Tutto quello che serve agli appassionati delle due ruote, punti vendita, assistenza, riparazioni e abbigliamento.
Una curiosa iniziativa nella notte tra il 30 settembre e l’1 ottobre, ha caratterizzato le città di Roma, Firenze, Torino e Trieste. Alcuni “sostenitori attivi” del limite di velocità di 30 km/ sono piombati in centro armati di pennelli, vernice e bombolette spray, per disegnare sull’asfalto il limite di velocità, che vorrebbero venisse inserito tra le modifiche del nuovo codice della strada.
Piccola premessa: l'argomento, posto in questa chiave, di conflittualità appunto, è stato molto battuto nei mesi scorsi da diverse e importanti testate giornalistiche, nazionali e internazionali, probabilmente perché giudicato vincente sotto il punto di vista mediatico. Comunemente infatti, si è soliti schierarsi dalla parte di una o l'altra categoria, in questo caso di utenti della strada (ma l'abitudine vige anche in altri ambiti della società), dimenticando che spesso tali categorie coincidono.
Tempo fa il Corriere della Sera aveva definito #salvaiciclisti come la campagna "che fa arrabbiare anche i pedoni", mentre la BBC, più recentemente, ha titolato un programma, trasmesso in prima serata, "La guerra sulle strade della Gran Bretagna", contrapponendo tra loro ciclisti e automobilisti. Il titolo, così come il programma, ovviamente non è piaciuto, perché secondo molti semplicistico e sensazionalistico. Ma come ha saggiamente sottolineato Kaya Burgess, una delle voci più rappresentative della campagna inglese #cyclesafe, questa "guerra" non ha senso di esistere. Il 90% di coloro che usano la bicicletta abitualmente, infatti, ha la patente, chi invece va solitamente in auto, è certamente anche un pedone, quanto meno nel tragitto che lo porta dal parcheggio a destinazione (e vista oggi la difficoltà di trovare un posto libero in città, immaginiamo debba essere pedone per diverse centinaia di metri).
In un successivo e lapidario tweet, lo stesso Kaya Burgess ha poi tuonato: "chi dice che tutti i ciclisti sono indisciplinati e che tutti gli automobilisti sono degli assassini merita di essere snobbato e di non ricevere risposta". Posizione forse democristiana e un po' buonista? Nient'affatto, anzi piuttosto realista. Nella migliore delle ipotesi infatti, prendiamo il caso di Copenaghen, capitale della Danimarca e città bike friendly per antonomasia, si sposta in bicicletta circa il 30% dei cittadini, seguito da una quota quasi uguale di coloro che utilizzano l'automobile, e una minoranza che invece si muove a piedi o con il trasporto pubblico.
E' per questo che almeno per il breve periodo, ciò a cui si può, e certamente si deve ambire, è una pacifica convivenza sulle strade, con buona pace di chi vorrebbe veder scomparire tutti i ciclisti e chi bruciare tutte le automobili in circolazione.
Ma veniamo alle testimonianze. Le prime polemiche, allora sotto forma di ridicolizzazione, nei confronti dei ciclisti, sono state espresse praticamente fin dalla nascita della bicicletta stessa, attraverso alcune vignette dei primi anni del 1800. Si intenda per bicicletta la "draisina", sviluppata intorno al 1817, ben quarant'anni prima del "velocipede", quello con i primi pedali e la ruota grande anteriore, per capirci. In particolare, una vignetta del Federal Republican and Baltimore Telegraph parla nel 1819 di un nuovo strampalato mezzo a due ruote trainato da gente un po' sciocca, invece che dai cavalli come accadeva solitamente.
La vignetta [nella foto - ndr], opera di Charles Williams, mostra un ciclista colpito alle spalle (o meglio al deretano!) da un forcone, e un altro gettato a terra e vistosamente maltrattato. In un particolare della raffigurazione, tra l'altro, viene mostrato un segnale stradale che indica la città di Coventry che, per una strana coincidenza, ha rappresentato dal 1870 in poi il cuore dell'industria ciclistica britannica.
Tale iniziale diffidenza, per meglio dire presa di mira, nei confronti del nuovo umile mezzo, risiedeva secondo alcuni nel timore da parte di gruppi di pochi abbienti legati al commercio dei cavalli, che vedevano nella diffusione della bicicletta una minaccia al proliferare dei loro affari.
