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Mercoledì, 23 Ottobre 2013 08:41

UniBike: Universita' della Bicicletta di Bologna

life.wired.it Piccole università di ciclismo crescono. Con tanto di specializzazione nell’offerta formativa. A dare il via a questo fenomeno è stato il Libero ateneo del ciclismo urbano di Roma, seguito a ruota da Unibike, nata e maturata in una città, Bologna, che l’università ce l’ha nel dna. “ Per molti di noi andare in bicicletta è la cosa più normale del mondo”, racconta a Wired, Simona Larghetti, Sui Simo nella bike community, una delle organizzatrici di Unibike e anima bolognese di Salvaiciclisti. “ Un giorno ci siamo chiesti: come mai non è così per tutti? Abbiamo cominciato a riflettere sui possibili deterrenti e ci siamo resi conto che, spesso, si rinuncia alla bicicletta per mancanza di informazioni. Perché non si sa come fare, sostanzialmente. Per rispondere a questo bisogno è nata Unibike”.  L’ateneo bolognese, nel giro di una anno, ha già organizzato tre corsi, andando a calibrare sempre di più l’offerta in base alle esigenze cittadine. Il capoluogo emiliano è una città relativamente piccola, con una solida tradizione ciclistica e una popolazione studentesca, spesso proveniente da fuori città, che ha nella bicicletta un mezzo di trasporto ideale. “ Proprio per questo, credo che dovrebbe essere l’università stessa a farsi carico di quello che oggi facciamo noi”, continua Sui Simo. “ La mobilità dovrebbe essere una priorità del diritto allo studio, esattamente come lo è la casa. Uno studente al primo anno difficilmente sa come muoversi in città, che tipo di servizi ci sono, quali sconti sono previsti per gli abbonamenti ai mezzi pubblici. Tutto questo, in futuro, potrebbe diventare un fattore importante al momento di scegliere dove andare a studiare”.
Con l’inverno alle porte, non poteva mancare un corso dedicato ai quei ciclisti che non intendono mollare la loro affezionata due ruote neppure durante i mesi più freddi. Si chiama Resta in sella!, quattro appuntamenti – il primo è stato sabato scorso – per scoprire i segreti della guida e dell’abbigliamento invernale, qualche dritta meccanica e le nozioni di base per la manutenzione. Ma non solo. Siccome dall’esperienza c’è sempre da imparare, il corso prevede anche un modulo Community, curato da Paolo Pinzuti, ideatore di Salvaiciclisti, per fornire spunti e suggerimenti su come fare rete. Invece con Bibi Bellini, coordinatore regionale della Federazione italiana amici della bicicletta, si approfondiranno i temi dell’intermodalità, vale a dire quelle soluzioni intelligenti che prevedono l’uso della bicicletta insieme a quello di altri mezzi di trasporto, tipicamente il treno, ma anche il bus o l’auto provata.
Gli spunti per questi temi vengono soprattutto dalle nostre esperienze personali”, conclude Sui Simo. “ Salvaiciclisti mi ha permesso di conoscere tantissime persone e, grazie a questi incontri, ho fatto scoperte preziose. Per esempio le cargo-bike, le biciclette da carico, con cui una signora accompagnava a scuola i suoi figli. Adesso me ne sto per comprare una e la userò per scarrozzare i tre bambini a cui faccio da baby sitter”. E i temi individuati da Unibike devono essere azzeccati visto che in classe sono arrivate fino a 120 persone alla volta.
Per quanto riguarda Resta in sella! la formula prescelta è quella del seminario, con un numero massimo di 40 partecipanti (per informazioni e prenotazioni scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Tutte le lezioni, comunque, sono in streaming sul canale YouTube di Unibike Bologna. Come dire: le università della bicicletta si sono già attrezzate per la formazione a distanza. E magari queste lezioni farebbero bene anche a qualche funzionario amministratore pubblico.

