Martedì, 16 Ottobre 2012 11:31

Quel triste shopping delle biciclette rubate

Vota questo articolo
(0 Voti)

Pubblichiamo una lettera che un lettore ha inviato a Isabella Bossi Fedrigotti, giornalista del Corriere di Milano.

 

Gentile signora, ho letto sul «Corriere» l'odissea di un lettore che ha subito il furto della sua bicicletta dietro Palazzo Marino e che ha anche rischiato di essere malmenato dai ricettatori di piazzale Cantore, dove si era recato su suggerimento della polizia. Forse molti milanesi non sanno che una situazione ancora più allucinante è possibile riscontrarla alla fiera di Senigallia, in via Valenza, nel parcheggio a fianco della Stazione di Porta Genova. L'aprile scorso hanno rubato la bicicletta di mia figlia e il giorno dopo, sabato, ho provato ad andare alla Fiera che sapevo essere zona di rivendita di biciclette «usate»: ho trovato un vero e proprio supermercato di biciclette inequivocabilmente rubate: una decina di ragazzi —quasi tutti nordafricani —esibivano ciascuno una o due biciclette, molte delle quali ancora nuovissime, offerte a prezzi irrisori. Appena una bicicletta veniva venduta arrivava, dall'esterno della Fiera, un altro ragazzo con una nuova bicicletta. L'aspetto più deprimente della scena erano le frotte di persone— quasi tutti giovani adulti, uomini e donne tra i 25 ed i 35 anni — che gaudenti provavano e acquistavano le biciclette, visibilmente compiaciuti dell'ottimo affare appena concluso! Il comportamento di queste persone, assolutamente consapevoli della provenienza illecita delle biciclette, mi è parso disgustoso, oltre che criminale, e credo che costituisca un evidente segno della scarsità di valori che caratterizza ormai chi vive e lavora in questa città. Chi ha subito il furto della propria bicicletta ben conosce la sofferenza e il senso di frustrazione che si prova: la vacua noncuranza di questi sciocchi ragazzi risulta ancora più insopportabile perché oggi l'acquisto di una bicicletta è davvero alla portata di ogni tasca (molti negozi di ciclisti le vendono anche usate, di provenienza «certificata»). A chiusura di questo scoraggiante quadretto, due pattuglie della Polizia municipale, ciascuna posta all'estremità della Fiera, i cui equipaggi osservavano rassegnati il via vai di venditori e acquirenti.

 

Andrea

Vota questo articolo
(0 Voti)

Dal 23 luglio 2012 Giuliana Buhring è partita da  Napoli per tentare un'impresa unica: il Giro del Mondo in bici in 140 Giorni. Sarà, in OGNI Caso, la prima donna al mondo a circumnavigare il globo in bici. Il Programma e 'quello di Viaggiare a 210 km al Giorno per quasi 5 Mesi.

 Juliana Buhring, di origine greca naturalizzata a Napoli, sta tentando di essere la prima donna al mondo a girare il mondo su due ruote. Sabato scorso è arrivata negli U.S.A. a Boston da dove ha subito proseguito il suo giro dopo aver completato con successo la prima tappa del percorso che prevedeva l'attraversamento dell' Italia (con partenza da Napoli), della Francia, della Spagna e del Portogallo.

 

Pubblichiamo alcuni tratti del suo diario

 

"Mi Rendo Conto Che nonostante Stia Pedalando duramente, la bici, Semplicemente, non SI Muove. Un'altra Raffica di vento a 100 km / Orari mi colpisce, accompagnata da ONU ventaglio di pioggia gelida. Le mie scarpe diventano Pesanti con l'acqua Che sguazza TRA le mie dita mentre Spingo sui pedali. 100 km in 8 ore. Una jeep ruggente mi spruzza addosso Una pioggerellina di fango. Brontolo Un paio di brutte parole in italiano, perche suonano Meglio (l'inglese lo riservo ai camion), pulisco il fango Dalla Faccia e metto Gli occhiali Nel taschino. Sono inutili un punto QUESTO. Penso Persone Alle Quella in jeep: finestrini chiusi, heating e radio, indifferenti Agli Elementi naturali. Darei la mia ultima barretta al burro di arachidi per lo sguardo in quell'auto. Ho cosi Tanto freddo Che non Riesco a Pensare nient'altro Che ad Esso. Cosi freddo Che OGNI pensiero E impossibile. Il mio Corpo trema, le mie mani ed i Miei Piedi Sono Completamente insensibili. This E L'agonia del ciclista. La Parte di CUI Nessuno Parla. SI non salva niente in QUESTO tormento. This e Il Momento in CUI mi Chiedo "perchè?". Perchè sto Facendo il giro del Mondo. Perchè le mie gambe Forzo annuncio Andare Su e Giù, Su e Giù, infinitamente, 12 ore al Giorno.

