ciclista di munirsi, oltre che delle luci obbligatorie,  di giubbetto catarinfrangente o bretelle riflettenti dopo il tramonto e prima dell'alba, e “Guida morbido, un'esortazione all’automobilista non solo ad avere maggiore prudenza e meno impazienza al volante, ma anche a cogliere tutti i vantaggi dell'ecodrive. I messaggi della campagna verranno veicolati attraverso bus urbani, manifesti, spot radio e internet. E’ prevista la realizzazione di ciclo-passeggiate e camminate, in cui verranno distribuite t-shirt con il logo della campagna, fascette catarifrangenti e adesivi, ed è già online il sito web http://aciascunoilsuo.info/.

Ci sarà un video ufficiale della campagna, un concorso fotografico e la partecipazione a eventi e manifestazioni. Il momento di lancio di “A ciascuno il suo” è previsto per il 15 giugno, e riguarderà in particolare la via Emilia. Nel 2013 ricorrono infatti i 2200 anni dalla costruzione dell’infrastruttura viaria più antica e caratterizzante dell’Emilia-Romagna e questo importante anniversario è sicuramente l’occasione migliore per legare al passato della regione un'idea di futuro che abbia tra i suoi elementi costituenti un approccio alla mobilità cittadina più sostenibile, più rispettoso e attento, sicuro e salutare

I dati

L’iniziativa si inserisce in una lunga serie di impegni presi dalla Regione Emilia-Romagna per promuovere una mobilità sostenibile e la tutela delle vite umane sulla strada, per aderire con pieno senso di responsabilità agli obiettivi sulla sicurezza stradale prefissati dall'Unione Europea: riduzione del 50% del numero di vittime da incidenti stradali nel decennio 2001/2010 e ulteriore dimezzamento da ottenere entro il decennio 2011/2020 richiesto dal 4° Programma Quadro della Comunità Europea. L’Emilia Romagna è impegnata su questo fronte sia sul piano formativo-culturale (le campagne, le attività nelle scuole organizzate dall’Osservatorio per l’Educazione e la Sicurezza Stradale) che su quello infrastrutturale (sono in programma investimenti per 15 milioni di euro). È stato già raggiunto il primo obiettivo: gli incidenti mortali nel complesso sono diminuiti del 56% rispetto al 2011, ma questo calo non si distribuisce in modo uniforme tra tutte le fasce di utenti della strada. Per quanto riguarda pedoni e ciclisti infatti la riduzione è stata assai più contenuta. Si parla di un -37% per quanto riguarda i primi e solo un -13% per quanto riguarda i ciclisti. Una tendenza che è confermata anche dall’ultima rilevazione fatta per quest’ultimo segmento, sul quale anzi grava un preoccupante aumento di decessi del 7,2%. Ecco allora il perché di una campagna sulla sicurezza in strada che si proclama "in difesa di pedoni e ciclisti". Sono loro l'utenza “debole”, insieme alle persone più anziane, l’utenza maggiormente a rischio e che necessita di un maggiore rispetto nel traffico urbano. Oltre alla presenza all'evento centrale del 15 giugno, l'impegno di Fiab riguarderà anche la diffusione dei messaggi della campagna sul nostro sito e sui social media da noi utilizzati, così come attraverso il nostro periodico, la rivista BC. Questo il vero concetto da assumere: ogni utente della strada è tenuto a fare la sua parte quando si parla di sicurezza, pedoni e ciclisti compresi. Ecco perché il titolo della campagna è “A ciascuno il suo”, ovvero “ a ciascuno la propria parte di responsabilità".

Fonte: fiab-onlus.it

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Argomento trattato:
Martedì, 18 Dicembre 2012 11:58

Milano. I pendolari lasciano l'auto e vanno in bici

Che a MIlano sia in aumento la tribù dei ciclo-pendolari, ovvero di coloro che al lavoro vanno in bicicletta, è dimostrato da due dati contenuti nell'undicesimo censimento annuale di Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) Ciclobby, che rileva il numero dei passaggi di bici all'interno della cerchia dei Navigli in una giornata lavorativa tipo (dalle 7.30 alle 19.30).

Il primo è facile facile: dei 34.100 passaggi registrati nelle 20 postazioni distribuite all'ingresso della cerchia, 7.748, ovvero poco più di uno su cinque, è avvenuto tra le 7.30 e le 9.30. Il secondo: la postazione più frequentata è Buenos Aires, dove sono stati contati 4.977 passaggi giornalieri. Di questi, l'81% preferisce il corso, tanto che le bici sono il 14,92% dei mezzi in strada (contro il 56% di auto e il 29% di moto), mentre il 19% l'asse delle vie Morgagni-Cadamosto-Spallanzani.

Non è solo la predispozione dei ciclisti a percorrere la strada più diritta né la scarsa segnaletica con cui, all'altezza di piazza Lima, si indica la presenza del percorso dedicato a un solo isolato di distanza, ma anche una componente di pragmatica milanesità a «fare alla svelta». Un comportamento, questo evidenziato dalla ricerca di Fiab Ciclobby, presentata alla Commissione ambiente del Comune di Milano, utile a chi deve pianificare la vita dei ciclisti.