La situazione di duecento anni fa, insomma, non era molto dissimile da quella che viviamo oggigiorno, in cui l'influenza delle case automobilistiche, in piena sinergia tra loro, tende a sfavorire le politiche per la ciclabilità malgrado la bicicletta sia oggettivamente riconosciuto il mezzo di trasporto più ecologico, sostenibile, economico, e in alcuni contesti urbani addirittura il più veloce.
di Alessandro Micozzi - www.amicoinviaggio.it
Fonte: Fiab onlus
Il rapporto, che prende in esame come migliorare la sicurezza dei pedoni, è stato preparato da un gruppo di lavoro di esperti del trasporto e da urbanisti provenienti da 19 paesi.
Secondo la ricerca, riducendo la velocità da 50 km/h fino a 30 km/h si potrebbe ridurre il rischio di morte dei pedoni dell'80%. Si indicano quindi velocità più basse come la chiave per migliorare la sicurezza dei pedoni.
"I pedoni sono tra gli utenti della strada più vulnerabili" spiega Véronique Feypell de la Beaumell, esperta ITF di sicurezza stradale.
Si stima che i pedoni costituiscano un terzo dei morti per incidenti stradali a livello mondiale, con oltre 400.000 decessi registrati ogni anno.
"E 'diventato veramente difficile, soprattutto per le persone anziane e i bambini, fronteggiare le complesse ed ostili condizioni del traffico che caratterizzano le città", aggiunge la Beaumell.
Altre raccomandazioni formulate nella relazione suggeriscono la creazione di incentivi per i dipendenti che si recano al lavoro a piedi e o in bicicletta, sviluppando aree libere dal traffico e dando più spazio al traffico non motorizzato nei centri urbani.
Secondo l'esperto di mobilità urbana dell'ECF, Martti Tulenheimo, l'attuazione di Zone 30 potrebbe aumentare drasticamente il numero di persone che si muove in bicicletta.
"Le Zone 30 possono possono svolgere un ruolo importante in una città ciclabile. Se vengono create come parte integrante della rete ciclabile, rendono più sicuro l'uso della bicicletta e aumentano la percezione di sicurezza dei ciclisti. Se le persone si sentono sicure, andranno in bici più spesso", spiega Tulenheimo.
E aggiunge: "In fin dei conti, non è questione di andare in bici o a piedi. Si tratta di riuscire a vivere e respirare in città dove non ci si deve sentire minacciati dal traffico. Tutte le città dovrebbero essere fatte per le persone".
Il rapporto si basa anche su una una raccomandazione ufficiale del Parlamento Europeo di creare Zone 30 Km/h in tutte le aree urbane e residenziali dell'Europa.
Una copia del rapporto la trovate qui (PDF) oppure qui
Articolo di Julian Ferguson, Communications Officer di ECF (European Cyclists' Federation), la Federazione Europea dei Ciclisti di cui FIAB fa parte.
L'articolo originale in inglese qui.
Fonte: fiab-onlus
PROMOSSE DA SALVACICLISTI E DA FIAB
OMICIDIO VOLONTARIO PER CHI INVESTE E AMMAZZA PEDONI E CICLISTI
A seguito del tragico incidente dello scorso 11 novembre in cui ha perso la vita una giovane scout di 17 anni, travolta e uccisa da un SUV piombato a folle velocità mentre partecipava ad un'uscita in bicicletta nel Lodigiano, manifestazioni silenziose di protesta sono previste in tutta Italia. Il grido è "BASTA!" con le
stragi di ciclisti sulle strade italiane.
Venerdì 16 novembre, su iniziativa del movimento Salvaiciclisti, cui aderisce anche la FIAB, pedalate e flash-mob in molte città italiane. Domenica 18, a cura di FIAB Lombardia, invece, tre cortei in bicicletta partiranno da Melegnano, Paullo e Lodi per convergere a Casalmaiocco all'incrocio teatro del tragico evento.
L'assassinio di A.T. domenica scorsa ha scosso la coscienza di molte persone, i giornali hanno dedicato ampio spazio alla vicenda della sua morte e hanno sollevato molti interrogativi che però rischiano di rimanere senza risposta.
La classe politica che ci amministra e che si candida a governarci per i prossimi anni, invece, continua a fare finta di niente rifiutandosi non solo di ammettere le proprie responsabilità per le condizioni di totale insicurezza in cui vertono le nostre strade, ma anche di prendere in considerazione l'ipotesi di un benché minimo cambiamento futuro.