 

Dolore, miseria, Lotta. T'insegnano Molto Su te Stesso, Su chi sei e di Cosa sei Capace di tariffa in CONDIZIONI estrema. Provo una Portare la mia Mente Fuori da Quello Che mi circonda, Fuori dall'immediato sconforto del Presente. Quello Che mi viene in Mente Sono Una serie di Momenti Perfetti. Un tramonto sbalorditivo. La cima di Una montagna. Una nuotata Nelle Calde Acque del Mediterraneo. Un bicchiere di rum speziato. Un bacio. In Momenti di COMPLETA agonia Fisica e mentale, Questi, Perfetti Momenti Sono venuto li faro delle Nazioni Unite a Una tempesta in mare, piú Luminosi del normale forse per il contrasto.

Forse lottare servire Semplicemente un piacere Provare Più nia Momenti perfetti? E Tutto Cio Che è la vita? Una Lotta Contro ed ONU trionfo Sulle avversità, per apprezzare di IL PIU minuscolo Momento di COMPLETA e rara felicità ed Abbandono ad ESSA, colomba Tutto, il gusto, il colore, l'odore, E cosi intenso Perchè Conoscere l'opposto significa apprezzare la Immensa SUA realtà?

In tal quale Momento in modo Che non c'e Altro Posto colomba vorrei Essere. Perchè Quella lancinante fama Che CRESCE OGNI Kilometro trascorso significa Che il cibo Che sto per Mangiare sara il Più ​​delizioso al Mondo. Che il freddo e il bagnato rendono il caldo e l'asciutto piaceri Che sorpassano Tutti Gli ALTRI. Che la fatica in OGNI arto significa that dormirò Profondamente e Senza sognare, Che mi sveglierò fresca per delle Nazioni Unite Altro Giorno con DESTINAZIONE Una sconosciuta, Nuove glucosio DA VEDERE, possibilita infinita e Momenti Perfetti".

 

Per seguire Giuliana Bhuring giorno per giorno www.julianabhuring.com 

Vota questo articolo
(0 Voti)
Dal mare alle risorgive, dal greto del Tagliamento a quello del Livenza, tra abbazie e mulini, lunghi itinerari da tagliare e comporre a proprio piacimento per una pedalata di un'ora o di una giornata intera. Portogruaro, Concordia Sagittaria, Summaga, Sesto al Reghena... Sono solo alcuni dei paesi toccati dai 15 itinerari della guida che porta i lettori a pedalare nei luoghi di Ippolito Nievo e Pier Paolo Pasolini. Dalle rinomate località balneari dell'Adriatico alla pianura, ben 700 km di lente e rilassanti escursioni nella Venezia Orientale. La cicloguida si struttura intorno a tre località di partenza: Portogruaro, il capoluogo storico e amministrativo del territorio, Caorle e Bibione, le due principali stazioni turistiche della costa adriatica. Ogni centro grande e piccolo è corredato di una scheda o un box che ne illustra le caratteristiche storiche, artistiche e ambientali. Nel volume sono presenti molti indirizzi utili per organizzare al meglio la propria escursione, inclusi i riferimenti dei meccanici, dei noleggiatori di biciclette, dei musei e dei mercati settimanali.

 

Titolo: Venezia orientale in bicicletta. Dal mare all'entroterra

Autore: Sandro Supino

Editore: Ediciclo - collana cicloguide - 2012

pagg. 176

€ 12,75

Vota questo articolo
(0 Voti)
E' una proposta della FIAB (Federazione Italiana Amanti della Bicicletta), in collaborazione con ECF, la Federazione Europea dei Ciclisti, e il movimento #salvaciclisti volta ad ottenere il pieno riconoscimento del cosiddetto "infortunio in itinere", previsto oggi soltanto per il lavoratore che fa il tragitto a piedi o con i mezzi pubblici, escludendo in genere l'uso di un qualsiasi mezzo privato, quali auto, moto e bicicletta.

