Lunedì, 21 Gennaio 2013 11:44

Berlino e i suoi incroci ciclabili e zone 30

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Berlino non ha ancora una rete completa di piste ciclabili sulla vastissima area urbana, lo sviluppo è in corso, anche se raffrontato alle città italiane è anni luce avanti.

In questo quadro non sempre omogeneo salta agli occhi però la presenza di attraversamenti ciclabili, praticamente a tutti gli incroci, ben chiari come segnaletica orizzontale (simile ad i nostri quadrotti).

La cosa potrebbe stupire alcuni progettisti delle nostre terre italiche, gli attraversamenti ciclabili vengono realizzati anche dove non c'è pista ciclabile. In alcuni casi un paio di metri prima dei quadrotti dell'incrocio viene fatta iniziare la corsia ciclabile, anch'essa costituita da semplici linee bianche verniciate sulla carreggiata, con il pittogramma della bici. In tal modo si incanala in modo chiaro il flusso dei ciclisti per impegnare l'intersezione.

Gli attraversamenti ciclabili mancano soltanto ad alcuni incroci all'interno delle zone 30, dove il traffico è già ridotto e reso compatibile a vantaggio di ciclisti e pedoni.

Gli attraversamenti ciclabili sono presenti anche sulle arterie di grande scorrimento a 4 o più corsie, semaforizzati o in qualche caso senza intersezione a raso, cioè con sottopasso o sovrappasso.

La logica è chiara e coerente: gli incroci sono la maggiore criticità nell'uso della bicicletta, che si vuole favorire ed incentivare spostando quote di mobilità verso di essa e sottraendole all'auto; invece di attendere che sia portata a termine una rete ciclabile a copertura totale, probabilmente anni per una metropoli di 4 milioni di abitanti, si interviene già a tempi brevi, a costi modestissimi della sola segnaletica orizzontale, in modo comunque efficace. C'è anche un fattore psicologico: gli attraversamenti ciclabili, specie se dotati di pittogramma o con fondo rosso, sono ben visibili nella quotidianietà del traffico, e richiamano sempre alla mente degli automobilisti la presenza delle bici, con diritti e tutele maggiori di quelle del traffico motorizzato.

Ovviamente gli attraversamenti sono presenti a tutte le intersezioni di ogni pista ciclabile esistente, applicando il principio che essa deve avere assoluta continuità, non obbligare il ciclista a smontare o dare la precedenza. In sostanza una pista ciclabile non finisce, perchè sbocca in un'altra pista ciclabile della rete, oppure in una zona 30 o a moderazione del traffico; in queste ultime il ciclista di solito non necessita di particolare tutela, già resa effettiva dalla limitazione della velocità, dalla conformazione stradale e dalla stessa normativa che vede in tali contesti i mezzi motorizzati all'ultimo gradino della gerarchia del traffico.

La continuità delle piste ciclabili si applica addirittura alle intersezioni con le linee tramviarie (ben 26), con attraversamenti semaforizzati.

Osservando lo sviluppo della ciclabilità berlinese, in tempo reale e sotto gli occhi di tutti, si notano anche alcuni perfezionamenti negli interventi recenti rispetto ai più vecchi. Per es. il fondo rosso sta diventando lo standard, soprattutto nei nuovi attraversamenti e per le corsie ciclabili su sede stradale, cioè dove c'è esigenza di maggiore visibilità.

Altra tendenza per gestire al meglio le varie possibilità di svolta delle bici agli incorci è data dalla realizzazione di corsie ciclabili di incanalamento.

La ciclabilità a Berlino è in continua crescita, ed appare evidente che si va nella stessa direzione delle città più avanzate, come la spesso citata Groningen (Olanda, medie dimensioni) o Copenhagen (anch'essa grande metropoli). Il modello a cui si tende, quello ormai consolidato in tutta Europa, vede una doppia articolazione: rete ciclabile a maglie strette sull'intera città, in pratica su tutta la viabilità principale e le direttrici di traffico; e "riempimento" delle aree interne al reticolo con zone 30, zone a più marcata moderazione del traffico e zone pedonali a macchia di leopoardo. Anche in questo caso non si attende il completamento della rete ciclabile, ma si interviene già con la trasformazione viabilistica, urbanistica e normativa di vaste aree residenziali e commerciali, ove il traffico viene rallentato, declassato o limitato ai residenti e pochi altri. La crescente limitazione della sosta su strada in zone centrali completa la trasformazione in atto.

E' applicabile da noi?

La realizzazione di attrasversamenti ciclabili a molti incroci stradali è uno sviluppo facilmente praticabile in molte città italiane, a partire da quelle prive di reti ciclabili o estremamente carenti. Potremmo sintetizzare con il seguente motto: un attraversamento ciclabile vale spesso più di centinaia di metri di pista ciclabile, specie se questa si interrompe agli incroci.

