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Lunedì, 14 Gennaio 2013 10:47

Odio verso i ciclisti, oggi come duecento anni fa

Un articolo comparso [qualche mese fa - ndr] sul sito Fiab, firmato da Valerio Parigi, a proposito dell'"odio", o più morbidamente conflittualità, nei confronti dei ciclisti, potrebbe essere lo spunto per rintracciare qualche vecchia testimonianza storica di questo, apparentemente ingiustificato, sentimento di avversione verso gli utilizzatori della bicicletta.

Piccola premessa: l'argomento, posto in questa chiave, di conflittualità appunto, è stato molto battuto nei mesi scorsi da diverse e importanti testate giornalistiche, nazionali e internazionali, probabilmente perché giudicato vincente sotto il punto di vista mediatico. Comunemente infatti, si è soliti schierarsi dalla parte di una o l'altra categoria, in questo caso di utenti della strada (ma l'abitudine vige anche in altri ambiti della società), dimenticando che spesso tali categorie coincidono.

Tempo fa il Corriere della Sera aveva definito #salvaiciclisti come la campagna "che fa arrabbiare anche i pedoni", mentre la BBC, più recentemente, ha titolato un programma, trasmesso in prima serata, "La guerra sulle strade della Gran Bretagna", contrapponendo tra loro ciclisti e automobilisti. Il titolo, così come il programma, ovviamente non è piaciuto, perché secondo molti semplicistico e sensazionalistico. Ma come ha saggiamente sottolineato Kaya Burgess, una delle voci più rappresentative della campagna inglese #cyclesafe, questa "guerra" non ha senso di esistere. Il 90% di coloro che usano la bicicletta abitualmente, infatti, ha la patente, chi invece va solitamente in auto, è certamente anche un pedone, quanto meno nel tragitto che lo porta dal parcheggio a destinazione (e vista oggi la difficoltà di trovare un posto libero in città, immaginiamo debba essere pedone per diverse centinaia di metri).

In un successivo e lapidario tweet, lo stesso Kaya Burgess ha poi tuonato: "chi dice che tutti i ciclisti sono indisciplinati e che tutti gli automobilisti sono degli assassini merita di essere snobbato e di non ricevere risposta". Posizione forse democristiana e un po' buonista? Nient'affatto, anzi piuttosto realista. Nella migliore delle ipotesi infatti, prendiamo il caso di Copenaghen, capitale della Danimarca e città bike friendly per antonomasia, si sposta in bicicletta circa il 30% dei cittadini, seguito da una quota quasi uguale di coloro che utilizzano l'automobile, e una minoranza che invece si muove a piedi o con il trasporto pubblico.

E' per questo che almeno per il breve periodo, ciò a cui si può, e certamente si deve ambire, è una pacifica convivenza sulle strade, con buona pace di chi vorrebbe veder scomparire tutti i ciclisti e chi bruciare tutte le automobili in circolazione.

Ma veniamo alle testimonianze. Le prime polemiche, allora sotto forma di ridicolizzazione, nei confronti dei ciclisti, sono state espresse praticamente fin dalla nascita della bicicletta stessa, attraverso alcune vignette dei primi anni del 1800. Si intenda per bicicletta la "draisina", sviluppata intorno al 1817, ben quarant'anni prima del "velocipede", quello con i primi pedali e la ruota grande anteriore, per capirci. In particolare, una vignetta del Federal Republican and Baltimore Telegraph parla nel 1819 di un nuovo strampalato mezzo a due ruote trainato da gente un po' sciocca, invece che dai cavalli come accadeva solitamente.

La vignetta [nella foto - ndr], opera di Charles Williams, mostra un ciclista colpito alle spalle (o meglio al deretano!) da un forcone, e un altro gettato a terra e vistosamente maltrattato. In un particolare della raffigurazione, tra l'altro, viene mostrato un segnale stradale che indica la città di Coventry che, per una strana coincidenza, ha rappresentato dal 1870 in poi il cuore dell'industria ciclistica britannica.