Questa proposta, è una delle tante scaturite dagli Stati Generali della Bicicletta, che la settimana scorsa si sono dati appuntamento a Reggio Emilia, e contenuta nel documento finale redatto dal comitato scientifico. E' un atto di civiltà, perché chi usa la bici fa il bene della comunità: riduce l'inquinamento, decongestiona il traffico e contribuisce a rendere più vivibili le nostre città. La legge attuale prevede la tutela assicurativa per coloro che subiscono un infortunio sul luogo del lavoro o durante il tragitto casa/lavoro; tutela che esclude chi va al lavoro con qualsiasi mezzo privato, con una eccezione, confermata anche dalla Corte di Cassazione con ordinanza 7970: il caso in cui l'utilizzo del mezzo privato è una scelta "obbligata", dovuta all'assenza di un servizio di trasporto pubblico, all'incompatibilità degli orari, o ancora, ad un'emergenza, come ad esempio uno sciopero.

La campagna di sensibilizzazione di FIAB parte da lontano ed ha incontrato il consenso di molti Enti locali, tanto che la proposta di legge è stata presentata in Parlamento il 28 giugno scorso. Ci uniamo all'invito di FIAB, ECF e #salvaciclisti per chiedere agli amministratori di appoggiare la campagna con una delibera comunale (provinciale o regionale):

"[...] vogliamo questa Legge anche per scongiurare la rottamazione nell'opinione pubblica del principio etico dell'integrità fisica, dell'incolumità del cittadino. Ancor più se si tratta di cittadino vulnerabile come può esserlo un ciclista o un pedone. Chiediamo una legge semplice: capace di risarcire senza se e senza ma, chi ha un incidente in bicicletta lungo il percorso casa lavoro. Certo, vorremmo innanzitutto meno ciclisti coinvolti in incidenti stradali. Meno morti. Più sicurezza stradale. Siamo impegnati da sempre su questi temi e ancor più da quando il movimento #salvaiciclisti ha posto, e imposto, ai media questo argomento di grande civiltà. Dicendo a voce alta che è inconcepibile in un Paese civile uno Stato che non si faccia carico di tutelare i soggetti più deboli, più vulnerabili e esposti ai pericoli della strada. E proponendo soluzioni, a cominciare dall'estensione delle zone 30 in ogni area residenziale.

Per queste ragioni ci auspichiamo che la Proposta diventi presto Legge, che si riconosca a chi va al lavoro in bicicletta il ruolo e le tutele ormai da troppo tempo disattese".

Ogni cittadino può inviare una lettera agli Enti locali. A tale scopo è stato realizzato un sito di riferimento, www.bici-initinere.info, dove è possibile trovare tutte le informazioni necessarie, un modello di lettera pre-stampato ed un elenco degli Enti locali che hanno aderito finora alla campagna.

Fonte bici-initinere.info; FIAB

Lunedì, 15 Ottobre 2012 10:56

Footloose, la bici ecologica senza catena

Vota questo articolo
(0 Voti)
La vera rivoluzione nel settore delle due ruote ecologiche arriva dalla Corea e sarà sui mercati europei nel 2013. Il progetto della coreana Mando è un modello innovativo di bicicletta elettrica che non monta la catena ed è stata battezzata Footloose ed è destinata a spopolare nel segmento di mercato che si interessa di biciclette ecologiche per le nuove generazioni.

 

L'innovazione della Mando ha combinato un azionamento della valvola a farfalla con pedalata assistita, una sorta di moto senza catena che monta un sistema di alimentazione ibrido che converte l'energia meccanica della pedalata in elettricità, trasformando così il ciclista in un generatore umano. I ciclisti possono alimentare la bici pedalando con la possibilità di sfruttare un'autonomia di 30 km solo utilizzando il motore e la batteria agli ioni di litio, mentre pedalando si riesce a garantire una autonomia maggiore convertendo la bicicletta in una sorta di scooter il cui motore può essere controllato grazie ad un acceleratore. Dotata di sensori che riescono a valutare pendenza e velocità la due ruote coreana dà la possibilità a chi guida di usufruire di un cambio automatico che gli permette di regolare la potenza in uscita del motore garantendo un'andatura efficace ed efficiente.

