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Joe Boyd: il produttore dei Pink Floyd dialoga con Riccardo Bertoncelli
Se cercate un pozzo di aneddoti sul periodo più effervescente del rock, ebbene, il libro Le biciclette bianche di Joe Boyd potrebbe essere una scelta di lettura azzeccata e di certo non deludente.
Di leggende su quei favolosi anni Sessanta ne sono state raccontate molte e di versioni circolanti nell'aria ce ne sono mille, tutte diverse tra loro. Joe Boyd ha un vantaggio particolare, non dico su tutti, ma certo su molti: lui c'era. C'era al festival di Newport del '65 quando Bob Dylan frastornò i timpani dei suoi fedelissimi con una chitarra elettrica venuta da un universo parallelo, c'era quando i Pink Floyd cominciavano a uscire dal circuito underground per affermarsi come una delle migliori e più innovative band della scena musicale, c'era quando il rock prendeva il sopravvento sul jazz e quando Nick Drake si uccise.
Joe Boyd si presenta professionalmente come il produttore dei primi Pink Floyd, come lo scopritore di Nick Drake, come colui che portò al successo band come i Fairport Convention o l'Incredible String Band, ma in realtà nel suo libro è come se questo aspetto ufficiale passi in secondo piano e siano invece la musica, i protagonisti, i freak e le droghe che in quel periodo circolavano, a prendersi il centro della scena. Quello che impressiona nel memoir di Joe Boyd è la lunga lista di nomi (Duke Ellington, Thelonious Monk, Miles Davis, Bob Dylan, gli Who, Steve Winwood, Eric Clapton) che viene snocciolata con una semplicità impressionante per chi, con il senno di poi, capisce la grandezza di certi artisti e rimane colpito dall'intensità e dal numero che quel contesto particolare generò.
Locandina dei Pink Floyd per l'UFO club (1967)
"Tutto era in accelerazione: nuove droghe, nuovi vestiti, nuova musica e nuovi locali."
L'UFO club, che Joe Boyd gestiva, si stava popolando di ragazzi con i capelli lunghi, donne disinibite con svolazzanti vestiti a fiori, freak sballati 20 ore su 24 e poliziotti proletari sconvolti dagli eventi.
E in tutto questo vortice di avvenimenti c'è anche il tempo di raccontare le avances fallite di Joe Boyd e gli incontri la mattina successiva in doccia: "Quando mi svegliai all'odore del caffè e del bacon, mi vestii velocemente e scrutai la cucina. Mary era in piedi vicino al fornello in vestaglia e sembrava molto contenta di se stessa. La porta del bagno era chiusa e sentivo l'acqua scorrere. Mi fece un bel sorriso con aria cospiratoria: - Indovina chi c'è nella doccia?! Dylan!!! - "
Ma Le biciclette bianche non è solo un vasto mondo da cui pescare racconti divertenti, è anche uno spaccato bello e interessante attraversato talvolta da qualche riflessione in odor di morale:
"Sei anni dopo che Sgt Pepper ebbe sconvolto il mondo, pervadendo, così sembrò, la coscienza di tutti gli abitanti del globo, gli album di Carole King e di Neil Young superarono di molto le vendite del capolavoro dei Beatles. Dieci anni dopo, le vendite di Thriller di Michael Jackson avrebbero reso insignificanti tutte quelle dei dischi dei Beatles messi insieme e lui avrebbe acquistato con gli spiccioli i diritti di pubblicazione del catalogo dei brani di Lennon e McCartney".
Le biciclette bianche di Joe Boyd è un libro personale, generazionale, aneddotico, ma anche una testimonianza credibile di un'epoca mitica difficile da raccontare solo con la musica perché in fondo "Una registrazione può conservare gli elementi di un grande momento musicale, ma è impossibile catturare l'energia di forze sociali e culturali".
Joe Boyd vanta una scrittura elegante, equilibrata e precisa. Il risultato è un libro che si rivolge non solo agli appassionati e ai nostalgici, ma anche a chi vuole capire come davvero girassero le cose in quel periodo.
Boyd Joe - Le biciclette bianche
Titolo originale: White Bicycles: Making Music in the 1960s
Traduzione di Stefano Nardini
pagg. 286, Euro 18,00 - Edizioni Odoya
ISBN 978-88-6288075-6
Fonte recensione: www.wuz.it