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La culla del Rinascimento con la sua grande ZTL e vaste aree ciclo-pedonali nel centro storico vanta una quota relativamente alta di utilizzo della bici (modal split quasi 9%), che porta ogni giorno sulle strade di Firenze fra 25.000 e 30.000 persone in sella.
Nonostante l'offerta (rete ciclabile, facilitazioni viabilistiche e di sosta ecc) sia ben al di sotto della domanda già esistente, ed ancor più di quella potenziale, si tratta di un quadro che si colloca nella fascia medio-alta per l'Italia.
Nel capoluogo toscano è anche presente una delle più grandi associazioni Fiab d'Italia (la terza, con quasi 700 iscritti), molto attiva in costanti e non sempre facili negoziati con l'Amministrazione, per es. su nuove realizzazioni per la ciclabilità, con ampia risonanza sui media locali, iniziative, eventi ecc.
Di recente c'è qualcosa di nuovo all'orizzonte, che potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa: viene lanciata dal Comune una campagna di promozione della bicicletta. Si chiama 'BeCycle' la nuova campagna di comunicazione del Comune di Firenze per avvicinare al mondo della bicicletta. I manifesti saranno affissi in centro e in periferia in diverse declinazioni che rappresentano la bici in tanti modi: carica come un Suv, ma anche adatta per portare fuori la fidanzata con tanto di mazzo di rose nel portapacchi. BeCycle è stata ideata prendendo esempio dalle campagne sociali già attive in altre città del mondo come Monaco, Malmö, Siviglia o Groningen.
Gli strumenti messi in campo sono vari: un sito istituzionale (www.becycle.comune.fi.it), annunciato in un comunicato stampa ufficiale (vedi), un filmato, ed una serie di attività in programmazione per la promozione, fra cui manifesti nelle strade.
Il sito web fornisce anche informazioni utili, per es. una pianta della rete ciclabile, la dislocazione delle rastrelliere ecc. L'aspetto visivo della campagna rappresenta la bici in tanti modi: carica come un Suv, ma anche adatta per portare fuori la fidanzata con tanto di mazzo di rose nel portapacchi.

Fonte: fiab-onlus.it

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«Nel 2008 mi guardavano come se fossi un extraterrestre quando salivo con la mia pieghevole in autobus», racconta Federico Occhionero, che a furia di domande incuriosite ha fondato un sito, bicipieghevoli. net, con oltre 40mila visitatori al mese. Nel 2012, gli acquisti di biciclette (un milione 750mila) hanno superato quelli di auto (meno di un milione e mezzo), e la due ruote flessibile e snodabile guadagna fette di mercato, anche perché si può trasportare gratis sui mezzi pubblici in un paese che ha solo 4mila chilometri di piste ciclabili contro i 40mila della Germania. È un vero boom, dalle 15 mila vendute nel 2011 alle 20mila dell’anno scorso. Un trend in crescita fotografato dal sito di Occhionero, dove impiegati e studenti raccontano le loro giornate passando dal treno al bus ai pedali. C’è Anna, working mum milanese che risparmia «tra i 40 e i 50 minuti al giorno utilizzando bike+metro+bike. E questo significa più tempo per la famiglia e un’ora in meno di baby sitter da pagare». E c’è Andrea, che da quando riesce ad andare al lavoro usando solo bici e treno e ha abolito «la seconda auto di famiglia, aumentandomi in pratica lo stipendio di mille euro».
Da Milano a Roma, le storie fatte di minuti guadagnati e soldi risparmiati si moltiplicano.
Alessandro ha deciso di diventare ciclista dopo aver visto per settimane gente scendere alla stazione di San Pietro, nella capitale, e da un ammasso di metallo in pochi secondi tirare fuori una bici senza spettare, come lui, il bus in ritardo. Storie metropolitane si rincorrono a testimoniare un cambiamento, perché è proprio nelle grandi città che la svolta è più evidente.
«L’uso integrato di bici e mezzi pubblici è la soluzione più furba e adatta ai grandi centri urbani, è la vera risposta alla mobilità per il futuro. Certo, bisognerebbe che sui treni dei pendolari ci fosse uno spazio dedicato alle biciclette pieghevoli e non, in modo da non infastidire gli altri passeggeri quando c’è ressa», dice Alberto Fiorillo, responsabile per la mobilità di Legambiente.
Che gli appassionati della flessibilità a due ruote abitino nelle grandi città, lo dimostrano anche i dati di vendita dell’azienda inglese Brompton, vincitrice del premio della Regina: in Italia ha visto crescere nel 2013 le vendite rispettivamente del 28 per cento a Milano e del 41 a Roma. Come Brompton, va forte l’americana Dahon, di cui già nel 2010 si vendevano 2500 pezzi nel nostro Paese. Ma il mercato è in crescita costante e sono decine le marche per tutte le tasche. Dalla Hoptown alla Speed P8 alla Tern, dalla Bh alla Giant, e poi Koga-MiyataMobiki, Strida. Dai 9 ai 13 chili di libertà concentrata. Da portare come una bagaglio a mano anche in aereo, o tirandosela dietro, per il manubrio, come un trolley.