Tale iniziale diffidenza, per meglio dire presa di mira, nei confronti del nuovo umile mezzo, risiedeva secondo alcuni nel timore da parte di gruppi di pochi abbienti legati al commercio dei cavalli, che vedevano nella diffusione della bicicletta una minaccia al proliferare dei loro affari.

La situazione di duecento anni fa, insomma, non era molto dissimile da quella che viviamo oggigiorno, in cui l'influenza delle case automobilistiche, in piena sinergia tra loro, tende a sfavorire le politiche per la ciclabilità malgrado la bicicletta sia oggettivamente riconosciuto il mezzo di trasporto più ecologico, sostenibile, economico, e in alcuni contesti urbani addirittura il più veloce.

di Alessandro Micozzi - www.amicoinviaggio.it

Fonte: Fiab onlus

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Argomento trattato:
Venerdì, 16 Novembre 2012 11:33

“BASTA!” CON LE STRAGI DI CICLISTI

MANIFESTAZIONI DI PROTESTA IN TUTTA ITALIA

 

PROMOSSE DA SALVACICLISTI E DA FIAB

OMICIDIO VOLONTARIO PER CHI INVESTE E AMMAZZA PEDONI E CICLISTI

A seguito del tragico incidente dello scorso 11 novembre in cui ha perso la vita una giovane scout di 17 anni, travolta e uccisa da un SUV piombato a folle velocità mentre partecipava ad un'uscita in bicicletta nel Lodigiano, manifestazioni silenziose di protesta sono previste in tutta Italia. Il grido è "BASTA!" con le

stragi di ciclisti sulle strade italiane.

Venerdì 16 novembre, su iniziativa del movimento Salvaiciclisti, cui aderisce anche la FIAB, pedalate e flash-mob in molte città italiane. Domenica 18, a cura di FIAB Lombardia, invece, tre cortei in bicicletta partiranno da Melegnano, Paullo e Lodi per convergere a Casalmaiocco all'incrocio teatro del tragico evento.

L'assassinio di A.T. domenica scorsa ha scosso la coscienza di molte persone, i giornali hanno dedicato ampio spazio alla vicenda della sua morte e hanno sollevato molti interrogativi che però rischiano di rimanere senza risposta.

La classe politica che ci amministra e che si candida a governarci per i prossimi anni, invece, continua a fare finta di niente rifiutandosi non solo di ammettere le proprie responsabilità per le condizioni di totale insicurezza in cui vertono le nostre strade, ma anche di prendere in considerazione l'ipotesi di un benché minimo cambiamento futuro.

Il loro silenzio è immorale e complice e non può più essere tollerato ulteriormente.

Venerdì 16 novembre ci ritroveremo nelle piazze di tutta Italia per rompere il silenzio, per chiedere che le politiche per la prevenzione siano attuate oggi e non attraverso roboanti proclami vuoti di significato.

Venerdì sera ricorderemo Altea e tutte le altre vittime della strada, ma non manifesteremo per Altea, manifesteremo per noi stessi, per il diritto alla vita nostra e dei nostri cari.

Di seguito trovate l'elenco (in ordine alfabetico per città) degli appuntamenti confermati fino a questo momento.

Siete pregati di segnalare eventuali mancanze lasciando un commento qui sotto.

