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Siamo sostenitori della bicicletta, e su questo non c’è alcun dubbio. Ma crediamo vivamente che la sicurezza sia un principio fondamentale anche quando si va in bici. Per cui non bisogna avere paura di perdere la bella acconciatura: caldo o non caldo il casco va messo anche quando si pedala. A Vienna si parla di mobilità urbana e soluzioni per far pedalare più gente possibile nelle città, ma anche dell’uso del casco. Per chi pedala da tanto tempo e lo usa regolarmente è quasi scontato, il problema non sembra sussistere, ma quando lo si tira fuori nell’ambito politico, economico, promozionale, si generano correnti di cui, a quanto pare, si deve tenere conto.

Il rischio, sottolinea l’ECF (European Cyclist Federation) è che le leggi sul casco abbiano la precedenza (e siano usate come scusa) al posto di rendere le strade più sicure per i ciclisti. Simpatica l’iniziativa della polizia danese che ferma i ciclisti donando un abbraccio e un casco, gratis. Niente multe o sanzioni, ma un discorsetto nel quale viene spiegato il perchè è utile usare il casco. In Italia la questione è stata affrontata a più livelli e le prospettive di una legge sul casco obbligatorio erano preoccupanti in effetti: dal rischio di dire che si è fatta qualcosa per i ciclisti mettendo un obbligo per loro, senza toccare chi (e cosa) possa essere davvero un pericolo per l’andare in bicicletta, all’occasione per le assicurazioni come argomento in più da impugnare.

L’occasione di Velo-City è stata di mettere a confronto diverse realtà internazionali (si è arrivati fino in Australia), dove i partecipanti hanno riportato la situazione dei loro paesi e gli studi annessi sull’utilità del casco. Fermo restando che il casco, ad averlo indossato, non hai mai ucciso nessuno. E onestamente, come cycle! e, soprattutto, come pedalatori quotidiani, la nostra esortazione rimane sempre nell’indossarlo. Non è certo la soluzioni ai problemi di sicurezza, ma è un aiuto in più che, vista la qualità raggiunta (pensiamo anche in termini di comfort: il casco in estate protegge dal caldo!) non ha senso lasciare a casa.

Fonte: www.cyclemagazine.it
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Mercoledì, 09 Gennaio 2013 08:50

Kranium: il casco per ciclisti in cartone

La sicurezza in bici arriva dal cartone. Innovativo, eco compatibile, economico, resistente, queste le caratteristiche di Kranium, il caschetto protettivo per ciclisti progettato da Anirudha Surabhi, realizzato con il cartone da imballaggi.

Il progetto ha preso corpo nell'ultimo anno di frequenza presso il Royal College of Art a Londra da parte di Anirudha Surabhi e come ogni storia commerciale che si rispetti, sta già iniziando ad assumure contorni epici. La storia tramanderà ai posteri che l'illuminazione per questa rivoluzinaria invenzione, sia avvenuta dopo una caduta in bici, con conseguente rottura del casco protettivo tradizionale, da parte dello studente di design al suo ultimo anno di corso. Incidente trasformato da Anirudha Surabhi in sfida per creare il casco per ciclisti più sicuro del pianeta. Tanto da diventare materiale e argomento della tesi finale. A dare concretezza all'idea, ci ha pensato l'osservazione della natura, e precisamente del comportamento del picchio, in grado di resistere a impatti ripetuti grazie alla struttura cartilaginea che separa il suo becco dal teschio. Anatomia che permette ad un picchio di colpire un albero nello stesso punto con una frequenza di 10 volte al secondo senza conseguenze strutturali. E' questo il concetto che ha dato vita alla struttura ad alveare del Kranium realizzato da un unico foglio di cartoncino, disegnato appunto sulla base della struttura della testa di un picchio. La scelta del cartone riciclato è avvenuta dopo aver testato 150 materiali diversi. La struttura ad alveare è risultata invece ottimale per fornire una zona di assorbimento in grado di assorbire l'energia d'urto. Una struttura che si è dimostrata talmente efficiente da sollevare l'interesse del team di Formula Uno Force India per applicare la tecnologia del Kranium ai caschi dei suoi piloti. La matrice di cartone è trattata con una soluzione idrorepellente per resistere all'acqua ed al sudore, racchiusa in un esterno di plastica, in grado di assorbire impatti fino a 250G. Il tutto assicurando, nelle parole del team di sviluppo, il triplo della protezione, con un peso ridotto del 15% rispetto ai caschi tradizionali.Kranium dovrebbe fare il suo esordio sul mercato nei prossimi giorni, con un prezzo che si suppone sarà inferiore ai 200 $, dopo che gli ultimi due anni sono stati dedicati alla ricerca di partner commerciali ed ai test dei prototipi presso laboratori di tutto il mondo, tra cui il TUV in Germania e l'HPE nel Regno Unito.

 

Fonti: Effettoterra, La Stampa, core77.com, youtech.it

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Il caschetto di solito per un ciclista è una mezza assicurazione sulla vita perché si sa che in caso di incidente può proteggere il cranio da colpi violenti. Purtroppo però non è sempre sufficiente, e soprattutto evita traumi gravi, ma non evita l'incidente stesso. Un inventore decisamente fantasioso, l'americano Arlene Ducao, ha invece realizzato un super caschetto con una tecnologia degna delle auto di ultima generazione.

 

Prima di tutto, può evitare che il ciclista si distragga o cada per un colpo di sonno. Sinceramente non penso che sia possibile avere un colpo di sonno su una bici, ma è sempre meglio equipaggiarsi. Il suo elmetto è capace quasi di leggere nel pensiero. In pratica utilizza uno strumento che effettua un encefalogramma le cui valutazioni vengono poi proiettate su un display a LED integrato. Un Arduino, radio bluetooth, una striscia di luce a LED, 3 transistor, e una batteria da 9V completano l'equipaggiamento.

Quando la lucina che compare è verde, vuol dire che il ciclista è ben concentrato sulla guida. Quando si ha un colpo di sonno o non si è molto concentrati, la lucina diventa rossa. Quando invece si è molto ansiosi e si va nel panico le luci diventano rosse e lampeggiano. Ma non finisce qui.

Questo splendido ritrovato della tecnologia, denominato ICEdot, contiene anche un rilevatore sensore di impatto. Nel malaugurato caso in cui nemmeno con gli avvertimenti si è riusciti ad evitare l'incidente, il sensore rileva l'impatto e dopo un certo lasso di tempo invia allo smartphone, su cui era stata scaricata l'applicazione, il comando di avvertire le autorità. Sfruttando il rilevatore GPS del telefonino infatti, i soccorsi possono arrivare sul posto preciso dell'incidente e magari salvare la vita al ciclista. Insomma, il caschetto non riuscirà ad evitare gli incidenti, ma magari le conseguenze negative sì.

Fonte: ecologiae.com

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