Martedì, 16 Ottobre 2012 11:50

La conflittualita' fra ciclisti, pedoni e automobilisti e' un'idiozia

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Nei primi anni del 2000 i media tedeschi scatenarono un dibattito piuttosto acceso sulla contrapposizione ciclisti-pedoni-automobilisti. Questo accadde perché dopo un decennio di politiche di incentivazione all'uso della bicicletta (non saprei dire, ma ma mi viene da dedurre che fossero politiche ben più salde e coerenti delle nostre) il numero di "ciclisti" aumentò considerevolmente.

 

Per una dettagliata lettura su Berlino: http://www.biciebasta.com/index.php?option=com_content&view=article&id=227:reportage-sulla-ciclabilita-berlino-a-due-passi-da-torino-&catid=37:news

La contrapposizione nacque perché i ciclisti continuavano ad aumentare mentre gli spazi rimanevano gli stessi (il contesto urbano e il codice della strada sono fondamentalmente auto-centrici). Anche in Germania, come sta avvenendo in Italia, si iniziò a destinare spazi per le biciclette ritagliandoli principalmente intorno ai percorsi pedonali (in particolare dividendo lo spazio sui marciapiedi) e in generale, senza procedere attraverso politiche organiche e pianificate.

Anche se in modo meno disorganico rispetto alle politiche italiane, questi interventi di ridistribuzione degli spazi non fecero altro che buttare le biciclette addosso ai pedoni scatenando dibattiti e critiche: "perché ecologisti credono di poter fare quello che vogliono", "irrispettosi del codice", "vanno sui marciapiedi", "corrono contromano"... Uno degli alfieri di queste battaglie anticiclisti fu il famoso Bild.

Ora, 12 anni dopo, visitando le realtà urbane tedesche, con le ovvie differenze, ci si accorge subito che la nazione di Wolkswagen, Bmw, Mercedes, Audi, Porsche ha dato molto spazio e importanza alla mobilità ciclabile.

Vinsero quindi i ciclisti la battaglia con pedoni e automobilisti?

Ovviamente no. Questa visione superficiale e distorta di contrapposizione fra utenti della strada venne annichilita da una cosa semplice (ma ci fosse un politico o un giornalista che avesse la pazienza di ragionarci su): lo share modale (o modal split)

Share modale significa percentuale di spostamento.

Semplificando, quel che un buon amministratore deve fare (come hanno fatto in Germania, cercando di replicare le politiche danesi e olandesi) è ragionare sui mezzi di trasporto e non sugli utenti (categorizzandoli).

L'obiettivo non è avere più ciclisti o inchinarsi al loro potere ma aumentare lo share modale degli spostamenti in bicicletta secondo la banale logica del "chiunque può essere ciclista" (come chiunque è o può essere automobilista, pedone o utente dei mezzi pubblici). Deve chiedersi "cosa non funziona" nel contesto urbano nell'interazione fra i mezzi. Cosa c'è da fare affinchè decresca il numero delle conflittualità (e naturalmente degli incidenti)

Il buon amministratore deve ridisegnare strada e gli spazi condivisi affinché chiunque con qualunque mezzo possa interagire con il contesto urbano e con gli altri utenti nel modo più efficiente e meno conflittuale possibile.

Il buon amministratore sa che è prima di tutto è la strada ad esortare (e quindi educare) ad un comportamento consono e rispettoso (invocare il buon senso che si infonda per miriacolo su tutti i cittadini è poco intelligente)

Il buon amministratore deve porsi poi degli obiettivi, progettare delle soluzioni ed attuarle. Aumentare lo share modale ciclistico al 20% significa predisporre la strada e ripensare alle regole della viabilità affinché questo 20% di traffico possa realmente e in sicurezza percorrere ogni punto della città (in Italia ci fermiamo alla ricerca degli obiettivi e delle soluzioni, senza attuarle).

Dopo 12 anni e buone amministrazioni (generalizzo, non tutta la Germania funziona così bene) la polemica si è svuotata e buona parte del popolo tedesco ha semplicemente compreso che i ciclisti non sono una categoria a sé stante ma solo cittadini che usano la bicicletta (per una percentuale dei propri spostamenti).

Sarebbe superfluo rispondere a chi chiede perché aumentare lo share modale ciclistico. Basti pensare ad una città come Copenaghen per rispondere.

A Copenaghen il 35% dello share modale è ciclistico ma il 99% dei cittadini è ciclista. Hanno a disposizione una città che accoglie qualunque mezzo e a seconda dell'utilità scelgono quello più opportuno.

Ridisegnando completamente le strade e lo spazio urbano riducendo sostanzialmente lo spazio alle auto, ha raggiunto questo risultato:

35% di spostamenti in meno delle auto,

35% in meno di traffico e congestionamento (le vie danesi sono scorrevoli per auto, mezzi pubblici, mezzi commerciali)

35% in meno di inquinamento atmosferico e acustico,

35% in meno di incidenti e qualche centinaio di milioni di euro risparmiati in spese sanitarie,

35% in meno di morti e feriti.

Qua il reportage su Copenaghen: http://www.biciebasta.com/index.php?option=com_content&view=article&id=405:mobilita-ciclabile-dal-mondo-il-modello-copenhagen&catid=37:news

Noi continuiamo a sentire, anche ai piani alti dell'amministrazione, che..." gli interventi per i ciclisti".."che voi associazioni dovreste spiegare ai ciclisti..". Continuiamo ad osservare inerti interventi inutili (ciclabili sui marciapiedi o a centro strada) e a leggere di cittadini infuriati perché i ciclisti corrono sotto i portici o sui marciapiedi (senza porsi la domanda sul perché questo accada o rispondendosi superificialmente "che i ciclisti sono irrispettosi"). E poi ci tocca pure leggere che l'obiettivo è aumentare il protagonista di questo articolo, lo split modale, al 15-20%. Forse c'è qualcosa che non va?

Insomma. Non abbiamo ancora capito una mazza.

Altro che Germania (che rimane sempre la patria di Wolkswagen)

Per chi è interessato ad analizzare i dati di share modale...(Torino, naturalmente, ha uno share modale sbilanciatissimo verso l'uso dell'auto): http://www.epomm.eu/tems/index.phtml

 

Fonte: biciebasta.com

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