Tutto quello che serve agli appassionati delle due ruote, punti vendita, assistenza, riparazioni e abbigliamento.
Venerino Tosini, 61 anni appassionato di arte e degli sport di fondo, inforcherà la bicicletta per pedalare ininterrottamente fino a Firenze, 500 chilometri andata e ritorno con il solo supporto di casco, occhiali protettivi e olio di gambe. Velocità media di crociera: 23 chilometri orari per rispettare il limite delle 24 ore fissato per completare l'impresa, inclusi un'ora e 50 minuti di ristoro fisico.
Una rivendicazione pacifica e insieme un pellegrinaggio, visto che le due tappe del tour saranno il piazzale del Mandela Forum in viale Paoli a Firenze e la stessa Bosaro, entrambe accomunate dalla presenza di un monumento dedicato al campione di ciclismo Franco Ballerini, vincitore delle Parigi Rubaix rimasto vittima di un incidente di rally il 7 febbraio 2010.
Ballerini rappresenta per Venerino la faccia pulita dello sport e al tempo stesso è testimonianza del suo secondo grande amore, l'arte. Il progetto per la scultura di Bosaro infatti è suo, e i tre anni di studi all'Istituto d'arte di Venezia, in gioventù, gli hanno lasciato in eredità la voglia di cimentarsi nella scultura, nella pittura e nelle installazioni (sua una mostra alle Grotte Boldini alcuni anni fa).
In curriculum ci sono diverse traversate, tra cui la Piombino-Isola d'Elba (5 ore 44'), la Rovigno-Albarella (41 ore) e la Pontelagoscuro (dalla Canottieri) al Lido di Venezia (Malamocco), 130 ore.
Nel maggio del 2012 ha macinato 203 km (di cui 135 in salita) da Ferrara a Incisa Val d'Arno e si è cimentato a percorrere 325 chilometri consecutivi in pianura, 13 ore (quasi) non stop con velocità media di 27 chilometri orari.
Più della fatica, più della solitudine delle ore notturne («ci vuole una certa tempra psicologica»), più delle auto («di notte e all'alba molte strade sono pressoché sgombre»), Venerino teme le "incursioni" di animali. Sembra banale, ma non lo è quando in discesa raggiungi i 65 km orari e dal niente sbuca un cerbiatto e ti taglia la strada; oppure se incroci una famiglia di porcospini che in fila si sta spostando da un ciglio all'altro della carreggiata, o ancora quando una civetta o un barbagianni in volo ti piombano addosso.
Con la Ferrara-Firenze. Venerino intende così dare il suo contributo per «restituire credibilità allo sport, al ciclismo. Perché non ne posso più di tutti quelli che, campioni famosi , semplici dilettanti o pensionati, per fare sport devono aiutarsi. La sfida è aperta a tutti, e sono pronto a farmi visitare».
Fonte: lanuovaferrara.gelocal.it
Le migliori cicliste al mondo, sospinte dal successo del Giro Rosa, non ci stanno a guardare il Tour de France come spettatori. L'inglese Emma Pooley, l'olandese Marianne Vos, la nostra Elisa Longo Borghini sono solo alcune tra le firmatarie di una petizione indirizzata a Christian Prudhomme, che sta scuotendo il mondo del web per richiedere una maggiore parità tra i sessi nel mondo del ciclismo e il ritorno della Grande Boucle per le donne. Le cicliste infatti hanno deciso di chiedere al patron del Tour de France la possibilità di gareggiare. Non più bassa copertura mediatica, non più corse ridotte, ma Il Tour, quello vero, quello mitico, quello degli eroi in bici.