Un display montato sul manubrio permette inoltre di avere tutte le informazioni necessarie: dalla distanza percorsa alla velocità alla quantità di energia prodotta: La bici che da uno degli ideatori è stata definita "ecologica come uno dei più innovativi smart-phone" paragone d'obbligo per il modello che la società definisce ispirata, per colore e design all'I-Phone Apple, si può piegare a metà, possibilità che permette di trasportarla facilmente.

Fonte: rinnovabili.it

Vota questo articolo
(0 Voti)

Come ci si deve comportare di fronte a una pista ciclabile mal progettata? Quando si ha diritto a un risarcimento? Perché i mezzi del bike-sharing sono considerati privati?

In Italia la bici è ancora "velocipede", di nome e di fatto, e "servono norme nuove per incentivarne l'uso, equiparandola ai mezzi pubblici". Con Eugenio Galli, responsabile legale di Fiab, Federazione italiana amici della bicicletta, abbiamo cercato di fare luce su un tema confuso, anche a seguito di discutibili sentenze della Cassazione e premi assicurativi da capogiro.

 

Iniziamo dalla sentenza della Cassazione che non ha riconosciuto a una ciclista il diritto di essere risarcita dall'Inail per un infortunio nel tragitto casa-lavoro.

Si tratta in realtà di una non-notizia, perché sia per le auto che per le bici vale lo stesso principio: non c'è infortunio in itinere se un mezzo pubblico efficiente e utile copre lo stesso tragitto. L'infortunio con mezzo privato (auto, moto o bici, anche se è fornita dal servizio bike-sharing) è riconosciuto dall'Inail solo se l'uso è "necessitato". Ovvero se il lavoratore non può scegliere di prendere un mezzo pubblico perché non è previsto per quella tratta, ha orari incompatibili con gli orari di lavoro, è carente (molto lento o discontinuo).

Perché il bike-sharing è considerato mezzo privato?

Perché – benché non lo sia tecnicamente, essendo proprietà pubblica - il Ministero del lavoro ha ribadito che il mezzo è pubblico solo quando il conducente è diverso dal trasportato, e la proprietà non conta. Da sottolineare anche il fatto che ovviamente non si ha diritto a nessun indennizzo se il ciclista è caduto o ha avuto danni per un comportamento colpevole o per manovre contrarie al codice della strada. In definitiva, il caso di quella ciclista che non è stata risarcita non deve fare scandalo perché sarebbe successo lo stesso – e spesso succede – anche se fosse stata al volante di un'auto.

Altra regola importante: possiamo sperare in un risarcimento solo se stiamo viaggiando su una pista ciclabile, laddove esista. Se preferiamo la strada perdiamo tale diritto.

Giusto. L'Inail ha interpretato così la norma con una circolare di qualche mese fa. Il mezzo privato deve essere "necessitato" e deve circolare solo all'interno di piste ciclabili, laddove presenti. Nella realtà è una scelta ipocrita, perché sappiamo che spesso le piste non sono sicure.

Pensate di fare ricorso?

No, la risposta dell'Inail è ipocrita ma non possiamo ricorrere perché è coerente con il dettato legislativo. La nostra proposta è integrare la legge con una norma che riconosca sempre l'infortunio in bici. Noi vorremmo che il principio di favore, che è accordato al mezzo pubblico, venga esteso alla bici. Punto. Ma deve farlo la legge.

E se la pista ciclabile è mal progettata o pericolosa, con buche e auto parcheggiate, siamo comunque obbligati a percorrerla per sperare in un risarcimento in caso di infortunio?

Sì, e solo in secondo momento si può affrontare il tema della responsabilità.

Ovvero: se vogliamo l'indennizzo dobbiamo stare sulla pista ciclabile, se poi questa ci ha causato danni o cadute, si apre un altro capitolo e il ciclista potrà avvalersene con l'amministrazione.

Considerando le piste ciclabili italiane, è possibile stabilire una vaga percentuale di quelle sicure?