ALESSANDRIA: piazza della Libertà, lato Prefettura, ore 18:30

AREZZO: Via Calamandrei ore 18,30

BARI: Piazza Del Ferrarese, ore 19

BOLOGNA: Piazza Maggiore ore 20:30

BRESCIA: Piazza Tebaldo Brusato, ore 19:00

BRINDISI: Piazza Crispi, ore 20:30

CAGLIARI: Piazza Giovanni XXIII, Ore 21:00

CATANIA: Piazza Duomo, Ore 21:30

CESENA: Viale Bovio (di fronte al palazzo della Confartigianto), Ore 18:30

CHIERI: Via Palazzo di Città, ingresso Municipio, ore 19

CREMONA: palazzo Cittanova ore 19.00

FIRENZE: Piazza Della Ss Annunziata, Ore 18:30

GENOVA: Via Garibaldi, ore 18:00

IVREA: Torre di Santo Stefano, ore 18.30

LECCE: Porta Napoli, ore 21:30

LECCO: Piazza della Stazione, ore 19:00

MANTOVA: Piazza Mantegna, ore 19:00

MILANO: Via Solari, Ore 19:00

NAPOLI: Piazza Del Gesù, Ore 18.30

PAVIA: Piazza Leonardo da Vinci, ore 21.00

PESCARA: Piazza della bicicletta, Madonnina del porto ore 18,30

PINEROLO: davanti al Municipio, ore 20.30

PISA: piazza XX Settembre, ore 19:00

REGGIO EMILIA: piazza Prampolini, ore 19:00

ROMA: Via dei Fori Imperiali, Palo 27, ore 19:00

TORINO: Piazza Castello, ore 21.30

TRIESTE: Piazza Borsa, Ore 19:00

VICENZA: Piazza dei Signori, ore 18:30

Per DOMENICA 18 NOVEMBRE 2012 la FIAB ha organizzato una biciclettata commemorativa con partenze da Melegnano, Paullo e Lodi a Casalamaiocco, luogo dell'incidente di A.T.

Fonti: Fiab, salvaciclisti

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Torino, Roma, Napoli, Milano, Catania, Pavia, Bologna: sono solo le prime delle città italiane in cui i ciclisti urbani stanno organizzando una manifestazione per dire «Ora basta morti in strada». L'iniziativa nasce in seguito al terribile scontro che ha ucciso la diciassettenne lodigiana Altea travolta da un Suv ad altissima velocità mentre era in gita con il suo gruppo scout, domenica scorsa. L'iniziativa si sta diffondendo su Facebook, e in ogni città aderente i gruppi di cicloattivisti stanno ragionando su come svolgere la biciclettata, prevista per venerdì prossimo a partire dalle 19.

 

Il tam tam è partito ieri sui social network e sta crescendo di ora in ora. Complice anche il risalto della reazione di diverse realtà, dall'Associazione nazionale familiari vittime della strada alla Federazione amici della bicicletta, dopo la pubblicazione della lettera del movimento #salvaiciclisti al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il movimento, proprio oggi, ha anche scritto alle ambasciate di Gran Bretagna, Olanda e Danimarca chiedendo supporto nei confronti del governo italiano perché prenda urgentemente misure concrete per fermare le stragi stradali. Finora, a quanto si apprende, ha risposto positivamente l'ambasciata britannica.

A Torino, l'appuntamento è in programma alle 21.30 a partire da piazza Castello, con la partecipazione già annunciata dei pattinatori "Urban Rollers" e di altri utenti della strada sostenibili. A Roma l'appuntamento è per le 19 a via dei Fori imperiali, luogo simbolico per i ciclisti della capitale dopo la morte di una loro amica, Eva Bohdalova, uccisa da un'automobile 3 anni fa e oggi punto di concentramento per ogni iniziativa cicloattivista della capitale. A Milano si sta pensando di creare molte piccole squadre per la creazione di improvvisi flash mob in giro per la città. A Napoli la coincidenza con la partenza della locale "Critical Mass" favorisce l'usuale situazionismo che caratterizza quella particolare biciclettata, che in questo caso verrà dedicata alla ragazza uccisa. A Catania la partenza sarà da piazza Duomo, alle 21,30. Altri appuntamenti sono in programma a Bologna, Pavia e Lecce.

Alla manifestazione aderisce anche Legambiente. «Qualunque sia la causa che determina un incidente è la velocità a determinarne l'esito - sottolinea in una nota Legambiente - Se uno al volante si distrae a 20 all'ora al massimo provoca lividi ed escoriazioni, se si distrae a 50 all'ora uccide un pedone o un ciclista 7 volte su 10. Se davvero gli amministratori pubblici vogliono aumentare la sicurezza degli utenti della strada bisogna immediatamente ridurre la velocità a 30 kmh nei centri abitati con esclusione delle principali arterie di scorrimento. E su tutte le altre arterie - conclude la nota - bisogna utilizzare la tolleranza zero e prevedere sanzioni pesanti per la guida pericolosa, cominciando a far funzionare da subito la patente a punti».