In pratica è possibile, con costi ridottissimi (vernice bianca), affiancare una o due file di quadrotti bianchi per le bici alle strisce pedonali, utilizzando le stesse lanterne semaforiche ove presenti. Un buon accorgimento, utile a sottrarsi a cavilli normativi da azzeccagarbugli, è anche la realizzazione di un brevissimo tratto di corsia ciclabile sul marciapiede o sulla carreggiata, che immetta nell'attraversamento ciclabile, con pittogrammi bici ben visibili. Nei casi in cui sia già presente una rete ciclabile, e pezzi di essa, una soluzione simile e molto efficace é quella di realizzare attraversamenti ciclabili che, provenendo da strade laterali, guidano il ciclista alla pista ciclabile stessa.

L'altro ammaestramento che se ne può trarre è la necessità di continuità delle piste ciclabili, che non devono interrompersi alle intersezioni. Si tratta probabilmente della più diffusa, pericolosa ed insensata carenza delle piste ciclabili nelle città italiane, abbinata al fatto che esse spesso, invece che fare rete, vanno da A a B, non di rado "dal nulla al nulla".

Autore: Valerio Parigi- fiab-onlus

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Un grande tubo sopraelevato, con pareti trasparenti, in cui percorrere in tutta sicurezza e fuori da smog e traffico fino a 10 chilometri con la propria bicicletta. È l'idea di un architetto americano, per ora solo un concept, applicabile al di sopra delle grandi arterie di trasporto urbano delle città più congestionate del mondo. Pensato per le metropoli sudamericane e statunitensi, il progetto potrebbe essere esportato anche in Europa, dove l'uso delle biciclette come mezzo di trasporto alternativo e a zero emissioni inizia a radicarsi nella cultura e negli usi quotidiani della popolazione.

ENERGIE ALTERNATIVE – Il Bicimetro Eco-bahn, dal nome tedesco ma dall'inventore americano, prevede una sorta di doppio binario soprelevato, protetto da un doppio tubo (per le due direzioni di marcia), fatto di acciaio e vetro, in cui salire usando apposite passerelle mobili, per percorrere poi fino a dieci chilometri all'interno del tunnel per sole bici. Ogni tunnel per ciclisti è areato, con stazioni di salita e discesa da studiare a seconda dei casi e delle città in cui viene costruito, e ogni meccanismo che necessita di energia (le passerelle, le porte, l'illuminazione per le ore notturne) funziona grazie a turbine a vento e pannelli fotovoltaici.

UN INVOLUCRO PROTETTO – Dalla parte di chi sceglie le due ruote ecologiche per spostarsi, la eco-ferrovia del Bicimetro potrebbe aiutare il ciclista regalandogli corsie riservate, la totale assenza di rischi di incidenti tra le auto, e giovando anche alla salute, permettendo di non respirare lo smog dei mezzi di trasporto a gas e benzina su strada. Ma per ora si tratta solo di un concept, appena presentato a Las Vegas dall'architetto Richard Moreta Castillo, che da molti anni lavora su progetti ecosostenibili per migliorare il panorama urbano delle grandi città. Originario di New York ma cresciuto a Santo Domingo, Moreta ha lavorato anche in Italia e Germania, ed è suo per esempio il progetto di città-container in aiuto alle popolazioni colpite dal terremoto di Haiti del gennaio 2010.

L'IDEA DI NEW YORK – Per aiutare e incentivare l'uso delle bici per andare al lavoro, molte grandi città stanno studiando progetti per semplificare la vita ai ciclisti. È il caso di New York, dove lo scorso anno il Comune trasformò circa 200 vecchi parchimetri (oggi desueti e sostituiti con sistemi di pagamento computerizzati) in rastrelliere o pilastri cui poter legare il proprio mezzo senza rischiarne il furto. Qualche giorno fa, la stessa amministrazione comunale ha deciso di estendere il suo progetto coinvolgendo ben 12 mila piloni del parcheggio e la stessa idea sta ora contagiando altre città d'America.

Eva Perasso - Corriere della Sera

Venerdì, 18 Gennaio 2013 12:34

Pedelec, il futuro della bici e' elettrico

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C'è chi non le reputa vere biciclette, chi inizia a prenderle in considerazione, chi le usa già da tempo e ne è pienamente soddisfatto. Stiamo parlando delle biciclette a pedalata assistita, il futuro delle due ruote per molti esperti. Ne è assolutamente convinto Hannes Neupert, presidente dell'associazione tedesca ExtraEnergy secondo cui le pedelec sostituiranno progressivamente e completamente le "normali" biciclette. Positive le stime per il 2018 con la vendita di 1,6 milioni di unità a livello mondiale (fonte rapporto Go Pedelec 2012 – Extraenergy)

Ma quali sono le caratteristiche di questo mezzo? Pedelec (Pedal Electric Cycle) è una bicicletta con motore elettrico il cui supporto si innesca solo pedalando. Il motore si disconnette automaticamente al raggiungimento dei 25 km/h in quanto questa è la velocità massima consentita a livello europeo per i veicoli classificati come biciclette. Possono quindi andare ovunque, e non c'è obbligo di casco, patente e bollino dell'assicurazione. La corrente viene fornita da una batteria ricaricabile la cui durata dipende da alcuni fattori: il peso del ciclista, le condizioni della strada, la qualità dei componenti.