Sono dati impossibili da conoscere. Anche perché quando si cercano a livello locale è il Comune a fornirli, e quindi non sono verificabili. Dei 137 km ufficialmente presenti a Milano ad esempio, il doppio senso in una strada è considerato due volte? Non si sa. Larga parte delle piste è fuori norma, ma non ne abbiamo neppure una vaga idea. Consideri che spesso i Comuni non collaborano con noi e non forniscono neppure i dati ufficiali.

Ci dia qualche regola generale per il ciclista...

Quando parliamo di bici su strada, non di competizioni, questa è considerata un veicolo ed è governata dal Codice della Strada: bisogna tenere la destra, dare la precedenza, fermarsi a stop e semaforo e via dicendo. Ci sono alcune regole speciali per i ciclisti, che ad esempio in attraversamento delle ciclabili hanno la precedenza.

Quali diritti hanno i ciclisti nelle zone pedonali?

La questione è molto discussa. Al momento nelle zone pedonali la bici può circolare a meno che non sia specificamente vietato. Il fatto che in genere sia accessibile ai ciclisti comunque, non toglie il dovere di mantenersi responsabili. È considerata manovra imprudente ad esempio pedalare in una strada pedonale a 30 km/h se in quel momento è affollata: in quei casi il codice della strada prevede addirittura che sia condotta a mano. Spesso non c'è segnaletica a terra per le bici, come in via Sarpi a Milano. C'è chi sostiene che una corsia per i ciclisti ne limiterebbe la libertà e chi invece sostiene che favorirebbe la sicurezza dei pedoni, aumentano allo stesso tempo la disinvoltura del mezzo, che avrebbe un suo spazio dedicato: limitato, ma tutto suo. Insomma la questione resta aperta.

Cosa vorrebbe vedere in Italia che ancora non esiste?

Mancano regole ormai presenti in tutto il resto d'Europa. Le zone di arresto ad esempio, quella linea di stop avanzata, che a ogni semaforo permette ai ciclisti di stare davanti a tutti gli altri. C'è un corridoio laterale sulla destra, che consente di superare le macchine in fila e attendere il verde al riparo da tubi scappamento, di massimizzare la propria visibilità, di partire per primi e dunque svolgere in sicurezza manovre come la svolta a sinistra. In Italia le stesse ciclabili sono pensate come infrastrutture separate, e si pensa che una striscia lungo la carreggiate – laddove non ci sia possibilità di utilizzare un ampio marciapiede o creare una pista ad hoc - non sia sicura. Questo eccesso di protezione nei confronti del ciclista di fatto lo discrimina, anche perché non esiste una protezione sicura. Serve piuttosto regolare e moderare il traffico, di cui le bici devono poter far parte a pieno titolo.Vorrei il doppio senso per le bici nelle strade a senso unico: non esiste in Italia, ma in tutta Europa sì. È efficace, migliora la sicurezza stradale grazie alla reciproca visibilità e a una segnaletica dedicata. Vorrei regole pensate per le bici e non derivate da un Codice nato e cresciuto pensando alle auto, in cui la bici ancora è definita "velocipede". Vorrei coordinamento tra i piani locali di sviluppo delle ciclabili, in modo da garantire continuità da un Comune all'altro. È una lotta impari. Il movimento #Salvaiciclisti ha rivitalizzato il tema, ma il governo cosa ha fatto per considerare la questione? A parte le dichiarazioni di principio a nostro favore, ad esempio da parte della ministra Cancellieri, non ci sono poi mai dati di fatto. Ed è così da sempre. In venti anni di attività ho visto pochi cambiamenti.

Si può fare qualcosa contro il dominio assoluto delle auto? Ad esempio contro il parcheggio selvaggio sulle aiuole, che a Milano è più che tollerato dai vigili?

Milano ha un numero di auto che è due/tre volte superiore a quelle che circolano nelle altre capitali europee. È perfettamente inserita nella media italiana di 60-80 auto ogni 100 abitanti, nonostante sia una metropoli, e vanti mezzi pubblici senz'altro migliori che nelle altre città. Nelle altre capitali europee siamo a 20-40 auto ogni 100 abitanti. Per scoraggiarne l'uso abbiamo un tavolo permanente con le amministrazioni e abbiamo chiesto aggiornamenti costanti sulle contravvenzioni, che a Milano stanno aumentando moltissimo. Mi riferisco anche ai casi di sosta in seconda fila, sosta sulle ciclabili, sosta sotto gli alberi dei viali.