Fonte: La Stampa - Articolo di ROBERTO GIOVANNINI

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Il caschetto di solito per un ciclista è una mezza assicurazione sulla vita perché si sa che in caso di incidente può proteggere il cranio da colpi violenti. Purtroppo però non è sempre sufficiente, e soprattutto evita traumi gravi, ma non evita l'incidente stesso. Un inventore decisamente fantasioso, l'americano Arlene Ducao, ha invece realizzato un super caschetto con una tecnologia degna delle auto di ultima generazione.

 

Prima di tutto, può evitare che il ciclista si distragga o cada per un colpo di sonno. Sinceramente non penso che sia possibile avere un colpo di sonno su una bici, ma è sempre meglio equipaggiarsi. Il suo elmetto è capace quasi di leggere nel pensiero. In pratica utilizza uno strumento che effettua un encefalogramma le cui valutazioni vengono poi proiettate su un display a LED integrato. Un Arduino, radio bluetooth, una striscia di luce a LED, 3 transistor, e una batteria da 9V completano l'equipaggiamento.

Quando la lucina che compare è verde, vuol dire che il ciclista è ben concentrato sulla guida. Quando si ha un colpo di sonno o non si è molto concentrati, la lucina diventa rossa. Quando invece si è molto ansiosi e si va nel panico le luci diventano rosse e lampeggiano. Ma non finisce qui.

Questo splendido ritrovato della tecnologia, denominato ICEdot, contiene anche un rilevatore sensore di impatto. Nel malaugurato caso in cui nemmeno con gli avvertimenti si è riusciti ad evitare l'incidente, il sensore rileva l'impatto e dopo un certo lasso di tempo invia allo smartphone, su cui era stata scaricata l'applicazione, il comando di avvertire le autorità. Sfruttando il rilevatore GPS del telefonino infatti, i soccorsi possono arrivare sul posto preciso dell'incidente e magari salvare la vita al ciclista. Insomma, il caschetto non riuscirà ad evitare gli incidenti, ma magari le conseguenze negative sì.

Fonte: ecologiae.com

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Lombardia. Le piste ciclabili in Italia spesso sono realizzate male. Ad es. i cartelli in mezzo alle piste ciclabili, non a ridosso di incroci, sono sostanzialmente inutili anzi pericolosi per i ciclisti. L'associazione FIAB lodigiana è ripetutamente intervenuta per denunciare il fatto. I ciclisti intanto sbattono contro i cartelli, tanto quanto contro l'ottusità e la superficialità delle Amministrazioni.

 

Gentile Direttore, ci permetta di ritornare sul problema dei molti cartelli che interrompono i flussi dei ciclisti sulle piste ciclabili lodigiane.

Abbiamo infatti ricevuto la lettera con cui la Provincia di Lodi, nello specifico il Responsabile dell'U.O. strade Sergio Dossena e l'Assessore Nancy Capezzera, ci ha comunicato di non accogliere la nostra richiesta di eliminare tutti quei cartelli piazzati in mezzo alle piste e che, non essendo a ridosso di incroci con strade trafficate, sono sostanzialmente inutili anzi pericolosi per i ciclisti. Sulle questioni tecniche, sul perché riteniamo che sia preferibile, anche dal punto di vista della sicurezza generale del traffico, rimuovere i cartelli installati nel mezzo delle piste in corrispondenza di passi carrai e strade poco trafficate (e in qualche caso ancora accessi agricoli o fossati con acqua), risponderemo un'altra volta.