Il loro silenzio è immorale e complice e non può più essere tollerato ulteriormente.
Venerdì 16 novembre ci ritroveremo nelle piazze di tutta Italia per rompere il silenzio, per chiedere che le politiche per la prevenzione siano attuate oggi e non attraverso roboanti proclami vuoti di significato.
Venerdì sera ricorderemo Altea e tutte le altre vittime della strada, ma non manifesteremo per Altea, manifesteremo per noi stessi, per il diritto alla vita nostra e dei nostri cari.
Di seguito trovate l'elenco (in ordine alfabetico per città) degli appuntamenti confermati fino a questo momento.
Siete pregati di segnalare eventuali mancanze lasciando un commento qui sotto.
ALESSANDRIA: piazza della Libertà, lato Prefettura, ore 18:30
AREZZO: Via Calamandrei ore 18,30
BARI: Piazza Del Ferrarese, ore 19
BOLOGNA: Piazza Maggiore ore 20:30
BRESCIA: Piazza Tebaldo Brusato, ore 19:00
BRINDISI: Piazza Crispi, ore 20:30
CAGLIARI: Piazza Giovanni XXIII, Ore 21:00
CATANIA: Piazza Duomo, Ore 21:30
CESENA: Viale Bovio (di fronte al palazzo della Confartigianto), Ore 18:30
CHIERI: Via Palazzo di Città, ingresso Municipio, ore 19
CREMONA: palazzo Cittanova ore 19.00
FIRENZE: Piazza Della Ss Annunziata, Ore 18:30
GENOVA: Via Garibaldi, ore 18:00
IVREA: Torre di Santo Stefano, ore 18.30
LECCE: Porta Napoli, ore 21:30
LECCO: Piazza della Stazione, ore 19:00
MANTOVA: Piazza Mantegna, ore 19:00
MILANO: Via Solari, Ore 19:00
NAPOLI: Piazza Del Gesù, Ore 18.30
PAVIA: Piazza Leonardo da Vinci, ore 21.00
PESCARA: Piazza della bicicletta, Madonnina del porto ore 18,30
PINEROLO: davanti al Municipio, ore 20.30
PISA: piazza XX Settembre, ore 19:00
REGGIO EMILIA: piazza Prampolini, ore 19:00
ROMA: Via dei Fori Imperiali, Palo 27, ore 19:00
TORINO: Piazza Castello, ore 21.30
TRIESTE: Piazza Borsa, Ore 19:00
VICENZA: Piazza dei Signori, ore 18:30
Per DOMENICA 18 NOVEMBRE 2012 la FIAB ha organizzato una biciclettata commemorativa con partenze da Melegnano, Paullo e Lodi a Casalamaiocco, luogo dell'incidente di A.T.
Fonti: Fiab, salvaciclisti
Il libro di Penn è un omaggio a tutti i patologici appassionati delle due ruote, un sogno nero su bianco a beneficio di ogni feticismo ciclistico. Senza vergogna. Il libro racconta il viaggio alla ricerca di un amore forse impossibile: la bicicletta dei sogni. Il giornalista inglese gira il mondo per scovare i componenti migliori e assemblare la bici da sempre desiderata, il distillato meccanico di un sogno. E già che c'è racconta la storia e l'evoluzione di ognuno di essi, chiacchierando con i produttori e i fabbricanti, riflettendo su materiali, forme, evoluzione, cultura e scienza della bicicletta. Mezzo che ha segnato il corso della storia dell'uomo da "cavallo della gente comune" a strumento di emancipazione della donna, fino al fascino immortale di Giro d'Italia e Tour de France. Una scorpacciata e tanta invidia per Robert Penn.
Titolo: Ciò che conta è la bicicletta
Autore: Robert Penn
Editore: Ponte alle Grazie
Prezzo di copertina: 14,00 €
Egregio Ministro,
chi va al lavoro in bicicletta in Italia non è tutelato in caso di infortunio in itinere tra casa e ufficio. Anzi la normativa sugli infortuni in itinere penalizza, se non discrimina, chi usa la bicicletta per andare al lavoro.