Secondo quanto osservato dai 90 volontari dell'associazione che ai primi di ottobre ha effettuato il censimento, i passaggi dentro e fuori la cerchia dei Navigli sono aumentati del 3,02% rispetto al 2011. Un incremento timido rispetto a dodici mesi fa, quando si registrò un +7,25% sul 2010. Secondo Valerio Montieri, del gruppo tecnico Fiab Ciclobby, «il dato può essere stato influenzato dalle cattive condizioni meteo della seconda metà di settembre. Per la prima volta abbiamo dovuto effettuare il censimento a ottobre, dopo una serie di giornate di pioggia».

Comunque, rispetto a dieci anni fa, quando iniziò il rilevamento, la strada dei ciclisti è in salita, ma in senso positivo: +34% dei passaggi. È il miglior dato di sempre. Nella classifica degli ingressi prediletti dai milanesi, corso Buenos Aires è seguita dalla vicina porta Venezia (rilevazione in via Senato), poi Beltrami (area Castello), Vittoria, porta Romana, via Correnti e San Vittore. I flussi si concentrano nelle ore di punta, con picchi nelle fasce 8.30-9.30 e 18-19.30. Come per l'auto, l'imbuto di bici si crea ai bastioni di porta Venezia, 2.256 passaggi di cui 2.016 in arrivo da Baires (rilevazione all'incrocio viale Tunisia) che poi si disperdono sino ai 1.619 registrati a Cairoli.

Aumenta del 6% l'uso del bike sharing, con le migliori performance alla stazione di Minghetti (zona Cadorna). Alfredo Drufuca, ingegnere, ha presentato per la società Polinomia uno studio pluriennale in cui si evidenziano i flussi stagionali delle bici, con una curva crescente da gennaio a maggio. Drufuca osserva che, nonostante i dati positivi, Milano è lontana dall'obiettivo del 15% di mobilità ciclistica che dovrebbe raggiungere entro il 2030 e che abbatterebbe le emissioni di 250mila cittadini. Il consiglio è uno solo: pedalare.

by Luca Zorloni - Il Giorno

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Gli americani guidando di meno. Secondo un’indagine su un campione di giovani di età compresa tra 16 e 34 anni (rapporto U.S.PIRG http://www.uspirg.org/reports/usp/transportation-and-new-generation) in America dal 2001 le miglia percorse per veicolo sono in calo del 23% mentre crescono quelle percorse a piedi (+16%), quelle in bici (+24%), quelle con trasporto pubblico (+ 40%).
Di come le politiche dei trasporti stanno cambiando a favore del trasporto ciclopedonale, si parlerà a Vancouver, Canada, alla Conferenza "globale" sulla mobilità ciclistica "Velo-City", in programma dal 26 al 29 giugno prossimi, per iniziativa di European Cyclists' Federation (ECF) e delle Autorità locali. L’evento si svolgerà presso lo Sheraton Wall Center Hotel accessibile, ovviamente, in bicicletta lungo la nuova e confortevole pista ciclabile.
Le conferenze Velo-City, organizzate da una trentina d'anni in tutto il mondo da ECF, rappresentano oggi l'evento più prestigioso e di elevata qualità al mondo su pianificazione, progettazione e marketing della ciclabilità. Un’opportunità imperdibile per politici, amministratori pubblici, urbanisti, architetti, ingegneri, accademici, ricercatori, ambientalisti, utenti della bici, comunicatori, educatori, rappresentanti dell’industria della bici per incontrarsi, entrare in relazione, conoscere e condividere le migliori pratiche e le esperienze mondiali.
Il programma della conferenza, in fase di continuo aggiornamento, è disponibile su http://www.velo-city2012.com/programs/program-at-a-glance
Ma perché è stata scelta Vancouver come sede della conferenza globale della mobilità ciclistica?
Lo spiega Bernhard Ensink, direttore della serie “Velo-City”: “Perché Vancouver è un buon esempio di città che ha identificato la bicicletta come una delle sue priorità principali di trasporto. Negli ultimi 10 anni, la rete ciclabile urbana è più che raddoppiata. Il programma per lo sviluppo della mobilità ciclistica di Vancouver è iniziato nel 1988 con l’approvazione da parte del Consiglio comunale del Piano della mobilità ciclistica. Successivamente il piano dei trasporti ha individuato la mobilità ciclistica come modalità di trasporto ad alta priorità da sviluppare all'interno della città. Oltre a dotarsi di una rete di percorsi ciclabili per la mobilità quotidiana, l’Amministrazione ha provveduto a realizzare quella legata al tempo libero. Il piano ha tenuto ampiamente conto della consultazioni di ciclisti e residenti, e analizzato quello che serviva per integrare i ciclisti nella rete di trasporto ordinaria. Nel 2003, con l’attuazione del piano urbano dei trasporti, è stata prevista l’integrazione, all’interno del nuovo sistema di mobilità, anche della rete ciclabile. Oggi Vancouver dispone di una rete ciclabile di 400 Km. Questa crescita insieme con le iniziative complementari, come la realizzazione di ciclo posteggi e le attività promozionali, hanno contribuito a integrare i ciclisti nella rete di trasporto esistente”.
Il Presidente della FIAB, Antonio Dalla Venezia dichiara: "Anche per il mondo politico, economico e tecnico italiano e per i responsabili delle istituzioni che governano il territorio, prendere parte alla conferenza Velo-City di Vancouver può rappresentare un’occasione irrinunciabile per comprendere come sia assolutamente indispensabile avviare anche in Italia politiche concrete per la ciclabilità, utili a coniugare lo sviluppo economico locale e la crisi economico-finanziaria: la mobilità ciclistica aiuta la crescita".
Iscriversi è ancora possibile, anzi doveroso. Tutte le informazioni sul sito http://www.velo-city2012.com
Lello Sforza
Ufficio Stampa FIAB onlus
(Federazione Italiana Amici della Bicicletta)
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Lunedì, 19 Dicembre 2011 11:13