Scritto da CATERINA PASOLINI, la Repubblica

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Più della metà dei residenti ad Amsterdam usa la bici almeno una volta al giorno, approfittando di quasi 500 chilometri di piste ciclabili. Qui le politiche a favore dei ciclisti sono state avviate negli anni sessanta.

Di solito le città dove i cittadini usano di più la bici sono quelle dove si dà molta importanza alle infrastrutture che promuovono gli spostamenti in bicicletta e li rendono più sicuri. Nei Paesi Bassi, per esempio, le aree di parcheggio delle auto separano spesso la pista ciclabile dalla strada, in modo da creare una barriera tra il traffico e i ciclisti. E a Copenaghen, in Danimarca, i semafori per i ciclisti si attivano leggermente prima di quelli per le auto, così le bici che attraversano la strada sono più visibili.

Sempre nei Paesi Bassi, nel 1976, è nata l’idea del woonerf, una strada con ampi marciapiedi e cartelli segnaletici molto grandi, dossi, attraversamenti pedonali rialzati, rotatorie. Nei woonerf, pedoni e ciclisti hanno la precedenza e le auto devono rispettare limiti di velocità molto rigidi. L’idea è stata adottata anche nei paesi scandinavi, in Francia, Regno Unito, Germania e in alcune località italiane.

A Barcellona il rischio d’incidenti per i ciclisti si è ridotto allo 0,005 per cento. E una campagna del 2011 fatta dal dipartimento della salute pubblica di Copenaghen ricordava che in Danimarca “si è più sicuri sulla propria bici che sul divano”. Negli Stati Uniti c’è un programma nazionale per garantire tragitti sicuri in bici da casa a scuola, mentre nei Paesi Bassi ci sono anche dei bicibus.

Fonte: www.internazionale.it

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Lunedì, 16 Settembre 2013 10:13

Mobilita' Sostenibile. Nuove strade o meno auto?

La FIAB Verona si accinge a celebrare la Settimana Europea della Mobilità Sostenibile con molte interessanti iniziative. Tra queste segnaliamo il tradizionale convegno organizzato presso il Polo Zanotto dell’Università dall'Ing. Marco Passigato, responsabile Area Tecnica di FIAB nazionale e Mobility Manager dell'Università di Verona.

Siete dunque tutti invitati Giovedì 19 settembre alle 17:30 al convegno "NUOVE STRADE O MENO AUTO?" presso il Polo Zanotto dell’Università di Verona. Il sottotitolo del convegno è "La riduzione del traffico auto porterebbe riduzione di inquinamento ed incidenti".

Gli ospiti sono personaggi di prim’ordine, a partire da Corrado Poli, professore universitario ed editorialista del Corriere del Veneto (basta visitare la sua pagina personale  http://www.corradopoli.net/italiano/ e leggere i primi due articoli per capire cosa ci si può aspettare dal suo intervento) che approfondirà i diversi ruoli della cultura umanistica e di quella ingegneristica nella necessaria rivoluzione delle nostre politiche del traffico.

