Giovedì, 07 Febbraio 2013 14:33

Airbag per ciclisti

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Viene dalla Svezia e più precisamente dalla perseveranza di due studentesse in ingegneria, Anna Haupt e Terese Alstin, il primo airbag per ciclisti, Hövding, soprannominato simpaticamente “il casco invisibile”. L’idea nasce nel 2005, nell’ambito di un progetto sperimentale per la tesi del master in Industrial Design e proprio quando in Svezia entra in vigore una legge che impone l’obbligo del casco ai ciclisti minori di 15 anni.

Anzi, la Swedish Road Administration vorrebbe estendere la norma anche agli adulti, poiché in questo paese la bicicletta è un mezzo diffusissimo, ma molto numerosi sono anche gli incidenti, molti dei quali mortali a causa del mancato utilizzo del casco. La notizia non è accolta bene dal popolo delle due ruote ecologiche, per motivi di scomodità e intralcio, oltre che dall’impossibilità di indossare copricapi che tengano la testa al caldo contro il clima molto rigido di quel paese. L’aspetto della sicurezza non è minimamente considerato.

E così Anne e Terese si mettono all’opera e per sette anni progettano, provano, sperimentano, falliscono e riprovano ancora e, finalmente, con l’aiuto preziosissimo di uno specialista in traumi del cranio, con il quale confrontano i movimenti più frequenti e comuni di corpo e testa in caso d’incidente, giungono a realizzare il casco Hövding, una sorta di scalda collo ergonomico non invasivo, dotato di sensori che rilevano i movimenti anomali dei ciclisti in fase di caduta o di urto ed inviano un segnale al dispositivo di gonfiaggio dell’airbag, proteggendo immediatamente tutta la testa e lasciando liberi solo gli occhi. Superati i crash-test imposti dalla comunità europea, Hövding è oggi disponibile e in vendita online.

L’ Italia, secondo i dati diffusi dall’ANIA, Fondazione per la Sicurezza Stradale, è al terzo posto in Europa per incidenti mortali ai danni dei ciclisti con 282 vittime nel 2011; considerare seriamente un dispositivo del genere, vista l’insofferenza e la presunta scomodità nell’indossare il casco anche da parte dei nostri connazionali, non sarebbe affatto male. E personalmente spezzo una lancia a favore di qualunque sistema di protezione e sicurezza: mio figlio adolescente non sarebbe qui se avesse dato retta alle mode o alle abitudini del branco. Non vi è alcuna giustificazione che valga un incidente serio e compromettente o, ancora peggio, una vita perduta.

Fonte: architetturaecosostenibile.it

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