Mobilita' e Biciclette

Sabato 17 dicembre  in piazza De Ferrari a Genova si è svolta la manifestazione: "Mobilità e Biciclette". Genova è sempre stata una di quelle città che i ciclisti temono e rispettano. E a ragione: certe salite (via Assarotti, via Caffaro, via Montaldo ecc.), se non affrontate con l’ausilio di ascensori e funicolari, metterebbero in difficoltà anche gli scalatori più puri che volessero andare a lavorare in bici.
Ma le cose stanno cambiando: si chiama nuova mobilità urbana, sostenibilità, smart city. Sarà la crisi, sarà una maggiore responsabilità per l’ambiente (o le accise sulla benzina), i tagli del governo (e quelli delle corse Amt), ma i ciclisti urbani genovesi negli ultimi anni sono aumentati. Certo, non siamo ai livelli di Torino, Bologna, Ferrara, ma non è difficile scorgere qualche bicicletta percorrere via XX Settembre o il centro storico. E sono molti quelli che caricano le bici sul treno o sull’ascensore per andare a lavorare. Il vero dissuasore della bici a Genova non sono le salite, è il traffico.
Ad oggi, però, l’unico a non essersene accorto sembra proprio il Comune di Genova. Così i ciclisti urbani genovesi hanno pensato difarsi sentire e vedere, di cominciare a contarsi, e hanno organizzato un bike mob in piazza De Ferrari per sabato 17 dicembre alle 16.30.
Bike mob (da flash mob): parola azzeccata, perchè si parlerà di mobilità e biciclette, di aprire la città a un modo di spostarsi differente dagli scooter, dagli autobus e soprattutto dalla dittatura delle auto e Suv. Forse tutti ne gioverebbero, non solo chi va in bicicletta per fare sport.
Ma dal Comune di Genova non arriva nessun aiuto: niente percorsi sicuri, niente ciclo posteggi (ma, anzi, minacce di rimozione delle bici legate a ringhiere e paletti, come qualche settimana fa in piazza Fontane Marose). Ovunque sempre più auto e parcheggi, anche nelle zone pedonali, come in piazza Matteotti, a danno di tutti. L’unica apertura alle biciclette è stato il progetto Mo-bike, che però sta miseramente fallendo.
I ciclisti urbani genovesi chiedono che l’intermodalità venga migliorata. Tradotto: che sia incentivato il trasporto della bicicletta su ascensori, funicolari, treni e mezzi pubblici oltre a un piano della ciclabilità per tutto il terrotitorio comunale.
Per questo si incontreranno sabato in piazza De Ferrari alle 16.30. È una bella sfida: attraversare il centro in pieno shopping natalizio, senza arrecare alcun disturbo, per far vedere che Genova e biciclette possono convivere.
I ciclisti urbani non vogliono disturbare o entrare in conflitto con gli automobilisti, vogliono solo far vedere che ci sono anche loro. In programma nessuna protesta, ma un piccolo tour in centro (De Ferrari, via 25 aprile, Salita Santa Caterina, Fontane Marose e ritorno a De Ferrari).
E un’iniziativa speciale: verrà deposta una ruota di bicicletta alla statua di Garibaldi. Gli eroi delle due ruote omaggiano l’Eroe dei due mondi, con il motto “Se Garibaldi avesse avuto la bicicletta, sarebbe sceso da cavallo!”.
L’iniziativa è organizzata dal Circolo FIAB Amici della bicicletta di Genova con Annemmu in bici a Genova, ed è aperta a tutti i gruppi e ai ciclisti urbani. Appuntamento sabato 17 dicembre alle 16.30 in Piazza De Ferrari.

Fonte: http://genova.mentelocale.it

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