Di seguito riportiamo la petizione che è possibile firmare qui:
“Per 100 anni, il Tour de France è stato l’apice al mondo degli eventi sportivi di resistenza, seguito e d’ispirazione per milioni di persone. E per 100 anni, è stata una gara esclusivamente maschile (c’è stato un Tour femminile a parte negli anni ‘80, ma che neanche lontanamente assomigliava alla versione maschile in termini di copertura mediatica e sponsorizzazioni). Dopo un secolo, è giunto il momento che anche le cicliste siano autorizzate a correre il Tour de France. Mentre molti altri sport hanno ingaggiato battaglie per l’equità tra i sessi, il ciclismo su strada resta molto discriminatorio nei confronti delle donne che hanno: un minor numero di opportunità di gareggiare, nessuna o limitata copertura televisiva, distanze più brevi da percorrere, stipendi e premi in denaro inifinitamente più bassi rispetto ai colleghi uomini. La corsa su strada delle donne alle Olimpiadi di Londra è stata una grande vetrina per dimostrare quanto impressionante, emozionante e divertente può essere il ciclismo femminile. Il Giro delle Fiandre e la Freccia Vallone mettono in scena la corsa maschile e femminile nello stesso giorno, con grande successo. Dare spazio alle donne al Tour de France costituirebbe un segnale importante per sfatare il mito della “limitazione” fisica delle atlete. Alla fine degli anni ‘60 era convinzione generale che le donne non potessero correre la maratona. 30 anni dopo possiamo guardare indietro e vedere quanto sbagliata fosse questa idea. Speriamo che tra 30 anni da oggi, ripenseremo al 2014 come l’anno in cui lo sport del ciclismo ha aperto gli occhi alla vera equità tra i sessi. Se vuoi vedere più gare femminili in televisione e in strada, firma questa petizione per far sì che il ciclismo su strada compia un passo importante nella direzione giusta. Aiutaci ad abbattere le barriere che impediscono ingiustamente alle atlete di usufruire delle stesse opportunità degli uomini».
Queste le richieste sostanziali della petizione:
- Le donne dovrebbero avere la possibilità di competere nelle stesse manifestazioni ciclistiche degli uomini
- Le donne dovrebbero essere sulla linea di partenza del 101° Tour de France nel 2014″
Fonte: www.italnews.info
UNA CERTEZZA.
Se una certezza emerge non appena la serata muove i suoi primi passi (il percorso curato da Sanvito si snoda tra foto e video d'epoca appoggiandosi a spezzoni della recente fiction andata in onda sulla Rai in occasione del 50° della foto in cui sul Galibier i due si scambiano l'altrettanto celebre bottiglia d'acqua Vichy, ndr) è che tra Coppi e Bartali quello "con la testa sulle spalle" era Gino. Che sarà per Fausto, più giovane di cinque anni, il punto saldo e di conforto cui appoggiarsi lungo tutti i momenti difficili che il Campionissimo ha dovuto attraversare, dalle prime fatiche sui pedali, alla difficile situazione familiare vissuta tra la separazione dalla moglie Bruna e il rapporto con Giulia Occhini, la "Dama Bianca", madre del figlio Faustino, fino al brutto incidente che mise prematuramente fine alla sua carriera. Fu proprio Bartali, infatti, che, dopo aver terminato la carriera e aver assunto il ruolo di direttore sportivo della squadra San Pellegrino da lui fondata, offrì l'ultima chance a Coppi, che poi, a seguito di un viaggio in Africa, si ammalò di malaria e morì, non potendo di fatto mai correre per il rivale di un tempo. Da notare inoltre la segnalazione di Sanvito sulla manifestata volontà da parte di Fausto Coppi, prima di morire, di voler incontrare il vescovo di Milano per chiedere consiglio sulla sua situazione familiare e sulla soluzione migliore per evitare sofferenze ai suoi cari.
UOMINI VERI.
Non mancano gli episodi che fanno capire la stoffa umana dei due campioni. Uno su tutti è il racconto delle gesta di Gino Bartali nel periodo in cui le competizioni vennero sospese per la guerra. Scampato alla leva per una malformazione al cuore (né lui né Coppi, quest'ultimo per un problema ai polmoni, avrebbero mai potuto correre se ci fosse stata l'obbligatorietà dell'idoneità medico-sportiva!), con il permesso di potersi allenare, Bartali percorse tra il 1943 e il 1944 la tratta dalla stazione di Cortona al monastero di Assisi per portare documenti, nascosti all'interno della canna della bici, che contribuirono a salvare la vita di migliaia di ebrei, adulti e bambini.
