Domenica, 11 Marzo 2012 10:08

Muoversi in bici: le promesse mancate del sindaco di Firenze

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Avrebbero dovuto essere 10 chilometri di nuove piste ciclabili ogni anno: 25 adesso, a mezzo mandato della giunta Renzi. Ne sono stati fatti in tutto 7, secondo il consigliere per la bicicletta Giampiero Gallo, o 5, secondo l’associazione dei ciclisti Firenzeinbici (www.firenzeinbici.net). Comunque, da poco più di un terzo a un quinto di quanto promesso dal sindaco Renzi con la firma, in campagna elettorale, del Patto per la bicicletta con Firenzeinbici. Obiettivo: «Mobilità ciclabile come parte integrante della mobilità in generale». Che significa, avere un piano generale integrato, adeguarsi agli standard europei, vedi percorsi protetti e lineari, incroci sicuri. Altrimenti uno abbandona il mezzo non inquinante e non ingombrante e riacchiappa l’auto.

Niente. Eppure sono in aumento i già 30 mila che pedalano fai da te. Potrebbero crescere ancora di più se molti non avessero paura del caos o di rimetterci le penne appena usciti dalla Ztl . Le piste ciclabili sono 60 chilometri, in realtà assai meno: 15 sono vialetti di parchi come le Cascine o l’Anconella, altre piste, come per esempio in viale Duse, sono così malfatte da risultare inutilizzabili (a Hannover, più meno a misura di Firenze, ci sono 600 chilometri di piste, a Modena 190). Mancano, nonostante che per norma le piste debbano essere continuate e dirette, gli attraversamenti ciclabili agli incroci (dipinti dello stesso colore della pista e distinti dai pedonali): non fatti nelle nuove piste, spariti dalle vecchie, cancellati in punti nevralgici come tra viale Lavagnini e viale Strozzi alla Fortezza. Fino all’assurdità di rendere, nelle ultime pedonalizzazioni, la vita impossibile ai ciclisti.

 

Fonte: firenze.repubblica.it

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    Sulle arterie di grande comunicazione saranno ancora necessarie le piste ciclabili, ma al di fuori di queste avremo creato, con la moderazione del traffico e le corsie ciclabili, degli spazi condivisi da tutti. Insomma una città molto diversa da quella in cui viviamo oggi, una città dove in modo naturale, con l'aiuto dell'amministrazione e la consapevolezza dei cittadini, si ridurrà il numero sia delle auto circolanti che ferme ad occupare spazio nelle strade.

    Come afferma il presidente di Monzainbici, Giuseppe Piazza,  "la mobilità ciclistica non si aggiunge, ma si integra al resto della mobilità".

    Spesso basterebbe semplicemente copiare da altre città con esperienze analoghe che hanno dato  frutti positivi. Senza prendere come esempio le solite città europee lontane da noi, ci sono comuni italiani che solo qualche anno fa si trovavano nelle nostre stesse condizioni ma che hanno saputo reagire a situazioni particolarmente negative: pensiamo a Milano, che pur non avendo una situazione idilliaca per la mobilità ciclistica sta sperimentando con successo tanti interventi indirizzati verso una maggior tutela della mobilità dolce, come le corsie ciclabili e i controsensi permessi ai ciclisti. 

    Quindi corsie ciclabili semplicemente disegnate, rifiutando l'idea che le corsie senza una separazione fisica possano essere poco rispettate.

    Dobbiamo rinunciare all'idea che la segnaletica sia insufficiente a garantire sicurezza? Noi pensiamo che al contrario è venuto il momento, e crediamo che ormai ci sia la cultura giusta, per iniziare un nuovo percorso, non ci mancano né le possibilità, né l'intelligenza per uscire da comportamenti che per troppo tempo hanno condizionato le nostre vite.

    Monza, come molte altre città, ha bisogno di una svolta decisa e radicale in tema di mobilità. Questo è il momento giusto. 

    Massimo Benetti - Ufficio Stampa FIAB MonzaInBici

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