Arriviamo al caso del vicedirettore generale della Rai, Gianfranco Comanducci, caduto dalla bici e ricompensato dalla sua assicurazione privata con 500mila euro, per aver riportato un'invalidità permanente (contestata dalla stampa perché Comanducci starebbe continuando a correre in bici, ma questa è un'altra storia). Per noi ciclisti mortali, può convenire stipulare un'assicurazione privata?

Certamente. Non costa tanto, con circa 100-200 euro all'anno si ottiene già una buona assicurazione per gli infortuni. Per quanto riguarda invece la responsabilità civile, cioè coprire un eventuale danno che potremmo causare a terzi viaggiando in bici, i nostri associati sono coperti 24 ore su 24 con la sola quota associativa (30 euro a Milano, da gennaio a dicembre, ma ogni città ha sue quote).

 

Fonte: life.wired.it

Vota questo articolo
(0 Voti)
Dio mi faccia torto se io so di storia più di un cavallo da tiro, ma di una cosa sono ben sicuro: prima dell'avvento della bicicletta, la pianura padana non esisteva, né poteva esistere. Inventata la bicicletta, fu inventata la pianura padana.

Quando fui inventato io (1.5.1908) la pianura padana esisteva già, quindi, sin dal mio primo vagito, io fui e sono padano e ciclista.

Tutto questo non c'entra con quanto voglio narrare: serve soltanto a spiegare come parli così spesso e con tanto compiacimento della bicicletta.

Giovanni Guareschi

 

Un libro piacevole, divertente e che presenta una raccolta di vignette, disegni e brevi riflessioni scritte del "padre" di Don Camillo. Giovannino Guareschi e la sua passione per la bicicletta: uno scrittore, un emiliano, un grande appassionato di ciclismo. Marco Albino Ferrari guida il lettore pagina pagina dopo pagina a scoprire la "passionaccia" per la bicicletta di uno scrittore popolarissimo e di grande importanza per la cultura italiana del Novecento.

Giovannino Guareschi

L'Italia in bicicletta

Disegni, vignette, reportage di un sognatore su due ruote

Raccontati da Marco Albino Ferrari

Edizioni Excelsior 1881

144 pagine

22,50 euro

Vota questo articolo
(0 Voti)
Comunicato stampa Fiab.

 

La FIAB, Federazione Italiana Amici della Bicicletta onlus, promuove per l'anno scolastico 2012-2013 il concorso fotografico dal titolo "Città in bici"�più bella, più viva, più mia! Per una città ciclabile e sostenibile.

Il concorso, riservato gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e delle università, si propone, tra gli altri, di valorizzare l'ambiente,il decoro urbano e il senso civico, favorire l'intermodalità bici e mezzi collettivi, promuovere nuove strategie di sviluppo per la ciclabilità urbana

Si può partecipare con due foto individuali e/o di classe. Le opere che gli allievi produrranno potranno essere comunicazioni visive, rivelazioni di contenuti creativi, impressioni capaci di offrire visioni della realtà e nuove prospettive di riflessione.

Per partecipare al concorso è necessario iscriversi entro il 30 gennaio 2013

Al concorso collaborano il Dipartimento per l'Istruzione. Direzione Generale per lo Studente, l'Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione - Ufficio IV; la rivista FIAB BC www.rivistabc.com; la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche -FIAF www.fiaf.net

Respoensabile organizzativo del cncorso è Germana Prencipe, Consigliera Nazionale FIAB email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; tp://www.fiab-scuola.org

Tutti i particolari su: http://www.fiab-onlus.it/bici/attivita/scuola/item/202-concorso-citta-in-bici.html

Vota questo articolo
(0 Voti)
Un lettore del Corriere della Sera ha inviato una lettera al giornale ed ha descritto la sua odissea dopo il furto della sua bici davanti agli occhi dei vigili di Milano... ed ha rischiato di essere picchiato dai ricettatori.

 

Pubblichiamo il testo completo.

di Giuseppe Mazzoni.