Un altro episodio da ricordare è il festeggiamento per il primo Giro d'Italia vinto, in cui Bartali si rifiutò di ringraziare pubblicamente il Duce, spiegando che lui di tessera aveva già quella dell'Azione Cattolica e di quella della Gioventù Fascista non sapeva che farsene. Ma le pagine più belle sono quelle della rivalità sportiva tra Coppi e Bartali, una rivalità fatta al tempo stesso di un'infinità di colpi bassi ma anche di grandissimi gesti di lealtà e rispetto, sia sulle strade del Tour de France sia su quelle del Giro. E il racconto di Sanvito ha il pregio di non essere una versione edulcorata o di parte, né per l'uno né per l'altro, ma il racconto obiettivo di come si sono svolte le due carriere, dalle prime vittorie di Bartali, a quelle di Coppi, passando per la rivalità nata alla Legnano quando emerse il giovane talento di Fausto, allora gregario di Bartali, poi suo capitano e dopo in squadre diverse: Bianchi e Legnano prima, Bianchi e Bartali poi.
UN CICLISMO A MISURA D'UOMO.
Il quadro che emerge alla fine è quello di un ciclismo a misura d'uomo, in cui già c'erano polemiche a non finire su doping e durata della stagione sportiva, con gli organizzatori che stressavano gli atleti esagerando già allora il numero di competizioni e impegni. Proprio come oggi, insomma. E proprio oggi come allora, a uomini veri come Gino e Fausto – che di certo non mancano né in gruppo né tra gli organizzatori – il ciclismo deve sapersi affidare se vuole ripartire ed uscire dalla nuvola di fango in cui si è infilato negli ultimi anni, tra affari di doping e combine, vere o presunte che siano.
Fonte: tempi.it
Titolo: Il mestiere del ciclista. Gioie e dolori dell'ingegnere in bicicletta.
Autore: Marco Pinotti
Editore: Ediciclo - settembre 2012
pagine 250, dimensioni 13x20, prezzo 14,90 euro.
Per ridare una struttura per l'infanzia a Mirabello si è mosso il campione del ciclismo francese oltre a Fantoni e Iacchetti.
E' finita la stagione ciclistica professionisti, ma i grandi nomi del ciclismo stanno pedalando ancora. Meta, l'asilo di Mirabello. Un'unica grande squadra di campioni (capitanati ai tempi d'oro dal compianto Gino Bartali che a un passo dal centenario dalla nascita) che si sta impegnando per ridare un asilo ai bambini di Mirabello, città colpita dal terremoto e dalla liquefazione.
Maglie e borracce autografate da tanti big del pedale che serviranno per una grande asta benefica in programma nel milanese a fine novembre, organizzata dalla Fondazione Gino Bartali grazie a due ragazzi del Centese, Laura Guerra, giornalista e membro della Fondazione, e Jonathan Di Tata, impegnato nella politica e nel sociale.
Dopo la maglia azzurra di Pirlo autografata da tutta la nazionale di calcio, si è aggiunto un altro grande nome dello sport, uno di quelli che resteranno a vita nell'Olimpo del ciclismo che appena saputo dell'iniziativa ha voluto dare il suo contributo. Si tratta di Bernard Hinault, il fuoriclasse d'oltralpe che dopo aver vinto 5 Tour de France, 3 Giri d'Italia e 2 Vuelta, Liegi e Roubaix ora è ai vertici dell'organizzazione della Grand Boucle.
"Sono felice di poter contribuire anche io – sono state le parole di Hinault in uno dei suoi rari viaggi in Italia – ho autografato con piacere la borraccia della Fondazione Bartali e spero che questo possa essere veramente utile per quei bambini". Ma non è tutto perché anche il mondo dello spettacolo ha risposto all'appello di Laura e Jonathan. "Abbiamo contattato il noto comico estense Gianni Fantoni che, gentilissimo, in occasione del suo "Raduno dei Pigri" ha donato pubblicamente per la nostra asta la specialissima tazza a 4 manici resa pezzo ancor più unico apponendovi la sua firma e quella di Enzo Iacchetti – hanno spiegato i ragazzi – si sono dimostrati veramente sensibili al problema e vogliosi di poter far qualcosa per i bambini ed il loro asilo e per questo li vogliamo ringraziare di cuore".