Ma anche il secondo intervento non sarà da meno: parlerà Andrea Miorandi, sindaco di Rovereto, che presenterà uno studio di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in base al quale in Rovereto si è deciso di adottare una soluzione alternativa di riduzione del traffico al posto di una nuova cantierizzazione per l’ampiamento dell’offerta stradale (un sogno che ci piacerebbe veder realizzato ovunque).

Nel sito di FIAB Verona il volantino dell'incontro

Fonte: Fiab

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Mercoledì, 11 Settembre 2013 08:35

Cagliari: Cambiamo la cultura della mobilita'

"Aaaaa.... Bombaaaazza!", direbbero altrove ma Guido Portoghese, che guida la commissione trasporti del Comune di Cagliari e quasi tutti i giorni si sposta in bici: "la bicicletta va saputa usare, con responsabilità, perché oramai non è un mezzo per il tempo libero e per lo sport ma a tutti gli effetti è un mezzo di trasporto quotidiano e - prosegue  - gli esempi delle città nel nord Italia e nel nord Europa ne sono la conferma".

Portoghese, classe 1974, assieme all'assessore ai trasporti del Comune di Cagliari Mauro Coni, porta avanti la realizzazione delle piste ciclabili.

HA UN SOGNO. Vorrebbe "fare della bicicletta un mezzo di movimento a portata di tutti, perché ecologico, veloce, sicuro". Per questa ragione "i consiglieri della Commissione ai trasporti, ma non solo hanno lavorato in questa direzione".

INVASIONE DI BICI? A Cagliari  non si era mai vista una "invasione", in senso positivo, di velocipedi sulle piste ciclabili e, per vivere d'informazione, anche su qualche marciapiede, talvolta nei portico di via Roma.

Già, ma quanto è sicuro, in una città come Cagliari, girare in bici?

SICUREZZA. "Fino a due anni fa il ciclista era visto come un alieno - afferma Guido - ed oggi è percepito a tutti gli effetti come un utente della strada". A Cagliari "siamo all'inizio di un percorso molto lungo per rendere sicura la circolazione delle bici. Guardiamo a modelli virtuosi di altre città in Italia ed in Europa, che hanno iniziato questo processo più di 20 anni fa".

E' UNA CITTÀ DI COLLINE Cagliari. Dunque non trova che le bici siano utili nella sola fascia pianeggiante, via Roma-Poetto, Stagni e rientro?

"La città presenta alcune zone non facilmente accessibili a tutti, ma la gran parte della città è percorribile senza pendenze rilevanti. Provare per credere. Inoltre il progetto di ciclabilita' interessa tutta l'area vasta di Cagliari, che si sviluppa quasi interamente in piano".

Come considera il comportamento dei ciclisti cagliaritani. Disciplinati oppure no?

"Gli indisciplinati esistono tra gli automobilisti, tra i motociclisti e anche tra i pedoni. I ciclisti sono  mediamente rispettosi delle regole del codice della strada, come gli altri utenti".

CICLISTI ASSURDI? Sarà, ma osservi queste immagini: schiere di ciclisti che invadono viale Poetto, le corsie d'emergenza. Il Comune, non investe in buone norme comportamentali per i ciclisti? O è meglio pensare solo agli  autovelox?

"La città non ha ancora dei percorsi e delle piste dedicate in direzione Poetto e nel lungomare, pertanto sono relegati ai margini della carreggiata, e per spirito di sopravvivenza percorrono le corsie preferenziali. Non è molto sicuro fare il sandwich tra le auto e i pullman. Quando saranno realizzate le piste per il mare e nel lungomare, il fenomeno sparirà da solo".

ALLA FACCIA DELLA SICUREZZA!

"Il miglioramento della sicurezza stradale per tutti gli utenti è un obiettivo da perseguire con caparbietà. L'eccessiva velocità è una delle maggiori cause di incidenti mortali e con feriti, l'attivazione dell'autovelox sul l'asse mediano ha ridotto sensibilmente questo tipo di sinistri".

CAGLIARI DEL FUTURO. Quali progetti per le piste ciclabili, per le biciclette?