Giovedì 4 ottobre 2012, arrivo alle 14.30 a Palazzo Marino per assistere a una conferenza alla quale interverrà Giuliano Pisapia. Giungo in bicicletta, perché poi devo andare da altre parti ed è il mezzo più veloce, ecologico e sano, perché due anni fa ho passato diversi weekend a raccogliere le firme per i referendum ambientali a Milano, e perché mi piace molto usarla. Purtroppo devo usare la mia mountain bike (di seconda mano), ad elevato rischio furto, perché diversi mesi fa, in piazza Cordusio mi è stata rubata la mia bici tradizionale, di seconda mano e con diverse macchie di ruggine, che in teoria non doveva essere molto appetibile, ma che ora non ho più (è la quarta o la quinta che mi è sparita a Milano, ho perso il conto!). Le sono molto affezionato, perché mi ha accompagnato fedelmente nelle ultime 3 estati per oltre 3000 km in uno splendido viaggio lungo il Danubio, dalle sorgenti nella Foresta Nera, fino al delta nel Mar Nero.

Chiedo ai vigili all'entrata di Palazzo Marino se posso parcheggiarla nel cortile, perché in passato alcuni miei amici non hanno più ritrovato le loro bici che avevano incatenato alle rastrelliere appena dietro l'angolo (a 20 m dai vigili), in via Marino, di fronte al 7, all'angolo con l'ingresso della Galleria. I vigili mostrano solidarietà: uno mi racconta che lui stesso ha subito due o tre furti di biciclette, ma che solo i dipendenti di Palazzo Marino possono parcheggiare in cortile. Mi consigliano di annotarmi il numero di telaio della bici, perché in caso di furto, potrei fare denuncia e provare che era di mia proprietà.

Col cellulare fotografo il numero di telaio e i due vigili con in mano la mia bici. Un po' dubbioso la incateno alla rastrelliera, ma vengo parzialmente rassicurato dal notare che sopra vi sono due telecamere, per la sorveglianza di Palazzo Marino. Entro nel palazzo alle 14.35. Alle 16.20 esco da Palazzo Marino, vado in via Marino e della mia bici trovo solo la catena, tranciata per bene. Mi sembra di vivere un film intravisto in anticipo 2 ore prima! Torno dai vigili, gliela mostro e mi dicono che non possono di certo fare il palo alle bici, anche se sono a 20 metri da loro! Mi consigliano di fare denuncia alla Polizia, la quale potrà accedere alle immagini delle telecamere.

17.30: entro al Commissariato di piazza San Sepolcro, dove l'agente Di Bello mi riceve dopo solo 5 minuti di attesa, e si dimostra molto paziente, professionale ed efficiente, rincuorandomi un po'. Mi consiglia poi di andare immediatamente in piazzale Cantore, dove vengono rivendute ai ricettatori le bici rubate, e mi invita, nel caso la trovassi lì, a chiamare il 113, che poi invierebbe l'auto della polizia o dei carabinieri più vicina. E mi consiglia anche, in caso non la trovassi lì, di andare sabato e domenica ai mercatini di Porta Genova e San Donato per cercarla anche lì.

18.15: arrivo in piazzale Cantore. Il parco giochi per bambini è occupato da una decina di uomini con facce non troppo rassicuranti, uno con diverse banconote da 50 euro in mano. Due hanno due bici nuove. Domando a uno: «E' vero che qui vendono bici?». Mi risponde: «NO!». Chiedo: «E perché tutti guardano queste bici?». Mi risponde: «Perché sono nuove!». A quel punto tiro fuori il cellulare, e comincio a fotografare le bici e gli uomini che mi stanno intorno. Uno scappa immediatamente con la bici. Un altro si avvicina, mi insulta e mi minaccia fisicamente, cercando di aggredirmi. Esco dai giardini, entro in un bar e chiamo il 113 denunciando una tentata aggressione. Il 113 mi dice che devo chiamare il 112 perché vi è un'auto della polizia più vicina; gli chiedo se non possono inviarla loro, come mi aveva suggerito l'agente. Rispondono di no. Gli uomini del parco giochi continuano a guardarmi con aria minacciosa. Chiamo il 112. Squilla. Non risponde nessuno. Lascio squillare 10 volte, cade la linea. Richiamo. Idem. Richiamo il 113. Non risponde più nessuno. Cosa devo concludere?