Il Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 che disciplina gli infortuni sul lavoro, nei casi di infortunio in itinere (art. 12), copre il dipendente solo se il tragitto casa-lavoro è percorso a piedi o con i mezzi pubblici. Il Decreto non riconosce, invece, l'infortunio avvenuto con mezzi privati, vale a dire in macchina, in moto o in bici salvo che il lavoratore dimostri che "l'uso è stato necessitato" (es. assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto, non percorribilità del tragitto a piedi). In particolare, poi, l'Inail con una recente circolare sugli infortuni in itinere, occorsi utilizzando la bicicletta privata o quella dei servizi di bike-sharing, ha chiarito che al lavoratore viene riconosciuta la tutela solo se l'infortunio avviene su pista ciclabile o zona interdetta al traffico.
Le nostre città, nonostante gli sforzi fatti negli ultimi anni dalle pubbliche amministrazioni, per la creazione di piste ciclabili non sono ancora a misura di ciclista. Molto deve ancora essere fatto e in un periodo di ristrettezza di risorse non è facile. Nonostante questo il bike-sharing, da Bari a Milano, è esploso nelle grandi città ed è utilizzato soprattutto da lavoratori per gli spostamenti verso i luoghi di lavoro privi di piste ciclabili. Com'è possibile negare ancora la tutela a chi meritoriamente sceglie di andare al lavoro in bicicletta?
Il Presidente del Consiglio Mario Monti ha pubblicamente invitato il movimento #Salvaiciclisti, al cui manifesto la Regione Puglia ha aderito, a proseguire il proprio impegno "per attirare l'attenzione su quanto si può fare a tutti i livelli per migliorare le condizioni di mobilità di chi usa la bicicletta per muoversi in città". La tutela in caso di infortunio in itinere è un tema che come Governo è possibile concretamente aggredire, come già sollecitato qualche anno fa dalla stessa FIAB.
Le richiediamo un intervento legislativo che modifichi la tutela INAIL estendendola, senza condizioni, al lavoratore che usa la bicicletta per raggiungere il luogo di lavoro o che quanto meno l'ente previdenziale intervenga con un'interpretazione estensiva della tutela fornita dall'articolo 12.
Con viva fiducia
Guglielmo Minervini
Firma la petizione
In data 18/4/2012 la IX Commissione Trasporti della Camera ha effettuato un’audizione ai rappresentanti FIAB (Federazione italiana amici della bicicletta) ed ai rappresentanti del Movimento “Salvaiciclisti” sulle proposte di legge C. 4662 Valducci e abbinate recanti “Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”.
L’audizione, richiesta per tempo da FIAB, è stata accordata con interesse; come confermato dal Presidente, on. Mario Valducci, che ha ribadito che la FIAB ed i ciclisti sono stati tra i pochi soggetti convocati, tenendo fede ad un impegno preso nel luglio 2009. In quell’occasione (modifiche al CdS nella commissione in sede deliberante) specifici emendamenti da noi suggeriti e presentati dagli on. Motta e Bratti erano stati ritirati e trasformati in odg di impegno al governo da essere affrontati in occasione di una riforma più organica.
Per FIAB introduce ed apre gli interventi Edoardo Galatola, responsabile sicurezza FIAB che ha curato i contatti intercorsi. Galatola parla a nome di FIAB e dei ciclisti, ma rappresenta la posizione anche dei pedoni, in particolare di Cammina Città e quindi si riferisce a tutta la mobilità sostenibile. Nell’intervento parte da alcune considerazioni, suffragate da analisi statistiche. Andare in bici non è pericoloso, o quanto meno non lo è molto di più dell’andare a piedi. Il rischio per pedoni e ciclisti è l’investimento da parte dei veicoli a motore, in particolare delle quattro ruote. La statistica incidentale degli ultimi dieci anni mostra una riduzione dei morti tra ciclisti e pedoni, ma non sufficiente a raggiungere gli obiettivi di dimezzamento decennale richiesti dal terzo programma quadro europeo. Anche l’elevata incidentalità nei nostri centri urbani ci contraddistingue in negativo rispetto agli altri paesi della CE e comporta una priorità d’azione verso l’utenza debole e non motorizzata in particolare. Prima di arrivare alle proposte ricorda, comunque, che i principali inteventi per la sicurezza dei ciclisti sono l’aumento dei ciclisti stessi (safety in numbers) e la moderazione del traffico che deve integrarsi con la creazione di itinerari protetti in sede propria.