Sempre secondo il rapporto Go Pedelec, la crescente diffusione è dovuta ad una serie di motivazioni: coprire lunghe distanze senza fatica, andare a lavoro senza sudare, superare facilmente le salite, fare attività fisica senza necessariamente essere allenati. Tra le categorie di utenti che ritengono più utile l'utilizzo della pedelec ci sono soprattutto i pendolari, le persone anziane, quelle in sovrappeso o che abitano in zone collinari. Non mancano automobilisti o motociclisti, maggiormente attratti dalla bici a pedalata assistita rispetto alle normali biciclette.

Recente anche l'interesse di case automobilistiche: Bmw e Volkswagen hanno già lanciato la loro prima bici motorizzata.

Il settore è in costante crescita (nel 2010 in Europa la vendita di biciclette a pedalata assistita ha superato il milione, fonte rivista E-bike Europe) e l'utilizzo delle pedelec riguarda non solo gli spostamenti individuali ma anche quelli collettivi: si pensi al trasporto di merci pesanti (in Olanda viene data in prestito dall'Ikea per il trasporto dei mobili acquistati), alle famiglie con bambini (il bakfiets), al servizio di ciclocorrieri o a quello di bike sharing comunale con colonnine di ricarica.

Anche la sicurezza sembra beneficiarne: nel traffico cittadino è stato calcolato che, grazie all'aiuto del motore, si presta più attenzione all'ambiente circostante e si è più lucidi in caso di pericolo (fonte atob.org.uk). E non mancano i vantaggi anche dal punto di vista ambientale: passando dall'auto ad una pedelec si riduce l'emissione di Co2 che può ulteriormente abbassarsi utilizzando fonti rinnovabili. Alcuni Paesi già lo fanno: nel 2011 in Austria sono state concesse agevolazioni per imprese che compravano pedelec utilizzando corrente da pannelli fotovaltaici.

Mentre nel Nord Europa la diffusione delle pedelec è in costante aumento, in alcuni Paesi tra cui il nostro c'è ancora la tendenza a considerare le biciclette elettriche come mezzi di spostamento per persone anziane e adatte a chi ha problemi fisici. In realtà il mercato sforna ogni anno modelli elettrici altamenti competitivi e moderni per un pubblico giovane e sportivo: dalle mountain bikes alle bici da corsa, dalle bici pieghevoli alle city bike, tutte dotate di batterie molto leggere e prestazioni di alta gamma. Si tratta di un acquisto che però ha il suo esborso economico: per una pedelec con un buon rapporto qualità – prezzo, la fascia di costo è tra i 1.000 e i 2.500 euro. Una cifra non da poco, soprattutto di questi tempi. Ma se si pensano ai vantaggi nel medio – lungo periodo e ai bassi costi di gestione, la percezione delle cose cambia. Un utilizzo frequente della bici al posto dell'auto ad esempio per andare a lavoro, a scuola o a fare la spesa fa rientrare in poco tempo il costo sostenuto per l'acquisto.

Riassumendo, ecco alcune buone ragioni per utilizzare una pedelec:

consente di superare dislivelli notevoli

stimola il movimento anche dei più pigri

porta a destinazione senza sudare

è adatta a chi vuole riprendere ad andare in bicicletta

non occorre assicurazione o patente

offre maggiori alternative di percorso

ha bassi costi di gestione

permette il trasporto di merci anche pesanti

favorisce un utilizzo costante della bici

permette di coprire lunghe distanze e con maggiore sicurezza

Fonte: BiciZen - Alfredo Bellini

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La sicurezza prima di tutto. Se poi l'argomento riguarda i bambini, l'attenzione è ancora più alta.

Lo sanno bene all'University di Iowa (USA) dove è nato un ambiente virtuale grazie al Dr. Jodie Plumert, una sala destinata esclusivamente ai piccoli ciclisti in erba per far sì che imparino a prendere sin da subito le giuste decisioni nel traffico evitando rischi e tragedie. Mobilità ciclabile e regole del Codice della Strada, dunque, in primo piano grazie a un progetto costato circa 250.000 dollari e venuto alla luce attraverso finanziamenti pubblici e privati.

Attraente la location offerta dall'accademia statunitense: in una sala, tre enormi schermi disposti ad angolo retto; al centro, una bicicletta 'avvolta' dai display. Lo scopo di tutto ciò: pedalare senza spostarsi di un metro e trovarsi proiettati in una strada grazie a un vero e proprio simulatore. Incroci, intersezioni, precedenze, auto e camion: non manca nulla per un'esperienza senza precedenti e anche divertente, ma soprattutto necessaria.

D'altronde, come ha confermato lo stesso Plumert in un'intervista, in strada la risposta dei bambini è assai diversa rispetto a quella degli adulti: "I ragazzi, quando sono in una situazione di traffico abbastanza impegnativo, non coordinano i loro movimenti così come farebbe una persona più grande". Da qui, i possibili e frequenti incidenti.