"Abbiamo approvato un nuovo progetto finanziato dalla Regione, di concerto con gli altri comuni dell'hinterland, che consentirà di completare e mettere in sicurezza gli attuali percorsi e collegare Cagliari con gli altri centri e con i principali punti di attrazione della città".

QUANDO I RISULTATI?

"L'inizio dei lavori e' stimato per la primavera prossima. Auspichiamo che i primi tratti siano fruibili già dal prossimo anno".

DE GREGORI, cantautore impegnato, di sinistra, sul Corriere della Sera manda a quel paese il Pd, che del Pci è in parte discendente dicendo, in estrema sintesi: "Questi si inteneriscono per le piste ciclabili e lo slow food". E' così?

"Credo che volesse provocatoriamente evidenziare l'incapacità del centrosinistra di interpretare i reali bisogni dei cittadini. Credo che il vero problema stia nelle strane alleanze".

Fonte: www.castedduonline.it/   www.comunecagliarinews.it

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Lunedì, 02 Settembre 2013 08:37

La Treviso-Ostiglia. 116 km di pista ciclabile

È uno dei percorsi più affascinanti di tutto il Veneto. La Treviso-Ostiglia, 116 chilometri complessivi di cui 32 nel padovano. La presidente della Provincia di Padova Barbara Degani, in sella alla bicicletta, ha aperto il percorso partendo da villa Marcello a Levada di Piombino Dese. Alla cerimonia erano presenti il vice presidente della Regione Veneto Marino Zorzato, il vice presidente della Provincia di Padova Roberto Marcato, gli assessori provinciali Gilberto Bonetto e Mirko Patron oltre a molti sindaci, autorità, rappresentanti di associazioni e cittadini. La storia e gli scorci che il percorso propone hanno un fascino che molti Paesi ci invidiano. L’itinerario è stato infatti ricavato sul sedime dell’omonima linea dell’ex ferrovia realizzata per fini bellici e strategici tra il 1920 e il 1940. Fu bombardata dagli Alleati nel corso della Seconda guerra mondiale e il ripristino, più volte annunciato dal Dopoguerra in poi, oggi dopo tre anni di lavoro tra progettazione e realizzazione diviene finalmente realtà. Il progetto ha quindi anche il merito di raccontare una pagina di storia dell’Italia e del Veneto e, dal punto di vista architettonico, di valorizzare i sei caselli ferroviari e i due magazzini di pregio che si trovano lungo i binari. Il tragitto, per molti tratti alberato, attraversa luoghi ancora incontaminati del Veneto, aree di grande interesse ambientale e artistico, borghi che attraggono per la varietà dei prodotti tipici ed enogastronomici. Il percorso collegherà le città di Treviso e Ostiglia con il fiume Po in provincia di Mantova attraversando le province di Padova, Treviso, Vicenza e Verona. Nel territorio padovano la Treviso-Ostiglia tocca ben 10 Comuni: Piombino Dese, Trebaseleghe, Loreggia, Camposampiero, Santa Giustina in Colle, San Giorgio delle Pertiche, Campo San Martino, Curtarolo, Piazzola sul Brenta e Campodoro. I lavori di recupero del tratto padovano sono stati suddivisi in due lotti: il primo, da Piombino Dese a San Giorgio delle Pertiche (per una lunghezza di quasi 20 chilometri), il secondo (da Campo San Martino a Campodoro), che verrà ultimato nel corso del 2013, quando ci sarà la grande inaugurazione dell’intera opera. Il costo per la realizzazione di entrambi i lotti ammonta a 4,6 milioni di euro. Il cicloturismo, pur essendo considerato turismo di nicchia, muove in Europa circa 6.000.000 di persone e ha registrato in Veneto, nel 2012, un incremento del7%. Se poi si analizzano i dati dei “dilettanti” delle due ruote, scopriamo che i potenziali utenti sono in Italia circa 25.000.000. Un dato che fa capire l’importanza, in termini di sviluppo turistico, di questo segmento di mercato. Per il completamento dell’opera, in gran parte già realizzata e inaugurata, è necessario reperire ulteriori risorse, possibilmente fondi europei, e siglare un accordo con FFSS per la concessione o l’acquisto dei sedimi ancora mancanti. Le quattro Province venete si sono trovate d’accordo nel dare mandato alla Regione per trattare con le Ferrovie e individuare finanziamenti europei attraverso il POR 2014-2020 (Programma Obiettivo Regionale). E’ stata confermata inoltre la volontà di sostenere economicamente l’opera e di portare le richieste dei singoli Comuni sul tavolo regionale. “Il percorso ciclopedonale del padovano – ha dichiarato Barbara Degani – è quello più avanzato. L’ultimo tratto sarà inaugurato a settembre. Abbiamo sempre creduto nel progetto sin dall’inizio perché ci permette di sviluppare un turismo ecosostenibile e di recuperare la nostra storia, la nostra cultura e la nostra enogastronomia. Restano da superare due criticità: a Camposampiero e a Campo San Martino, ma siamo già sulla buona strada. L’incontro che oggi ho voluto, è stato utile per individuare una strategia condivisa e essere più incisivi nelle istanze da presentare a FFSS e all’Europa, dopo che la Regione ha già contribuito in maniera determinante con risorse economiche e strategie urbanistiche”.