Vogliamo qui segnalare un passaggio della risposta ricevuta dalla Provincia, che da l'idea della superficialità con cui questa questione è affrontata: fra gli argomenti a sostegno della scelta di piazzare i cartelli in mezzo alle piste ciclopedonali lodigiane, si scrive: "la scelta operata ha causato, lungo tutta la rete ciclopedonale provinciale, pochi sporadici episodi di lieve collisione causati il più delle volte dalla scarsa attenzione del ciclista e dal mancato rispetto dei disposti contenuti nel Dlgsl 285/92 "Nuovo Codice della Strada" e applicati anche lungo tutto il percorso in parola".

La prima cosa che viene da chiedersi è cosa intendano Dossena e Capezzera per "pochi e sporadici episodi di lieve collisione". Un paio di incidenti senza fratture? Cinque incidenti con alcune fratture e altre collisioni? Dieci o cinquanta incidenti? Il buon senso farebbe pensare che intendano meno di cinque incidenti, per lo più di contusioni e al massimo una frattura non grave. In tutto, non ogni anno; altrimenti saremmo a una cinquantina di incidenti da quando è nata la rete ciclabile provinciale.

La seconda cosa che viene da chiedersi è come facciano a sapere quanti sono le persone che si sono fatte male sbattendo contro i cartelli delle ciclabili. Hanno fatto un sondaggio? Un'indagine presso i Pronto Soccorso e gli ospedali della Provincia? Si basano sulla rassegna stampa del Cittadino? E se un ciclista si fa male lontano da un giornalista e si cura a casa le ferite, non viene conteggiato? Deve quindi telefonare in Provincia per avvisare se si fa male?

L'impressione che abbiamo avuto leggendo quella frase è che in Provincia non ci sia un sistema di rilevamento degli incidenti, e che chi fa quelle affermazioni non sa di cosa sta parlando, non ha le informazioni necessarie. Il motivo per cui Ciclodi-FIAB da anni protesta per la pericolosità dei cartelli (proteste definite "innumerevoli e poco motivate segnalazioni degli anni passati" nella risposta) è che gli incidenti di ciclisti che sbattono contro i cartelli non sono stati pochi, neppure sporadici, ma tanti, una costante di ogni anno. Anche incidenti gravi, con fratture serie che hanno comportato operazioni.

Non sappiamo se la Provincia è a conoscenza che i cartelli della nuova pista ciclopedonale Lodi Boffalora, inaugurata pochi mesi fa, sono già stati battezzati, da una signora di Boffalora D'Adda, che è caduta e terra.

L'ultimo incidente serio sulle piste lodigiane è avvenuto domenica 14 ottobre, verso mezzogiorno nei pressi di Marmi Lodi (vedi foto). Non è stata una lieve collisione, ma un incidente serio con frattura. Chi è passato ha sentito le urla della persona a terra mentre si aspettava l'arrivo dell'ambulanza.

Colpa dei ciclisti disattenti? Certo, ma non solo. Quando si va in bicicletta è normale che ci si rilassi, a volte si sta a fianco e si chiacchiera, a volte ci si distrae un attimo, si accelera e ci si supera o a volte ci si ferma per aspettare altri: sono momenti di svago, anche a questo servono le ciclabili. È proprio per questo che nei paesi civili non si mettono quei cartelli così frequenti.

Il cartello dell'incidente di domenica si potrebbe tranquillamente rimuovere, predisponendo un attraversamento ciclabile, o almeno spostare a fianco della pista. Questa richiesta l'abbiamo già avanzata e la riproponiamo ancora una volta.

Però questa volta abbiamo una richiesta in più da fare alla Provincia: ci può dire quale è il numero di incidenti sopra il quale inizieranno a prendere provvedimenti? Quanti cartelli dovranno essere abbattuti o piegati a testate, spallate, o ginocchiate dai ciclisti, prima che si capisca che con poca spesa e un po' di buon senso si può risolvere il problema?

 

Cordiali saluti

Per il consiglio direttivo di Ciclodi-FIAB

La Presidente, Pina Spagnolello

Fonte: fiab onlus

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