Basti pensare che solo nel 2009 negli States ci sono stati 51.000 ciclisti feriti, 8.000 dei quali avevano quattordici anni o anche meno (fonte National Highway Safety Administration). E i numeri danno ragione al professore. Il settore più vulnerabile è infatti proprio quello che riguarda l'infanzia e l'adolescenza: a rischiare maggiormente sulle due ruote è la fascia che va dai 5 ai 15 anni.

di Valeria Scotti

fonte BiciZen

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Mancano meno di due mesi al grande evento BiciFi, che la città di Firenze ospiterà dal 1 al 3 marzo 2013.

Più che di una fiera, si tratta di un vero festival che introdurrà "la bicicletta" prima dei Mondiali di Ciclismo che si svolgeranno nel capoluogo toscano nel mese di settembre.

BiciFi intende proporre ai visitatori appassionati della bicicletta, una variegata scelta di proposte, che vanno dalla prova di nuovi modelli di bici, agli accessori sempre più tecnologici, alle tendenze fashion e della moda.

Gli spazi espositivi saranno affiancati da eventi, dibattiti e mostre, sempre inerenti alle due ruote.

Il padiglione MobiCity del festival BiciFI è dedicato proprio ai temi della bicicletta nella mobilità urbana ed extraurbana. Uno dei principali stand sarà quello della FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta n.d.r) che verrà presidiato dai volontari dell'associazione FirenzeinBici mobilitati allo scopo, con tante attività ed iniziative.

Oltre alla promozione dell'uso della bici come mezzo ecologico e salutare, verranno promossi e proposti molti eventi.

Dal progetto Bike to Work, allo spazio per dibattiti e attività; mostre didattiche sul cicloturismo, sulla "Città che vogliamo" e quella fotografica dell'artista Monique Erba Robin. Non mancherà una pedalata notturna tra le vie fiorentine, corsi e gare di cicloriparazioni e una caccia al tesoro che vedrà i partecipanti impegnati e messi alla prova su resistenza e conoscenza della bici.

Sarà presente anche un ospite importante: Wolfgang Dvorak, direttore di Velo-City 2013, evento mondiale sulla bicicletta, che si svolgerà quest'anno a Vienna.

Per concludere, il lavoro non manca e tutti si stanno impegnando per il successo dell'evento, che spera di vedere molti visitatori.

Appuntamento, quindi, a Marzo a Firenze. Non ci resta che sperare che anche i lettori di BiciZen siano tra questi!

Marina Brizzi

CD FirenzeinBici – FIAB Onlus

Fonte: bicizen

Venerdì, 18 Gennaio 2013 11:44

Anjou Ve'lo Vintage, sulle tracce del passato

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Panorami sulla Loira, maestose silhouette di castelli antichi saranno lo sfondo per una riedizione storica sulle strade del ciclismo di Francia. L'universo degli appassionati delle vecchie biciclette, le ultime tendenze vintage, l'esclusivo concorso d'eleganza e l'avventura dei pionieri del Tour de France: e' questo lo spirito Anjou Ve'lo Vintage.

110 anni dopo e 100 Tour de France più tardi della nascita della più famosa gara ciclistica del mondo, si possono vestire i panni di uno di quei primi forzati della strada. Con una bicicletta fabbricata prima del 1987 e una tenuta vintage o d'epoca si può salire sui pedali per "La Rétro 1903, la tappa dei campioni leggendari. È questo l'appuntamento per la Anjou Vélo Vintage, la manifestazione retrò che in Francia vuole ricordare quei tempi, che si svolgerà dal 19 al 23 giugno in Francia con partenza da Angers per raggiungere Saumur.

Nella scia della torpedo della direzione di "corsa", si lascia Angers in gruppo per raggiungere le rive della Loira a Sainte-Gemmes e poi a Les Ponts-de-Cé. Lungo il fiume, la Levée de Belle-Poule offrirà ai patiti della bici l'occasione di mettersi in mostra. Si svolta poi verso La Daguenière, per apprezzare i magnifici panorami della Loira e attraversare il ponte di Saint Mathurin-sur-Loire. L'avventura continuerà nell'entroterra, con il pittoresco borgo di Blaison-Gohier. A Brissac, si sosterà per la pausa pranzo e per riposare nel parco del più alto castello di Francia, il "gigante della Loira". Poi si riparte in direzione di Saint Rémy-la-Varenne, della Loira, Thoureil e Gennes per arrivare a Saumur, in piazza Chardonnet.

L'iscrizione alla gara costerà 15 euro entro il 1° marzo, poi fino al 18 giugno 2013, il prezzo dell'iscrizione sarà fissato a 20 euro a persona. Sarà inoltre possibile iscriversi direttamente al villaggio di partenza de "La Rétro 1903", ad Angers, dal 19 al 22 giugno, nonché presso il villaggio dell'Anjou Vélo Vintage, a Saumur, il 22 e 23 giugno, a un prezzo di 25 euro a persona, fino a un'ora prima della partenza della corsa. Sul sito della manifestazione che prevede molte attività durante tutto il weekend si possono trovare tutte le informazioni utili anche per il soggiorno e per partecipare a più attività.