 Fonte: www.provincia.pd.it

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Venerdì, 02 Agosto 2013 08:13

Pesaro promuove la bicipolitana

La Bicipolitana è una metropolitana in superficie, dove le rotaie sono i percorsi ciclabili e le carrozze sono le biciclette. Lo schema utilizzato è quello delle metropolitane di tutto il mondo. Vi sono delle linee (gialla, rossa, verde, arancione….) che collegano diverse zone della città, permettendoti uno spostamento rapido, con zero spesa, zero inquinamento, zero stress. Al momento la “Bicipolitana”, il progetto che trasformerà l’intera città e collegherà, grazie a piste ciclabili, i quartieri e le zone periferiche tra di loro e con il centro, comprende il tratto che porta da Piazzale Cinelli (zona ospedale San Salvatore) a Baia Flaminia o viceversa, passando per via Canale, il Ponte del Foglia e Lungofoglia delle Nazioni. C’è poi tutto il tratto del lungomare che inizia da viale Napoli, va verso viale Trieste fino a raggiungere Fossosejore, il tutto costeggiando la spiaggia e ammirando così il mare. Sono, inoltre, presenti diverse piste ciclabili che collegano i quartieri periferici alle centralità cittadine come, ad esempio, l'itinerario che collega il parco Miralfiore al quartiere di Villa San Martino attraverso le vie Respighi e via Togliatti, la pista ciclabile che costeggia via Belgioioso e via Trometta vari percorsi presenti al'interno dei quartieri Celletta e Villa Fastiggi. La bicipolitana, in fase di completamento, ha attualmente un'estensione di circa 72 chilometri. Il progetto finale prevede circa duecento chilometri di percorsi che valgono investimenti per 26 milioni di euro. Altri interventi riguardano i una serie di parcheggi scambiatori, il pagamento delle soste nelle strisce blu oltre al biglietto e all’abbonamento del trasporto pubblico cittadino ed extraurbano tramite lo smartphone e, in accordo con Società Autostrade, in compensazione ai lavori della terza corsia, la realizzazione di altre opere che incideranno positivamente sulla mobilità urbana a vantaggio delle quattro ruote.