Intervenire sul Codice è necessario perché, in linea con il dettato dell’art. 1 del Codice stesso, vanno messe in atto norme che vadano nella direzione della mobilità sostenibile, mirate sulle esigenze di pedoni e ciclisti, mentre il Codice della Strada, ancora poco attento sull’argomento, parla ancora arcaicamente di “velocipedisti”. Ricordando gli impegni presi dalla Commissione trasporti, gli odg vincolanti per il governo e le numerose proposte di legge presentate, vengono quindi illustrate le nostre richieste:
Un pacchetto organico di modifiche ed integrazioni del Codice della Strada mirate alle effettive esigenze di ciclisti e pedoni
Il riconoscimento della bicicletta da parte dell’INAIL come mezzo di trasporto equiparato a TPL e spostamento a piedi per l’infortunio in itinere
L’obbligatorietà della raccolta dati sulla mobilità, come chiesto da EPOMM, da parte delle Amministrazioni locali
L’adozione di un Piano Nazionale della Mobilità Ciclistica e l’istituzione di un Servizio Nazionale della Mobilità Ciclistica
Analoghi interventi per la mobilità pedonale
L’obbligatorietà della redazione di Piani della Sicurezza Stradale per le Amministrazioni locali e l’istituzione di un’authority per la verifica degli stessi
L’individuazione delle modalità di finanziamento della mobilità sostenibile (L. 366/98 e altre proposte)
Inserire le opere per la mobilità ciclistica e pedonale tra gli oneri di urbanizzazione secondaria
Individuare i proventi per effettuare campagne di sensibilizzazione e promozione della mobilità sostenibile
Fare attività di monitoraggio, verifica ed attuazione dei principi contenuti nell’art. 191 evidenziando la precedenza dei pedoni
Fornire a tutte le amministrazioni locali strumenti per la conoscenza dell’incidentalità sia debole che a quattro ruote, per aggiornare le politiche della sicurezza (vedi Osservatorio utenza debole)
Segue Enrico Chiarini, responsabile gruppo tecnico FIAB, che approfondisce le richieste puntuali sul Codice della Strada. Le proposte, elencate nella documentazione fornita, vertono su ben 37 argomenti del Codice stesso, ma ne vengono illustrati i principali ed in particolare:
Controsenso ciclabile à art. 6 CDS – art.135 REG
Segnali di indicazione ciclistica à art. 39 CDS – art.78 ss. REG
Linea di arresto avanzata per le biciclette à art. 40 CDS – art. 144 REG
Modalità di attraversamento delle intersezioni semaforizzate à art. 41 CDS
Formazione, ruolo FIAB nelle attività di formazione scolastica à art. 230 CDS
Paolo Bellino, quindi, in rappresentanza di #salvaiciclisti, interviene con alcune considerazioni, sul problema del rischiare la vita ogni giorno, sul mancato riconoscimento del proprio diritto alla strada; indica una soglia critica del 15% di utenti stradali che scelgono la bicicletta come necessaria per far cambiare in meglio la vita nelle città italiane. Ricorda infine la manifestazione del 28 a Roma.
Il Presidente Mario Valducci, nel confermare il personale interesse ai temi della mobilità sostenibile e nell’intenzione di concludere nel corso dell’attuale legislatura una riforma organica del Codice, ribadisce l’impegno preso 3 anni fa con le nostre richieste e con la loro traduzione avvenuta da parte dell’on. Carmen Motta. Ricorda l’inasprimento richiesto (8 punti patente) per gli automobilisti che non rispettano la precedenza alle strisce pedonali. Apre quindi il dibattito.
L’on. Vincenzo Garofalo si riferisce alla responsabilità nell’attuazione dei principi di mobilità sostenibile da parte degli enti locali.
L’on. Settimo Nizzi, ex sindaco di Olbia, invita la commissione a far pressione sui comandi delle polizie municipali e ricorda di aver fatto realizzare una pista ciclabile di 5 km coperta da pannelli solari tra Olbia ed il mare. Osserva che sanzioni troppo severe possono portare a non farle applicare.
Interviene quindi l’on. Carmen Motta, che non è membro della Commissione Trasporti, ma che ha voluto ugualmente partecipare per testimoniare il proprio impegno in merito. Nel ricordare anche Lei l’impegno assunto dalla Presidenza della Commissione, sottolinea la rilevanza del problema della mobilità sostenibile, che non riguarda la tutela dell’interesse di pochi, ma rappresenta un cambiamento epocale della società. Sottolinea l’importanza anche simbolica del riconoscimento dell'incidente in itinere.