Fonte: cycling

Venerdì, 18 Gennaio 2013 11:32

A Torino un MICS tra bike e car sharing

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Il 2013 è l'anno europeo dell'aria. In attesa di presentare, entro fine anno, la proposta di riforma della politica europea sul tema, la Commissione comincia dalla mobilità e lancia una campagna con 21 progetti in altrettanti Stati membri. Il traffico veicolare è infatti il principale responsabile delle emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto, due tra i maggiori inquinanti che si ritrovano in alte concentrazioni nell'aria dei centri urbani. I trasporti sono però anche il settore in cui si può intervenire con più facilità e in cui una scelta più sostenibile non comporta spese economiche impegnative per i cittadini: è più immediato lasciare l'auto in garage e prendere un autobus che cambiare la caldaia di casa. Ma l'appello dell'Europa, in realtà, è più articolato e si basa sul concetto, in Italia ancora poco popolare, dell'intermodalità: non si tratta insomma di lasciare a casa la macchina sette giorni su sette, ma piuttosto di trovare "the right mix" tra auto, mezzi pubblici, bici e spostamenti a piedi. Usando la prima, magari in car sharing, quando non ci sono alternative e privilegiando invece gli altri sistemi di trasporto in caso di tragitti brevi e per muoversi all'interno della città.

In Italia la qualità dell'aria rimane un argomento scottante, spesso oggetto di contrasti all'interno delle amministrazioni cittadine, come emerso a Torino nei giorni scorsi, con i provvedimenti (bloccati) di restrizione al traffico. Secondo Legambiente, che ha diffuso ieri il dossier Mal'Aria2013, sono 51 le città, tra le 95 monitorate, che hanno infranto il bonus di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 microgrammi/metro cubo di PM10, stabilito dalla legge. Alessandria, Frosinone, Cremona e Torino sono le prime maglie nere in classifica, rispettivamente con 123, 120 e 118 giorni di superamento. Una situazione in cui le scelte di mobilità promosse dall'Europa potrebbero incidere in maniera significativa sull'inquinamento e sulla gestione del traffico, che spesso paralizza per ore intere le arterie urbane.

Secondo i dati diffusi dalla Commissione in occasione del lancio della campagna Do the right mix , "percorrendo 3 chilometri in bici o a piedi, riduciamo di un chilo le emissioni di CO2". Inoltre, "un tragitto in bus occupa uno spazio in strada di venti volte inferiore rispetto allo stesso spostamento fatto in auto". Con benefici considerevoli anche dal punto di vista economico, sia per il singolo – che grazie all'intermodalità può risparmiare un pieno al mese – sia per la collettività, visto che "ogni chilometro percorso in auto costa alla città quasi un euro". Infine, non vanno trascurati i vantaggi diretti per la salute, soprattutto in Europa, dove il numero di anziani è in costante crescita: "Camminando in media mezz'ora al giorno, allunghiamo l'aspettativa di vita da due a nove anni, rafforziamo 200 muscoli e bruciamo tre chili di grasso all'anno".

L'unico progetto italiano ad essere stato finanziato – con una modesta somma di 7.000 euro – è MICS (Mobility Integration for Community Solutions), presentato da un gruppo di nove associazioni del quartiere torinese di San Salvario. La città dell'auto ha infatti tra i propri fiori all'occhiello un buon sistema di bike sharing e il servizio di car sharing migliore d'Italia, ma i dati sulla qualità dell'aria la inchiodano ai primi posti in tutte le classifiche: è terza in Italia per giorni di superamento della concentrazione massima di PM10 e, secondo l'Economist , è la città europea più inquinata, la nona a livello mondiale, prima di metropoli come Parigi e Mosca.

MICS potrebbe però cambiare le cose, a partire da un piccolo esperimento. L'idea alla base del progetto è infatti quella, spiega Mario Bellinzona di LaQUP (Laboratorio Qualità Urbana e Partecipazione), di trovare 20 cittadini che vogliano mutare le proprie abitudini di mobilità: "Cercheremo 20 persone del quartiere che per spostarsi usino prevalentemente l'auto e, dopo aver studiato le loro esigenze, proporremo dei cambiamenti. Sarà il primo caso di un servizio di mobility manager di quartiere". Il resto dovrebbe farlo il passaparola: "Diventeranno dei testimonial, che dicono agli altri: 'Noi ci abbiamo provato e ha funzionato'". Nel loro percorso verso la ricerca del giusto mix, i 20 partecipanti, sulla cui avventura sarà anche girato un video, troveranno, oltre al risparmio sul pieno di carburante, un ulteriore vantaggio economico: "Avranno a disposizione abbonamenti gratuiti per mezzi pubblici e bike sharing, in modo che possano sperimentare le diverse forme di mobilità alternativa senza impegni economici".