Conclusioni. Ho constatato una notevole efficienza, professionalità e disponibilità da parte della polizia e di alcuni vigili di Milano, in particolare di quelli in borghese. Devo però constatare che qualcosa non funziona: è ampiamente noto a vigili e polizia che nel parcheggio di Via Marino di fronte al numero 7 avvengono regolarmente furti di biciclette; eppure ad esempio, nessuno si è preoccupato di installare una telecamera, oltre a quelle esistenti, ad altezza d'uomo, che possa individuare i ladri e che sia un vero deterrente nei loro confronti. Molto preoccupante, inoltre, il fatto che il 112 o al 113 non siano in grado di inviare tempestivamente un auto in caso di necessità o addirittura che non rispondano a chi chiama. Inoltre ho saputo da un vigile in borghese che all'interno del sito del Comune di Milano esiste una pagina con le foto delle bici rubate e ritrovate in deposito in Via Fiamma: bella iniziativa, però è praticamente impossibile trovarla sul sito se già non la si conosce, quindi del tutto inutile!

Fonte: Corriere della Sera

Vota questo articolo
(0 Voti)
I lavori sono già in corso. Il primo tratto della Ciclovia dell'acquedotto pugliese da Locorotondo a Ceglie Messapica, un pregevole tratto di interesse cicloturistico nel cuore della Valle d'Itria, sarà completato entro un anno.

 

"Nel 2011 – evidenzia Minervini - per la prima volta nel nostro paese si sono vendute più biciclette che auto. Le due ruote si candidano a essere il simbolo dello stile di vita responsabile che sta maturando in questo tempo di crisi. In questo senso noi abbiamo deciso, dal punto di vista delle politiche pubbliche, di investire con convinzione nelle potenzialità della mobilità sostenibile".

Al termine dei lavori, finanziati dalla regione con 1,8 milioni di euro, la strada di servizio dell'AQP lungo il canale principale sarà ciclabile e sicura.

"Lungo gli 11 km del percorso – spiega Minervini - saranno aperti gli accessi (attualmente vietati), rifatta la pavimentazione, realizzate aree di sosta e segnaletica. Il nostro intervento è strategico per il potenziale che le ciclovie possono esprimere sul fronte del turismo sostenibile e dello sviluppo economico di attività collegate, come i servizi connessi al cicloturismo ed escursionismo (guide, accompagnatori, ciclofficine). Servizi che possono generare una nuova economia che si muove nel pieno rispetto e tutela del paesaggio e del territorio".

Non ci sarà cemento o interventi pesanti. Verrà effettuata la sistemazione degli accessi laterali alla ciclovia e il rifacimento dei muretti a secco. La pavimentazione del percorso ciclabile per una larghezza di circa 2.50 – 3 m sarà di due tipologie a seconda dei tratti: in misto stabilizzato con leganti naturali per le parti sub pianeggianti, conglomerato ecologico, per i tratti con maggiori pendenze. L'intervento permetterà la messa in sicurezza dei parapetti dei ponti canale che rappresentano la parte più suggestiva, e attualmente pericolosa, degli itinerari per la possibilità di viste panoramiche sul paesaggio della valle d'Itria. Ci sarà la messa in sicurezza degli attraversamenti stradali e dei tratti in rilevato; la realizzazione di aree di sosta e cartellonistica informativa e sarà attivato un sistema di webcam e conteggio elettronico dei flussi di bici da collegare ai siti web.

Questo primo intervento rappresenta il primo stralcio del grande sistema della ciclovia dell'Acquedotto Pugliese da Venosa a Grottaglie (TA) di oltre 250 Km di lunghezza individuato nell'ambito del progetto CYRONMED e rientra nella variante pugliese del percorso nazionale n. 11 "Ciclovia degli Appennini" della rete BICITALIA. Lo stesso sistema cartografico nazionale di riferimento della Fiab che in Puglia, grazie al contributo della Regione, ha già tracciato la Ciclovia dell'Adriatico, da Chieuti a Leuca, e quella dei Borboni, da Bari a Napoli, su strade secondarie e a bassa incidenza di traffico.

Fonte: Regione Puglia