L’on. Silvia Velo, vicepresidente della commissione, fa notare come gli interventi legislativi finora non siano stati efficaci e propone di verificare l'attuazione di leggi già esistenti.
L’on. Mario Lovelli chiede, in caso di tempo limitato prima della fine legislatura, se ci siano delle priorità e dei punti qualificanti.
Enrico Chiarini sottolinea i cinque punti evidenziati nella presentazione delle modifiche proposte del Codice.
Edoardo Galatola replica prima di tutto ringraziando per l’impegno mantenuto dal Presidente Valducci e concretizzato con l’invito odierno, confidando che tutto ciò si traduca in un’azione concreta. Ricorda l’importanza di dar seguito alla richiesta sull’infortunio in itinere e sulla necessità di privilegiare gli interventi di pianificazione (piani sicurezza, dati mobilità, piani mobilità, authority) in modo che si possa ripartire immediatamente e concretamente anche nella legislazione seguente.
Valerio Parigi (FIAB/#salvaciclisti) ricorda l’importanza delle zone ad alta moderazione presenti in altri Paesi tra cui l’amata Germania.
Quindi Marco Pierfranceschi (#salvaciclisti) ricorda l’importanza di mettere in sicurezza le strade e sottolinea il problema delle morti in bici. Infine Massimiliano Baccanico (#salvaciclisti) interviene in generale sulle norme del codice esistenti, sugli incentivi per la bicicletta e sul rispetto delle regole.
È interessante notare che invece dei 45 minuti previsti, per l’interesse manifestato sull’argomento, la durata si è prolungata tra interventi e repliche per 1 ora e 15 minuti.
L’audizione viene chiusa con l’auspicio di una veloce concretizzazione di quanto discusso.
FIAB Proposte di modifica normativa in materia di mobilità ciclistica 18-04-2012
Comunicato Stampa
Fonte: http://www.fiab-onlus.it/
La prima manifestazione organizzata dal movimento salvaiciclisti, nato su twitter dopo l’ennesima morte in strada di un ciclista, è stata senza dubbio un successo. In cinquantamila si sono ritrovati a Roma per riaffermare di essere cittadini in bici, chiedendo un impegno concreto alla politica per un'altra mobilità su strada, pulita e sicura.
La prima manifestazione organizzata dal movimento salvaiciclisti, nato su twitter dopo l’ennesima morte in strada di un ciclista, è stata senza dubbio un successo. In cinquantamila si sono ritrovati a Roma per riaffermare di essere cittadini in bici, chiedendo un impegno concreto alla politica per un'altra mobilità su strada, pulita e sicura.
Ancora una volta sono i social network a dare vita ad un movimento concreto, in carne e ossa e… pedali. L’hastag #salvaiciclisti si materializza a Roma per la manifestazione nazionale, o meglio bicifestazione per richiamare l’attenzione sul tema della sicurezza su strada e della mobilità sostenibile, ma la manifestazione si spinge molto più in là, chiedendo, nei vari reportage televisivi della sera e nel corso degli interventi nella giornata, un modello di sviluppo diverso da quello attuale, caratterizzato da auto, benzina e inquinamento.
Nata con mille difficoltà dovute ai permessi, i ciclisti mobilitati hanno invaso Roma con il colore e la creatività che accompagna una filosofia di vita, che accumuna sempre più persone.
“Noi non siamo ciclisti, ma cittadini in bici.” La voce che si alza dal palco della manifestazione del 28 aprile, sotto intendendo la richiesta seria di impegno da parte della politica per sviluppare una mobilità altra, amica dell’ambiente e dei cittadini in bici, che vivono la viabilità urbana con pericolo e con dati inquietanti dal punto di vista delle morti sulle due ruote: negli ultimi dieci anni 2.556 ciclisti sono morti su strada
Il movimento è gemello dell’iniziativa Cities fit for cyclists del Times, nata dopo la morte di una giornalista in bici a Londra. In Italia si è sviluppato su twitter ed è diventato un movimento di opinione che ha coinvolto mass media e istituzioni in tutto il Paese.
Mai slogan è stato più giusto e di buon auspicio: L'Italia cambia strada
Tutto quello che serve agli appassionati delle due ruote, punti vendita, assistenza, riparazioni e abbigliamento.