Veronica Ulivieri - La Stampa

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PADOVA. Giusto per non fare cose scontate, c'è chi trasforma la bottega in museo e poi in teatro. E fa bene. Il tempi che impongono la riscoperta della bici come mezzo di locomozione, c'è chi la trasforma in strumento di cultura e di amore quasi filiale. Succede a Padova, nel quartiere del Portello, dove s'intrecciano racconti "marsigliesi" a profumi e rumori universitari. Succede in via Belzoni 31, dove s'inaugura un bel negozio-riparazione di biciclette. E con la scusa del negozio, si mettono in fila alcune delle bici storiche più importanti d'Italia (perchè come le chiamate voi le bici di Coppi e Magni?) e si mette in scena, usando la "parata" di stelle a pedali, una perfomance teatrale degna dei migliori teatri.

Andiamo con ordine, come si dice in questi casi. Patrizio Ferrara, anni 43, decide di mettere in piedi "Pedale Belzoni" e lo fa prendendo spunto dall'amico Federico Borella, 31 anni, appassionato ed esperto delle due ruote pedalata, specie d'antan, che già conduce il negozio "Cicli Giglio", sempre a Padova in via Facciolati. I due condividono non solo il mestiere, ma anche la passione per i semplici e raffinatissimi congegni a pedali "d'epoca", oltre ad alcuni amici che nel settore hanno ruolo e peso. Uno di questi è Giorgio Zanardo, un fantastico prezzemolone delle bici d'epoca, uno che contemporaneamente fa parte degli enciclopedici della bicicletta (Rischiatutto non c'è più, peccato), ma anche un intenditore di biciclette-gioiello e un frequentatore delle gare ad esse riservate. L'altro è Alessio Berti, nient'altro che vincitore del Giro d'Italia d'Epoca, una realtà nota a pochi ma suggestiva come poche altre (casomai provate a vedere la "Storica" che si svolge in Toscana, su bici rigorosamente costrute con pezzi d'epoca e prive di congegni e cambi elettronici). Il terzo è Gianfranco Trevisan, uno splendido raccoglitore di bici storiche e maglie di eroi del passato. Quei gioielli con sellini romantici e leve del cambio riccamente istoriate ora si possono ammirare nello spazio di "Pedale Belzoni". Ci sono le biciclette (2) su cui ha pedalato Coppi, quelle di Magni, di Olmo, della "locomotiva umana" Toni Bevilacqua, di Franco Balmamion e quella di Michele Dancelli, tanto per intenderci.

Queste bici, che costituiranno, assieme alle maglie, un piccolo museo, hanno preso vita grazie allo spettacolo dell'ultimo amico-convitato, Marco Ballestracci, bluesman, scrittore (premio Bancarella Sport) e raccontatore. Ballestracci, recente autore di "Imerio" su Massignan, prima ancora de "L'ombra del Cannibale" su Eddy Merckx.

Con l'immancabile prezzemolone onnisciente Zanardo vestito da meccanico dei tempi andati (ricordate? Quelli che si vedevano nei filmati in bianco e nero mentre cambiavano una ruota e poi spingevano alla morte il corridore nella speranza di fargli riacciuffare al più presto il gruppo...) che gli passa le bici come fossero pagine di storia, il trevigiano Marco Ballestracci, raccogliendo il mezzo meccanico nelle sue mani, racconta di quella volta che Balmamion..., quella volta che Coppi.... E quella volta che la Dama Bianca fece arrabbiare Magni, quella volta che Bevilacqua redarguì Gianni Brera al Vigorelli, nonchè di quella volta che Dancelli, dopo troppi anni che gli italiani non tagliavano per primi il traguardo della Sanremo... Parole intervallate dal suono dell'armonica (Ballestracci ci soffia l'anima) e della fisarmonica di Franco Cecchetto, che da anni gli è vicino nel mischiare storie e suoni. Presentatore di questa inaugurazione memorabile Alessio Berti. Da oggi, nelle due botteghe (Belzoni e Giglio) varranno le reciproche garanzie sulle bici acquistate. Bello no?

Fonte: Il Mattino di Padova

Mercoledì, 16 Gennaio 2013 12:23

Il calendario 2013 di Fausto Coppi

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Il tradizionale calendario dedicato al Campionissimo, realizzato per beneficenza su iniziativa dei figli Marina e Faustino, con la collaborazione dei maggiori giornalisti sportivi italiani. Il Calendario di Fausto Coppi è una pubblicazione prestigiosa e da collezione, pensata per tutti gli appassionati del grande ciclismo.

L'edizione di quest'anno si apre con un omaggio al mitico Fiorenzo Magni, ricordato da Beppe Conti e Pier Augusto Stagi in due bellissimi articoli composti dopo la scomparsa del campione, lo scorso ottobre. Poi un articolo dedicato a Franco Giacchero, gregario del Campionissimo alla Bianchi, scritto da Franco Bocca. Il resto del calendario, invece, rappresenta un vero e proprio "viaggio virtuale" alla riscoperta della terra natale di Fausto Coppi: Castellania.