Vista la nobile causa, inoltre, si stanno affiancando al progetto molti altri sport, l'élite degli atleti internazionali e personaggi dello spettacolo.
Fonte: estense.com
La storia della bicicletta dalle sue origini ai giorni nostri, questo il tema portante del libro La bici: gli uomini, la storia scritto da Edoardo Porcaro con la prefazione del presidente della Federazione Ciclistica Italiana, Renato Di Rocco. Un viaggio, lungo quasi due secoli, in cui l'autore ripercorre l'evoluzione della bicicletta, non dimenticando le vicende personali degli uomini che hanno contribuito a tracciarne la storia. Nella sua ricostruzione, l'autore ha cercato di dare una precisa collocazione temporale alle numerose invenzioni che hanno caratterizzato la storia del mezzo a pedali, sgombrando il campo dai falsi accrediti e dando il dovuto riconoscimento ai veri ideatori.
TOUR DE FRANCE 1903
Facchinetti Paolo
Prezzo: € 12,50
Pagine: 432
Editore: Ediciclo
La nascita del Tour e la storia della prima edizione nel 1903. Il racconto di come Henri Desgrange riuscì a coinvolgere nel suo progetto alcuni corridori ardimentosi. Partirono in 60, arrivarono in 21. Uscivano di notte, cavalcando biciclette di ferro, senza cambio e con un freno solo; affrontavano l'ignoto con coraggiosa incoscienza, suscitando ovunque ammirazione ed entusiasmo.
Testo tratto dal libro di Alberto Fiorin, Pedalando sull’acqua, cento anni di ciclismo a Venezia, Ediciclo Editore, in uscita il 7 maggio. Una città d’acqua, di ponti, di strade che non sono strade, in cui si procede a piedi o a remi. Una città che non conosce il rombo del motore di un’automobile: può apparire paradossale ma una città così ha immediatamente amato – e ancora ama – le due ruote.
I veneziani hanno infatti fin da subito sviluppato con la bici una relazione intensa e complessa, la cui storia scorrerà nelle pagine seguenti. Velocipede, biciclo, bicicletto, bicicletta: comunque fosse chiamato quel nuovo mezzo di trasporto che fece irruzione attorno agli anni ottanta dell’Ottocento, i veneziani se ne innamorarono immediatamente e lo utilizzarono senza alcuna remora.
Di fatto era impossibile utilizzare la bicicletta per le evidenti difficoltà urbanistiche e ambientali: i ponti, i canali, la laguna, l’impraticabilità del centro storico. Eppure ciò avvenne, e avviene tuttora.
Il doping ecologico. I segreti per vincere con l'allenamento mentale
Autore: Omar Beltran
Prezzo: € 16,00
Pagine: 180
Editore: Ediciclo
Il metodo rivoluzionario da seguire per vincere nel ciclismo e in TUTTI GLI ALTRI SPORT senza l'utilizzo del doping
I metodi di allenamento dei professionisti, in particolare Pinotti, già maglia rosa al giro d'Italia e considerato il "corridore ecologico".
Prefazione di Franco Ballerini
(Commissario Tecnico della Nazionale Italiana Ciclismo)
Gli esercizi da eseguire, i criteri per allenarsi nel modo giusto, i segreti per utilizzare la mente in tutte le sue potenzialità
Omar Beltran, preparatore e motivatore di molti importanti atleti professionisti, porta avanti il progetto "pane e acqua", che rifiuta il doping e punta sulle potenzialità della mente: "Ho un ideale e una missione: dimostrare che si può correre in bici ad altissimi livelli senza prendere nulla. Voglio che il ciclismo e lo sport cambino"
Tutto quello che serve agli appassionati delle due ruote, punti vendita, assistenza, riparazioni e abbigliamento.