Fonte: Comune di Pesaro

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Per cambiare profondamente il volto di una città basta un numero magico (il numero 30). E non ci vogliono nemmeno troppi soldi. A Parigi, per esempio, con soli 2,6 milioni di euro di stanziamenti, l’amministrazione di Bertrand Delanoe ha messo a punto un piano rivoluzionario. Un format esportabile in qualunque città europea (Italia compresa): dal prossimo settembre su 560 km di rete stradale il limite massimo di velocità consentito alle automobili sarà di 30 Km/h (il 37% delle strade cittadine). Il nuovo piano “La rue en partage” (“la strada in condivisione”, ndr ) non dovrebbe essere un dramma, eppure le questioni della mobilità urbana provocano sempre accesi dibattiti politici e sociologici. Anche a Parigi. Per semplificare, da una parte ciclisti che rischiano la vita e dall’altra adepti del culto motorista sempre più rancorosi e su di giri. E dire che in nessuna metropoli europea la media di chilometri percorsi da un’auto ingolfata nel traffico si avvicina al numero magico: ovunque la bicicletta è il mezzo più veloce per spostarsi nelle aree urbane. A Parigi questo limite verrà fissato in una trentina di quartieri, che vanno ad aggiungersi ad altre 74 zone della città dove la velocità è già regolata in questo modo. Ma non c’è limite al meglio: nella capitale francese sono già attive 23 “zone di incontro” dove le auto non possono superare i 20 Km/h; qui pedoni e ciclisti sono padroni della strada, e le automobili sono “avvisate” da strisce bianche perpendicolari alla carreggiata formate da piccoli rettangoli tipo pixel, una via di mezzo tra segnaletica e arte di strada, un modo poco invasivo per invitare gli automobilisti a rallentare.

L’obiettivo di questo programma che per noi sembra lunare è piuttosto semplice, invitare gli automobilisti a scegliere il mezzo di trasporto più semplice e moderno del mondo: la bicicletta. E a rispettare le due ruote: i ciclisti, nelle zone 30, potranno anche “bruciare” il semaforo rosso per svoltare a destra. Di questo passo, le automobili a Parigi diventeranno un mezzo di trasporto in via d’estinzione, e del resto lo confermano le statistiche: già ora il 60% degli spostamenti si fa a piedi, il 27% con i trasporti pubblici, il 7% in automobile e il 4% in bicicletta. Percentuali impensabili per l’Italia, il paese europeo più in ritardo rispetto allo sviluppo della ciclabilità e alla cultura della mobilità alternativa. Londra, per esempio, giusto per non restare indietro rispetto a Parigi, sta pensando di estendere l’attuale percentuale di zone 30 (oggi circa il 19% delle strade urbane) a quasi tutta la città – rimarrebbero escluse solo le arterie ad alto scorrimento. Possibile? Per Isabel Dedring, responsabile dei trasporti londinesi, non ci sarebbero problemi: «Andrà a finire come capitò con il divieto di fumo nei locali, nessuno lo riteneva possibile fino a quando non è successo».

Bisognerà solo convincere i distretti, ma già alcuni hanno imposto i 20 miglia all’ora in tutte le strade, con risultati molto soddisfacenti e dunque contagiosi. A Monaco, altra città virtuosa, sono così visionari che entro il 2025 puntano ad avere la quota di spostamenti in automobile al di sotto del 20% nelle zone centrali (taxi compresi). Lo ha annunciato Hep Monatzeder, vicesindaco della città dove ha sede la Bmw – provate adesso ad immaginare il sindaco di Torino Piero Fassino e la Fiat di Marchionne. Monaco, per raggiungere l’obiettivo, solo nell’ultimo anno ha già stanziato 10 milioni di euro per la ciclabilità. In Italia (2.556 ciclisti morti negli ultimi dieci anni), sull’onda di un’evidenza che ha trasformato la bicicletta nello strumento più efficace per praticare più che sognare un mondo diverso, soprattutto nelle città, anche la politica si è dovuta accorgere che qualcosa si sta muovendo. Con ritardo e inconcludenza imbarazzanti. A parte i sindaci volonterosi che ci deliziano con improbabili pedalate propagandistiche, diverse associazioni hanno presentato una proposta di legge proprio per introdurre il limite dei 30 Km/h nei centri urbani (già sottoscritta da circa sessanta deputati di tutti gli schieramenti).