Come spiegano Marina e Faustino nella loro introduzione "il calendario racconta storie, strade e colori del paese che ha dato i natali alla nostra famiglia, e racconta quello che oggi gli appassionati possono trovare recandosi a Castellania. Racconta l'impegno di coloro che lavorano ogni giorno perché il mito del Campionissimo continui a vivere, racconta quello che c'è stato e i progetti per il domani.

Questo nuovo Calendario vuole essere così una mappa per far scoprire ai tifosi il mondo dell'infanzia e dalla famiglia di papà Fausto, e insieme vuole essere un tributo per tutti coloro che operano generosamente affinché i luoghi di Coppi rimangano vivi e attivi, insieme al suo ricordo". Corredano la pubblicazione preziose foto d'epoca inedite e rare – alcune provenienti dall'archivio privato di Faustino Coppi – e la riproduzione, in copertina, dell'opera "Fausto Coppi – La pedalata" del maestro Piero Leddi. Pittore e scultore di fama internazionale, originario di San Sebastiano Curone, il maestro Leddi ha dedicato un importante ciclo di lavori pittorici alla figura di Coppi, focalizzando la propria attenzione in particolare sul rapporto, mai interrotto, di Fausto col mondo contadino delle proprie origini e indagando il dolore del campione nell'esercizio del duro sport della bicicletta, foriero di molti infortuni e lunghe fatiche.

La vendita del Calendario permetterà di sostenere la meritoria attività della Associazione Enrico Cucchi di Tortona, ONLUS attiva nell'assistenza dei malati bisognosi di cure palliative (http://www.associazionecucchi.it). La realizzazione dell'opera è stata possibile grazie alla collaborazione del Comune di Castellania, della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, dell'Associazione Fausto e Serse a Castellania, del Consorzio Turistico Terre di Coppi, dell'Associazione Colli di Coppi, del Comitato per la cicloeroica La Mitica e dell'impresa Tre Colli.

Il calendario può essere acquistato direttamente on-line sul sito con carta di credito, prepagata, Paypal, bonifico bancario.

per info e acquisto calendario www.farart.it

Fonte: bicidepoca.com

Mercoledì, 16 Gennaio 2013 12:11

Gino Bartali, il mito brontolone

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di Gianni Trivellato

Rimestando in un vecchio baule ho ritrovato, tra tante vecchie testimonianze, anche una raccolta della Gazzetta dello Sport, anni ottanta. E sfogliando il giornale, ad un certo punto mi sono imbattuto in una prima pagina che esaltava un trionfo di Gino Bartali al Tour de France del 1948.

Cosi' mi e' tornata alla memoria un'intervista che ho avuto il piacere di fare ad un campione che, assieme a Coppi, rimane un mito dello sport italiano, nonostante un carattere non certamente facile. "L'e' tutto sbagliato! L'e' tutto da rifare!" Una frase che il "ginettaccio" ripeteva spesso e che oggi sarebbe quanto mai attuale, considerata la situazione in cui si trova l'Italia, sia politicamente che economicamente.

Lo chiamavano il "brontolone", perche' aveva spesso di cui ridire, ma non sempre a torto. Io ebbi la fortuna di conoscerlo, e di poterlo intervistare, in una giornata di riposo del Giro negli ormani lontani anni ottanta. Se non ricordo male, mi pare fossimo dalle parti di Rieti, in una corsa rosa poi vinta da Moser, anche se a mio modesto avviso il vincitore morale fu il francese Fignon. Lo scrissi sul giornale e lo dissi anche alla radio, con il rischio di inimicarmi le simpatie del Checco nazionale, a quel tempo primatista del record dell'ora.

E proprio in quella occasione ebbi modo di appurare come Moser fosse e sia una persona intelligente, disposto ad acettare tutti i pareri, anche quelli a lui contrari. Ma torniamo al "Ginettaccio". Gli anni ottanta contrassegnarono i primi cambiamenti in un ciclismo che da eroico e intriso quasi esclusivamente di passionalita' stava diventando sempre piu' professionale, laddove nulla sarebbe poi stato lasciato all'improvvisazione.

Comparvero al Giro le prime cosidette "cliniche mobili", grandi pullman particolarmente attrezzati da un punto di vista sanitario, dove i piu' grandi campioni salivano al termine delle tappe piu' impegnative, si diceva, per un "lavaggio del sangue". In poche parole per depurarlo: e se chiedevi maggiori e piu' approfondite informazioni sulla questione, ti veniva riposto che non c'era nulla di illecito e che era tutto legalmente consentito. Pero' in quei pullman ti guardavano bene dal farti entrare.

Quando chiesi a Bartali un suo parere su questa novita', brontolo' qualcosa sottovoce, e riuscii a capire a stento che secondo lui si stava imboccando una strada sbagliata. "Muscoli buoni, fiato in abbondanza e tanti sacrifici negli allenamenti - mi disse - sono i giusti ingredienti per correre in biciletta e arrivare primi, sia sulle montagne che nelle volate". Io aggiungo anche un cuore che a riposo non superava i 36-38 battiti al minuto.

Allora, di fronte a questi suoi brontolii, ricordo bene che quasi nessuno si prestava ad ascoltarlo. Ma oggi, pensando alle vicende legate allo statunitense Amstrong, si capisce come il "Ginettaccio" avesse purtroppo ragione. La carriera ciclistica di Bartali ha dell'incredibile, se si pensa che vinse due Tour, tre Giri, 4 Milano-Sanremo, vesti' 4 volte la maglia di campione d'Italia, e poi vari Giri di Lombardia, di Svizzera, di Toscana e altri ancora. Il tutto nonostante in mezzo a cotanta carriera vi sia stata la guerra, con un'interruzione delle corse ciclistiche di quasi sei anni! Una vita spesa in gran parte per la bicicletta, senza pero' trascurare la famiglia e il suo Credo.

Bartali era infatti un fervente cattolico e non cerco' mai di mascherare questa sua profonda convinzione. In quell'inchiesta, tra le tante testimonianze sportive, gli chiesi perche' credeva in Dio e chi gli aveva dato quella forza. "Ce l'ho dentro di me, e' un dono di Dio e io lo ringrazio ogni giorno per questo grande regalo. Vorrei che tutti gli uomini pensassero come me, e allora non ci sarebbero ne' guerre ne' ingiustizie". Bartali e Coppi, impossibile dire chi sia stato piu' grande. Il giudizio piu' sincero lo ha dato Fiorenzo Magni, il cosidetto "terzo incomodo" e che vivendo la stessa epoca sportiva dovette accontentarsi delle...briciole. "Li ho sempre ritenuti due autentici fuoriclasse. Io - continua Magni - sono stato sempre con i piedi per terra riconoscendo la loro superiorita'. Li chiamavo "i due diavoli", era come corressero su un altro pianeta e hanno fatto sicuramente la storia di un ciclismo che oggi, e lo dico con grande rimpianto, non esiste piu".

Un ciclismo che oscurava anche le vicende del pallone, tanto e' vero che una loro vittoria veniva celebrata sulla Gazzetta in prima pagina e il derby tra Juventus e Torino andava in terza pagina. In poche parole il calcio doveva accontentarsi del secondo posto dopo il ciclismo. In quegli anni ottanta la famosa foto che ritraeva Coppi e Bartali che si passavano una bottiglietta d'acqua non faceva tanto rumore come oggi. Potessi interrvistarlo oggi, chiederei a Bartali se fosse stato lui a passarla a Coppi o viceversa.

Avendolo conosciuto abbastanza bene sono quasi sicuro che mi risponderebbe con un mezzo sorrisetto, dimostrando di possedere anche una buona dose di diplomazia. "Non ricordo bene - mi direbbe - eravamo sotto sforzo in una impegnativa salita. Chissa' quante altre volte si e' ripetuto un gesto simile. Come potrei ricordare proprio quello?" Gia', come avrebbe potuto...Anche perche' va detto che la loro era molto di piu' di una semplice rivalita', condita comunque sempre di stima e rispetto, l'uno verso l'altro.

Quelli di Bartali e di Coppi erano due mondi diversi che si sfioravano solamente sulle salite del Giro o del Tour. Per il resto erano due mondi lontani anni luce. Da una parte il Gino, un atleta che interpretava i sogni di una sponda popolare moderata, legata alla Democrazia Cristaian. Dall'altra un atleta elegante, con un talento ciclistico quasi sopranaturale, portato a meglio sposare (cosi' si dice) le famose bandiere rosse. Erano i tempi di un'Italia simile a quella di Don Camillo e Peppone, un'Italia che una mattina del 1948 sfioro' una guerra civile quando un giovanotto sparo' al segretario del Partito Comunista Palmiro Togliatti con il rischio di ucciderlo. Centinaia di migliaia di italiani scesero in piaza innalzando le bandiere con la falce e il martello e si temette veramente il peggio.

Allora il presidente del Consiglio era il democristinao Alcide De Gasperi che telefono' a Bartali impegnato al Tour. Gli chiese chiaro e tondo di vincere per l'Italia. In due giorni si affrontarono altrettanti micidiali tapponi: la Cannes-Briancon e la Briancon-Aix les Bains. Bartali sbaraglio' il campo e addirittura volo' sul mitico Izoard, lasciando a bocca aperta i francesi, convinti di avere ormai il Tour in tasca. La notizia del trionfo di Bartali arrivo' attraverso la radio nel pomeriggio e nelle piazze le manifestazioni di protesta politica si trasformarono in cortei festosi al grido di "Viva Bartali! Viva l'Italia!" Chissa', mi piace immaginare che forse ancora oggi Bartali, lassu' tra le stelle, ricorda con orgoglio quel memorabile giorno.

Fonte: bicidepoca.com