L’obiettivo della Rete della Mobilità Nuova, seppure meritevole, dice a che punto siamo rispetto alle esperienze europee: obbligare i sindaci, entro due anni, a far scendere gli spostamenti motorizzati con mezzi privati almeno sotto al 50%. Un’impresa disperata visto che la quasi totalità delle risorse per la mobilità vengono destinate all’alta velocità e alla rete autostradale, anche se le lunghe distanze assorbono meno del 3% degli spostamenti di persone e merci. Eppure, nonostante l’ottusità del sistema, in Italia le campagne di sensibilizzazione per sostenere il limite di velocità di 30 km/h si stanno moltiplicando con diverse iniziative dal basso. Il rischio però è che per un difetto di comunicazione non si riesca a far comprendere la portata di un semplice provvedimento che nelle nostre città sarebbe a dir poco storico, se non irrinunciabile: qui non ci sono in gioco solo i diritti (o le pretese) di qualche scanzonato cittadino che vuole liberarsi dalle automobili per pedalare in santa pace. C’è ben altro.

Proviamo a mettere tra parentesi – anche se è impossibile – lo studio approfondito appena realizzato dall’Istituto dei Tumori di Milano che ha dimostrato una stretta relazione tra l’inquinamento e il rischio di tumori al polmone (300 mila le persone testate, 36 i centri europei coinvolti). È stato misurato l’inquinamento dovuto alle polveri sottili (Pm10 e Pm2,5) causato in gran parte all’emissione dei motori a scoppio e agli impianti di riscaldamento. La conclusione è drammatica: per ogni incremento di 10 microgrammi di Pm10 per metro cubo presenti nell’aria, aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22%. Sono cifre da ecatombe, questo tipo di tumore rappresenta la prima causa di morte nei paesi industrializzati, e solo in Italia nel 2010 si sono registrati 31.051 nuovi casi. Non bisognerebbe aggiungere altro per imporsi l’obiettivo di rottamare il mezzo di trasporto più mortifero, ma torniamo al limite dei 30 Km/h per entrare nello specifico dei tanti benefici per tutti. Automobilisti compresi. Prima di tutto si abbasserebbe la mortalità. In Europa, tumori a parte, ogni anno muoiono 35.000 persone a causa di incidenti stradali (un milione e mezzo rimangono ferite). L’Italia contribuisce alla statistica con 5 mila morti all’anno (e 300 mila feriti): quasi un quarto delle vittime sono pedoni e ciclisti. Tutta colpa della velocità? Sì.

Come dimostra uno studio londinese, quasi tutti gli incidenti che hanno ucciso ciclisti sono avvenuti in strade con un limite fissato a un minimo di 48 Km/h. I dati sui pedoni sono inconfutabili: se un’automobile investe una persona a 65 Km/h la uccide nel 90% dei casi, a 50 Km/h nel 20% dei casi, a 30 Km/h nel 3% dei casi. Data per scontata la maggior vivibilità delle strade con l’istituzione delle “zone 30″ – cosa di per sé gradevole ma che per alcuni potrebbe non essere prioritaria – va sottolineata anche la considerevole riduzione dei costi sanitari a fronte di una diminuzione dei sinistri (il Pil annuale perso a causa degli incidenti viene valutato attorno al 2%). Inoltre, la riduzione della velocità, come dimostrano alcuni studi effettuati ad Amburgo, farebbe diminuire dal 10 al 30% l’emissione di gas inquinanti. Sul banco degli imputati ci sono gli automobilisti che si ostinano a guidare in città, eppure il numero magico funzionerebbe anche per loro: consumerebbero meno carburante (12% secondo una ricerca tedesca) e anche loro morirebbero con minor frequenza.

Fonte: comune info; il manifesto (articolo pubblicato anche su eddyburg.it).

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Il sindaco di Roma Ignazio Marino è stato intervistato per il progetto Radio Bici, facendo un giro in tandem nel centro storico della città (sotto la pioggia). Marino, parlando di mobilità sostenibile, ha dichiarato che entro due anni vorrebbe riuscire a togliere dalle strade di Roma almeno il 20 per cento delle automobili e ha rivolto un messaggio al suo collega di Milano, Giuliano Pisapia.

Fonte: www.ilpost.it

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